Hans Kung e il dovere e il rischio del dialogo fino in fondo di M.Campli
Mario Campli
(CdB San Paolo – Roma)
Hans KUNG, affrontando gli studi sulle tre religioni monoteistiche (il «Progetto sulla situazione spirituale del tempo»), con “approccio interdisciplinare e una visione multidimensionale”, afferma: “Un’impresa simile può essere affrontata soltanto perché con l’analisi dei paradigmi si dispone di un’impostazione teorica e degli strumenti che sono stati già studiati metodicamente nei miei libri «Teologia in cammino, una fondazione ermeneutica» (1987) e «Progetto per un’etica mondiale (1990)», e hanno già avuto una verifica, per quanto riguarda il bilancio storico, in «EBRAISMO- Das Judentum» 1991 [Ebraismo, Bur Rizzoli, 7° edizione, 2017]. “Il metodo usato in questo libro è stato da me descritto e giustificato nel precedente scritto programmatico «Progetto per un’etica mondiale», del 1990. L’applicabilità, messa in dubbio da pochi ignari recensori, della «Teoria dei paradigmi» alla storia delle religioni è stata legittimata dal punto di vista ermeneutico già in «Teologia in cammino, una fondazione ermeneutica» del 1987, e viene ora dimostrata ad oculos”.
Emerge, qui, un’aspra discussione apertasi, sia in campo accademico (anche Tubinga!) sia nei vari settori delle religioni e delle teologie e…delle ‘chiese’. Mai superata, e mai affrontata fino in fondo. Era più facile attaccarlo su questioni secondarie (quali: assolutismo papale; sacerdozio alle donne: cose già da secoli affrontate e risolte nel cristianesimo – la riforma protestante – e dalla filosofia della modernità in poi… ‘il dito e la luna’…).
In: «CRISTIANESIMO essenza e storia – Das Christentum 1994 [ Cristianesimo, essenza e storia, BUR Rizzoli, febbraio 2005.], Hans Kung scrive: “Pensare in base a paradigmi significa piuttosto: comprendere la storia nelle sue strutture dominanti e con le sue figure più incisive. Pensare in base a paradigmi significa analizzare le diverse costellazioni complessive del cristianesimo, anzitutto la loro origine, poi la loro maturazione e (anche se descritta solo brevemente) sclerotizzazione. Pensare in base a paradigmi significa descrivere la sopravvivenza nel presente di paradigmi irrigiditi nella tradizione” (p. 10). “Bisogna distinguere tra le informazioni, quali sono indispensabili, quali utili e quali inutili, tra il puro sapere informativo e il necessario sapere informativo. A che servono tutte le informazioni senza un orientamento di fondo? Nel libro «Progetto per un’etica mondiale» ho già esposto i motivi per cui, per darsi questo orientamento di fondo, mi sembra uno strumento molto appropriato la teoria dei paradigmi. (…) L’analisi dei paradigmi rende cioè possibile una enucleazione delle grandi strutture e trasformazioni storiche, mediante una concentrazione contemporanea sulle costanti fondamentali e sulle variabili decisive. (p. 72)
In: «ISLAM- Der Islam» 2004 [ISLAM, passato, presente e future – BUR Rizzoli, Milano, 4° edizione 2015], torna a scrivere: “Questo metodo ha dato pienamente buona prova di sé negli anni novanta, sia in EBRAISMO, sia in CRISTIANESIMO. (…) Pensare per paradigmi significa comprendere la storia nelle sue strutture dominanti e figure caratterizzanti. Pensare per paradigmi significa analizzare le diverse costellazioni complessive dell’Islam, la loro origine, poi la loro maturazione e spesso il loro fossilizzarsi. Pensare per paradigmi significa, infine, descrivere la sopravvivenza nel presente dei paradigmi irrigiditi nella tradizione, e mostrare l’ascesa del nuovo paradigma e in questo modo, forse, indicare delle prospettive per il futuro” (pp. 10-11). Anche il cattolicesimo romano ha reso a lungo omaggio a una concezione organico-idealista della storia. Se si continuasse ad aggiungere per ogni secolo, sempre un «anello» per ogni anno dell’albero della chiesa, non ci sarebbero né rotture, né discontinuità, né capovolgimenti. Un tale concezione della storia, oggi seriamente poco considerata nel cristianesimo, deve cedere di fronte alla realtà storica” (p. 178). Ecco cosa intendiamo, seguendo Thomas S. Kuhn, con paradigma: «una intera combinazione di circostanze costituita da convinzioni, valori, tecniche ecc., condivisi dai membri di una comunità». In precedenti pubblicazioni ho motivato punto per punto la convinzione che sia possibile, e inoltre importante ed urgente, trasporre la teoria dei paradigmi (nel senso del macro-paradigma) dall’ambito delle scienze naturali a quello della religione e della teologia”.
