LETTERA DI UN PRETE CORAGGIOSO
Carissimi/e,
domenica scorsa don Nandino CAPOVILLA ha ritenuto di dover dedicare la sua omelia alla tragedia delle morti sul lavoro e in particolare a Vasilijuk, un lavoratore ventenne, ucraino, travolto dal crollo di un muro,mentre stava lavorando alla costruzione di un albergo cinque stelle.
La tragedia si è consumata a Murano, una delle isole della laguna di Venezia, esattamente un mese fa. Don Nandino non si è limitato a fare una predica, ma ha anche scritto a tutti i parrocchiani (la lettera integrale è riportata sul sito di Articolo21) e ha tentato di risvegliare le coscienze su una tragedia rimossa pe domenica scorsa,ha ritenuto di dover dedicare la sua omelia alla tragedia delle morti sul lavoro e in particolare a Vasilijuk, un lavoratore ventenne, ucraino, travolto dal crollo di un muro,mentre stava lavorando alla costruzione di un albergo cinque stelle.
La tragedia si è consumata a Murano, una delle isole della laguna di Venezia, esattamente un mese fa. Don Nandino non si è limitato a fare una predica, ma ha anche scritto a tutti i parrocchiani e ha tentato di risvegliare le coscienze su una tragedia rimossa perché lo spirito dei tempi non contempla il ricorso alla indignazione e l’appello alla tolleranza zero quando qualcuno, soprattutto se extra comunitario, muore mentre produce benessere e ricchezza per i padroni di casa. Nandino Capovilla ha espresso le sue riflessioni di cittadino, ma soprattutto di prete che intende dare sostanza al messaggio cristiano. I consensi non sono mancati, ma non sono mancati neppure i dissensi di chi si è sentito offeso da questo prete che “la butta in politica”. (dal sito di Micromega)
Grazie dell’attenzione!
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Qualcuno mi ha detto che ho sbagliato
Raccontando di quel “povero” ragazzo vittima dell'”incidente sul lavoro” alle Conterie, ho rischiato di assecondare, come un abile conduttore televisivo, la pericolosa moda di commuovere la gente per farle dimenticare quello che sta realmente accadendo e quello che dovrebbe urgentemente fare.Dicono che bastavano le letterine dei bambini per far commuovere con questa storia di una famiglia buona, grandi lavoratori, gente semplice (proprio come noi italiani, pur essendo stranieri…) improvvisamente stroncata dalla “fatalità” di un “incidente”…
E poi però, certamente, bisogna scavare sotto la superficie e domandarsi perché, e avere la voglia – e sentire l’obbligo morale e collettivo – di indignarsi.
E allora le mie parole avrebbero dovuto generare, al posto di un’infinità di lacrimevoli approvazioni, una forte riscossa delle coscienze, un fastidio per come stanno andando le cose, a Murano e in tutto il nostro Paese.
Ancora più grave, infatti, del dimenticare solo dopo un mese la tragica morte del giovanissimo Vasilijuk, è abituarsi a farlo sistematicamente ogni giorno, mancando di accorgersi della morte assurda di una moltitudine sempre più grande di figli di Dio.
“Don Nandino, non capisco quello che mi sta succedendo… Non sono mai stata razzista, davvero, ma è da un po’ che sento come se mi iniettassero ininterrottamente una flebo di odio verso gli altri. Devo confessare a Dio quello che in realtà non penso, ma che inconsapevolmente sto cominciando a pensare…”.
E l’effetto, allora, di fronte ad evidenti ingiustizie e palesi violazioni dei diritti fondamentali della persona, è quello di lasciare che il silenzio avvolga questi fatti, che già da soli si denuncerebbero ad altissimo volume.
E invece di dar voce e far sentire a tutti il pianto diventato protesta di un genitore che ha visto davanti ai suoi occhi seppellire di macerie suo figlio, trasformiamo lo sdegno in commovente partecipazione, come se si trattasse solo di porgere le dovute condoglianze ad un funerale.
E anche la Chiesa rifletta. Perché se fossimo conniventi a questo silenzio, se ci accadesse di preferire un lasciar perdere meno coinvolgente, se scegliessimo il prudenziale ‘non disturbare il conducente’, invece di contribuire ad alzare il tono della protesta e il volume dell’indignazione, allora saremmo corresponsabili di questo degrado di umanità.
E non solo. Perché “se delle nostre parole verremo giudicati dagli uomini, dei nostri silenzi verremo giudicati da Dio” (don Tonino Bello).