OBAMA VERSO IL COMPROMESSO SULLA RIFORMA SANITARIA

di Michele Paris
da www.altrenotizie.org

L’entusiasmo con cui Obama aveva annunciato fin dall’inizio della sua campagna elettorale la volontà di riformare l’intero sistema sanitario americano, per giungere ad una copertura universale in tempi relativamente brevi, sta rapidamente scemando di fronte all’azione di molteplici fattori. La mancanza di chiarezza mostrata dal neo-presidente circa il modello da perseguire, assieme alle resistenze dei congressisti repubblicani e degli stessi democratici moderati, sta infatti ritardando i tempi della riforma e, quel che è peggio, pare stia assestando un colpo mortale all’unica vera soluzione in grado di fornire una qualche forma di assistenza ai circa 45 milioni di americani non assicurati: un piano di copertura sanitaria gestito dal governo federale. Un vero e proprio incubo quest’ultimo per le compagnie di assicurazione private che promettono di collaborare attivamente con la nuova amministrazione, così da evitare l’approdo ad un programma pubblico che rappresenterebbe per loro una concorrenza insostenibile.

Ad alimentare le aspettative per una buona riuscita della riforma sanitaria negli Stati Uniti era stato soprattutto l’atteggiamento di disponibilità al dialogo mostrato proprio dalle assicurazioni private, dalle case farmaceutiche, dagli ospedali e dai medici. Avvertendo un desiderio diffuso nel paese per un cambiamento radicale del sistema assistenziale americano, gli operatori privati del settore hanno cercato da subito di evitare lo scontro con la Casa Bianca, come era accaduto invece durante il tentativo di riforma dell’amministrazione Clinton tra il 1993 e il 1994. Questo nuovo atteggiamento ha incontrato così i favori dello stesso Obama, intenzionato a procedere in maniera cauta e con l’accordo di tutte le parti in causa.

Il clima di cooperazione ha così portato pochi giorni fa ad un incontro alla Casa Bianca tra gli esponenti dell’industria medica e l’amministrazione Obama, da cui è uscita una solenne promessa da parte dei primi di ridurre una spesa sanitaria ormai fuori controllo. Economie che dovrebbero far risparmiare 2.500 dollari all’anno per ogni famiglia con quattro componenti nei prossimi cinque anni e 2.000 miliardi di dollari complessivamente alle casse pubbliche nel prossimo decennio.

Una previsione che, se implementata, ridurrebbe la crescita della spesa sanitaria dell’1,5% l’anno tra il 2010 e il 2019, da perseguire con un’aggressiva opera di prevenzione, coordinamento e razionalizzazione degli interventi assistenziali. Dal momento però che il governo federale non avrà strumenti concreti per costringere le compagnie private a mettere in pratica le promesse fatte, ci si dovrà affidare unicamente alla loro buona fede. E, alla luce degli impegni presi e puntualmente disattesi in passato da aziende per le quali maggiore spesa sanitaria significa maggiore profitto, le garanzie per il futuro sono tutt’altro che rassicuranti.

L’intervento sempre più frequente sulla scena da parte delle lobbies dell’industria sanitaria sta procedendo di pari passo con lo spostamento al centro del dibattito sulla riforma della questione del contenimento dei costi rispetto a quello della necessità di una copertura universale. A dare un’ulteriore spinta in questo senso, è arrivata pochi giorni fa la previsione di spesa per i programmi pubblici Medicare e Social Security – dedicati ai cittadini anziani – i quali potrebbero vedere prosciugate le proprie risorse entro il 2017 e il 2037, vale a dire rispettivamente due e quattro anni prima del previsto.

In un quadro di rapido deterioramento delle risorse disponibili, Obama si è anche visto in parte bocciare dal Congresso un piano di nuove entrate che avrebbe permesso di incassare almeno la metà dei 120 miliardi di dollari all’anno necessari per allargare la copertura sanitaria nel paese. Il progetto di legge prevedeva un tetto alle deduzioni fiscali destinate alle famiglie ad alto reddito, tra cui quelle per le donazioni ad enti caritatevoli. Le modifiche apportate dal Parlamento hanno invece lasciato un buco di 90 miliardi che al momento appare difficilmente colmabile. Una soluzione percorribile sarebbe quella di tassare i benefit sanitari versati dai datori di lavoro ai propri dipendenti. Percorso obbligato quest’ultimo, secondo molti analisti scettici circa le effettive possibilità di contenere i costi tramite l’ammodernamento delle tecnologie e la prevenzione, ma che il presidente vuole evitare poiché rappresenterebbe un clamoroso dietrofront rispetto a quanto promesso lo scorso anno in campagna elettorale.