Il 24 aprile 2013, nel Discorso di commiato (Passaggio di consegne all’Università di Tübingen) interamente dedicato al lavoro collettivo sul “Progetto di Etica Mondiale/Weltethos”, l’ottantacinquenne professor Hans Küng dichiara, a proposito della «Dimensione interculturale e tra religioni e culture»: Presupposto per un buon dialogo tra le culture è la conoscenza reciproca di ciò che divide e ciò che unisce in modo che possa esserci capacità di dialogo e non sussistano pregiudizi o stereotipi. Questa conoscenza della propria e dell’altra cultura deve possibilmente essere sperimentata e provata molto presto, in tenera età, meglio se messa in atto già nella famiglia, negli asili nido per poi essere approfondita tutti i giorni nella scuola. Persone di differenti provenienze geografiche e di diverse professioni hanno oggi bisogno di competenze interculturali perché si incontrano oggi persone di religioni e di culture diverse, si incontrano modi di vivere ai quali spesso si è estranei per cui, senza un approccio amichevole, non è possibile alcuna convivenza libera e pacifica. Hans Kung, pertanto, ha impostato la ricerca della vita (lo studio concomitante delle tre religioni monoteistiche, teso ad una “prassi teologicamente fondata di un concreto ecumenismo”) su questa duplice acquisizione: a) La compenetrazione delle due realtà «religione» e «cultura»; b) La trasposizione della teoria dei paradigmi (nel senso del macro-paradigma) dall’ambito delle scienze naturali a quello della religione e della teologia.
PS: Thomas S. Kuhn è uno dei più noti epistemologi post-popperiani, che sono venuti sviluppando le loro teorie della scienza sempre a più stretto contatto con la storia della scienza. Al centro degli interessi di Kuhn, in particolare nella sua opera «La struttura della rivoluzioni scientifiche» (Chicago 1962- trad.ita.Torino 1999), c’è la storia della scienza, come mezzo particolarmente efficace per comprendere le stesse strutture della scienza. Il problema principale per il filosofo, come per altri epistemologi suoi contemporanei, è quello della sostituzione del concetto di “rivoluzione” scientifica con quello del “passaggio” da un paradigma all’altro.
HANS KÜNG È STATO IL MAGGIORE MAESTRO NELLA CHIESA DEL DOPO CONCILIO. WE ARE CHURCH LO RICORDA CON AMICIZIA E RICONOSCENZA
We Are Church piange la morte di Hans Küng, che ha proposto le riforme necessarie per portare la Chiesa cattolica verso Cristo.
In profondo lutto e con grande gratitudine We Are Church piange il grande teologo Hans Küng. “La sua perseveranza per tutta la vita nel rinnovamento della Chiesa cattolica romana, nonché il suo impegno per l’ecumenismo e il dialogo delle religioni mondiali rimangono incoraggiamento, ispirazione e incentivo per noi allo stesso tempo”, afferma We Are Church sulla morte di Hans Küng il 6 aprile 2021. Küng è stato uno dei maestri del rinnovamento conciliare e degli ispiratori di We Are Church.
Il teologo svizzero di fama mondiale, nominato da Papa Giovanni XXIII perito ufficiale del Concilio Vaticano II (1962-1965), ha dato un contributo decisivo a una teologia ecumenica e al dialogo interreligioso, nonostante sia stato successivamente ostracizzato dalla Chiesa.
Il suo pensiero teologico innovativo era spesso in anticipo sui tempi
La sua tesi di dottorato sulla “Giustificazione” sul pensiero del teologo protestante Karl Barth, completata nel 1957, fu elogiata anche da Joseph Ratzinger, con il quale Küng insegnò insieme a Tubinga fino al 1968. Con opere fondamentali (“La Chiesa”, 1967; “Essere cristiani”, 1974; “Dio esiste?”, 1978), Küng offrì approfondimenti biblici in opere fondamentali.
Con il suo impegno ecumenico, Küng ha dato un contributo decisivo al raggiungimento dell’accordo cattolico-luterano sulla dottrina della giustificazione nel 1999. Per Küng, l’ospitalità eucaristica, che l’Istituto per la ricerca ecumenica di Tubinga, da lui fondato nel 1963, ha sostenuto anche prima del 2003 nel Congresso della Chiesa ecumenica di Berlino, è un passo nella giusta direzione.
