NOTA DI PROTESTA: TELEVIDEO RAI E LA CEI
di Antonio Caputo
Televideo è il teletext della RAI – Radio Televisione Italiana, la società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radio televisivo italiano.
La pagina principale a cui si accede non appena si attiva il teletext è la pagina 100.
I contenuti sono i più vari: dalle notizie, che ne costituiscono l’ossatura storica ai servizi di pubblico interesse, alcuni anche in convenzione con le Pubbliche Amministrazioni, al meteo, ai libri e molto altro.
A pagina 100 è presente un indice dei contenuti di televideo.
A pagina 400 sono raggruppate le c.d. “ISTITUZIONI”.
Si tratta di: Camera dei Deputati (pagina 401); Ministero dello Sviluppo Economico (pagina 414); Ministero dell’Interno (pagina 416); Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato (pagina 413); ISTAT (pagina 419); INPS (pagina 476); INPDAP (pagina 477).
Fin qui tutte Istituzioni pubbliche ovvero Enti pubblici secondo la legislazione italiana:
A pagina 418 compare nell’intitolazione la voce “CEI – Conferenza Episcopale Italiana”.
Tre pagine sempre raggruppate sub numero 418 sono dedicate a CEI e riguardano esclusivamente ll’8 per mille e i modi di contribuzione nell’ambito della prossima dichiarazione dei redditi. Le 3 pagine sono sottoscritte dal “Servizio Promozione del Sostegno Economico alla Chiesa”, con l’indicazione “Info www.8xmille.it”.
Orbene, la CEI non è una Pubblica Istituzione, rappresentando unicamente “l’Unione Permanente dei Vescovi delle Chiese che sono in Italia”, quale Organismo costituente “persona giuridica pubblica a norma dell’Ordinamento canonico” (cfr. Statuto della CEI).
L’art. 2 del nuovo Concordato 18/2/1984 ratificato con Legge 25/3/1985 n. 121 prevede che la Repubblica Italiana garantisce ai cattolici e alle loro Associazioni e Organizzazioni la piena libertà di riunione, di manifestazione del pensiero, assicurando “la reciproca libertà di comunicazione e corrispondenza tra la Santa Sede, la Conferenza Episcopale Italiana, le Conferenze Episcopali regionali, i Vescovi, il Clero e i fedeli, così come la libertà di pubblicazione e diffusione degli atti e documenti relativi alla missione della Chiesa”.
Tutto ciò non può ovviamente comportare che il servizio pubblico del teletext Televideo della RAI possa farsi strumento, per di più gratuitamente (così come si deve presumere) di azione di propaganda della CEI rivolta alla raccolta dell’8 per mille, quale fonte di finanziamento delle attività della Chiesa.
In tal modo è compromessa la neutralità del servizio pubblico che diviene strumento di interessi economici di soggetti che per lo Stato hanno sostanziale natura e caratteristiche privatistiche se non altro quanto alla destinazione dei fondi raccolti, con discriminazione evidente in danno di altri confessioni religiose e di quanti non intendono essere soggetti passivi dell’attività promozionale della CEI : in definitiva in aperto spregio del principio di laicità che deve caratterizzare il servizio pubblico.
Risulta allora necessario investire con urgenza della vicenda la Commissione Parlamentare per l’indirizzo generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi: ovvero l’organo garante della “indipendenza, obiettività e apertrura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali, nel rispetto delle libertà garantite dalla Costituzione”, a tutela del servizio pubblico che deve mantenersi “essenziale e a carattere di preminente interesse generale” e non già di una determinata parte (art.1 legge istitutiva 14.4.1975 n.103).
Occorre ancora investire della vicenda il Direttore pro tempore della testata giornalistica, nonché il Direttore della RAI, affinché si attivino senz’altro colpevole indugio onde rimuovere dal video la pagina 418, sottolineandone la responsabilità anche personale per l’indebito uso della testata e invitandoli a chiarire pubblicamente se la pagina sia stata concessa gratuitamente e comunque a che titolo.
Occorre investire ulteriormente della vicenda l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, istituita con legge 31.7.1997 n.249 (c.d. AGCOM), quale organismo di garanzia della corretta competizione degli operatori sul mercato (trattandosi di operazione di mercato, oltre che pubblicitaria) e di tutela delle fondamentali libertà dei cittadini ( nel senso della vigilanza su qualità e modalità di distribuzione dei servizi, compresa la pubblicità, a tutela del pluralismo nel settore della radiotelevisione e dell’applicazione della normativa antitrust nella comunicazioni e della correlata verifica, onde impedirle, di posizioni dominanti).
Occorre soprattutto investire della vicenda, frutto di impostazioni neoclericali in contrasto con l’essenza del servizio pubblico, la pubblica opinione dei cittadini indifesi. E tutte le associazioni che hanno a cuore la laicità delle Istituzioni (ironia della parola).
Troveremo in difetto anche noi un “piccolo” giudice a Berlino!