Nel frattempo, si stanno moltiplicando le critiche provenienti da sinistra verso un’amministrazione Obama che sembra avere quasi definitivamente messo da parte l’idea di un piano di assistenza sanitaria pubblico alternativo alle varie assicurazioni private. I tempi in cui l’ex senatore dell’Illinois appoggiava senza riserve un progetto simile a quello canadese o a quello britannico appaiono ormai lontani e, sulla spinta delle pressioni esercitate dai grandi interessi che ruotano attorno a questo ambito, il raggiungimento di una copertura universale tramite la strada del cosiddetto “single-payer health care system” – un sistema cioè finanziato e gestito da un fondo pubblico – sembra politicamente impraticabile.

Ad ammettere che svariate ipotesi di riforma sono tuttora sul tavolo, tranne la creazione di un programma federale, è stato recentemente lo stesso Max Baucus, senatore democratico del Montana alla guida della Commissione Finanze al Senato che sta elaborando uno dei tanti nuovi progetti in fase di studio. Un gruppo di parlamentari democratici moderati ha poi ammonito ufficialmente i vertici del partito in quanto si sentirebbero esclusi dal dibattito che sta portando alla riforma sanitaria. Provenienti per lo più da stati e distretti a maggioranza repubblicana, questi ultimi temono infatti gravi ripercussioni per la propria carriera politica in caso di un maggiore intervento governativo in ambito medico. Paventando un aumento incontrollabile della spesa pubblica, l’ala più moderata del partito ha così annunciato di voler valutare con estrema attenzione qualsiasi piano assicurativo sponsorizzato dal governo che dovesse eventualmente uscire dalle Commissioni parlamentari.

La campagna di terrore per mettere in guardia i cittadini americani sui pericoli di una sanità pubblica intanto è già stata inaugurata da numerose associazioni conservatrici, nonostante nessun progetto di legge ufficiale sia stato ancora presentato. Clip pubblicitarie che raccontano di storie drammatiche accadute a pazienti vittime del sistema sanitario pubblico in Canada o in Gran Bretagna si sommano a previsioni che annunciano una nuova era di lunghe code per ottenere i farmaci necessari oppure medici e trattamenti imposti direttamente dal governo. Protagonista assoluto dello sforzo per affondare il nascente progetto di riforma è il fondatore dell’organizzazione Conservatives for Patients Rights (CPR) – Rick Scott – discusso imprenditore nell’ambito della sanità e coinvolto in un caso di frode negli anni Novanta per aver gonfiato fatture a carico del governo federale.

Nel tentativo di dare voce a quanti incassano enormi guadagni grazie all’attuale sistema sanitario americano, Scott e il suo gruppo stanno spendendo centinaia di migliaia di dollari nello sforzo di spingere i democratici ad “attuare una legislazione basata sui principi del libero mercato”. Le operazioni del CPR sono state significativamente appaltate alla compagnia di pubbliche relazioni CRC, tristemente nota per aver contribuito con una campagna diffamatoria al naufragio della candidatura di John Kerry alle presidenziali del 2004. Fonte di ispirazione principale è la campagna diventata famosa con il nome dei protagonisti di un cortometraggio commissionato dalle assicurazioni private nel 1993 per bloccare il progetto di riforma Clinton, Harry e Louise, coppia immaginaria che nel video in ques
tione esprimeva la propria preoccupazione per le conseguenze delle decisioni prese dai “burocrati del governo” sulla salute della gente comune.

I tempi per il raggiungimento di una tanto sospirata riforma del sistema sanitario americano appaiono in ogni caso maturi dopo anni di dura opposizione da più parti. Decisamente meno chiara è al contrario la direzione che intenderanno prendere la Casa Bianca e la maggioranza democratica al Congresso, entrambi costretti a confrontarsi con una miriade di interessi e pressioni contrapposte. Con un agenda politica già colma di questioni delicate che promettono di dividere entrambi gli schieramenti, la soluzione più logica per l’amministrazione Obama sembra essere nuovamente quella del compromesso, come è accaduto in questi primi mesi del 2009 e come verosimilmente accadrà a breve sui temi delle energie alternative o dell’immigrazione. Al prezzo però di lasciare fuori dalla rete di assistenza ancora parecchi milioni di americani.