Hans Küng ha posto le questioni della verità nel cristianesimo come nessun altro nel nostro tempo. Dopo il Concilio e sulla scia dell’enciclica sul celibato pubblicata nel 1967 e dell’enciclica “Humanae Vitae” sul controllo delle nascite nel 1968, Küng ha sollevato la questione dell’infallibilità del magistero papale nel suo libro del 1970 “Infallibile? Una domanda”.
Le posizioni del Vaticano sono state contrastate con affermazioni teologicamente valide
Per questo è stato privato della licenza di insegnamento ecclesiastico (“missio canonica”) il 18 dicembre 1979 sotto Papa Giovanni Paolo II. Tuttavia Küng non ritirò le sue affermazioni teologicamente fondate sul controverso dogma dell’infallibilità stabilita nel 1870 e dimostrò così che non è necessaria l’obbedienza ma la resistenza – una “virtù” cattolica piuttosto rara – quando si tratta di resistere alle posizioni romane.
Nel 1968 aveva redatto la dichiarazione “Per la libertà della teologia”, che era stata rivista da Yves Congar, Karl Rahner e Edward Schillebeecks e infine firmata da 1.360 teologi cattolici di tutto il mondo – compreso Joseph Ratzinger. Nel 1989, Küng è stato un cofirmatario della “Dichiarazione di Colonia”, che si è espressa a favore di una cattolicità aperta e contro l’eccessivo espandersi dell’autorità papale.
Fino alla fine, Küng si è dedicato con grande intensità al dialogo interreligioso. Egli stesso ha pubblicato tre importanti opere su Ebraismo (1991), Cristianesimo (1995) e Islam (2004). Dal 1990 si è dedicato al progetto Global Ethic, che ha promosso nella Global Ethic Foundation dal 1995. Una pietra miliare è stata la “Dichiarazione sull’etica globale”, che è stata adottata dal Congresso delle religioni del mondo a Chicago nel 1993 e ha portato a una rete mondiale di relazioni interreligiose.
In occasione del 25° anniversario di We Are Church nell’autunno 2020, Hans Küng ha scritto a questo movimento:
“Fin dall’inizio, ho sostenuto We Are Church sotto ogni aspetto. Nelle sue richieste ha alle spalle il messaggio di Gesù Cristo e nello stesso tempo corrisponde alle esigenze della società democratica e pluralista di oggi. Nel tempo dei due papi Wojtyla e Ratzinger, c’erano poche speranze che le vostre preoccupazioni sarebbero state ascoltate dalla gerarchia. Con papa Francesco, invece, sembra essersi verificata una svolta che rende più facile soddisfare alcune delle vostre richieste. Nell’inverno della Chiesa, We Are Church ha tenuto la brace ardente sotto la cenere. Che il fuoco della riforma ora finalmente si impadronisca di tutta la Chiesa e anche del Vaticano. Quindi continuate, cari amici: coraggio, creatività e perseveranza! ”
HANS KUNG E IL DEBITO CHE HO ANCH’IO
Se ne va il pensatore/teologo che aveva colto il coraggio del papa più grande degli ultimi secoli, Giovanni XXIII, lo aveva seguito nella costruzione del Vaticano II e cercava sempre di realizzarne lo Spirito: aveva la schiena abbastanza dritta per conservare la coerenza intellettuale e di coscienza nei confronti di una Chiesa riluttante a rileggere meglio un vangelo mai esaurito nel tempo. I nemici del Concilio – inutile tergiversare – avrebbero vinto se non fosse per i pochi resistenti che stanno venendoci meno.
Mi assumo la responsabilità di conoscere gli uomini e non riesco a dimenticare l’invito a pranzo di papa Benedetto XVI che credevo risarcitorio delle condanne da lui stesso patrocinate e dell’amicizia del tempo comune di Tubinga quando il ’68 esaltava gli studenti attorno al più brillante dei due.
Non fu un nuovo inizio relazionale, né una riabilitazione delle opere di uno studioso ma uomo di fede e teologo che resterà nella storia di questi anni.
La comune generazione che mordeva il freno sotto Pio XII e non si allontanò dalla fede perché incontrò un papa che le ridiede vita e incontrò molti spiriti magni che nutrirono le nostre menti non può non sentire l’assenza di un altro punto di riferimento.
Ma sente anche che tutti quelli che l’hanno stimato non possono limitarsi a rimpiangerlo: se Francesco con altro stile accompagna la memoria del Concilio siamo ancora impegnati a sostenere la fatica di resistere a scivolare indietro. I libri di Hans sono qui, scritti in maniera chiara e vanno ancora ridiscussi pubblicamente e portati nelle scuole, teologiche e non.