Dobbiamo superare l’impasse dell’Humanae Vitae di Ncr

National Catholic Reporter
www.ncronline.org (traduzione: www.finesettimana.org)

Da quasi tutti i punti di vista, il viaggio del papa in Asia è stato un evento notevole. Nello Sri-Lanka traumatizzato dalla guerra – dove i cattolici, temendo che avversari politici avrebbero sfruttato il viaggio per trarne vantaggi, avevano pregato Francesco di non andare – lui si è destreggiato abilmente tra i vari punti da affrontare per trasmettere energici messaggi su giustizia e riconciliazione, accoglienza della diversità ed un continuo dialogo interreligioso. Gli srilankesi si sono sentiti incoraggiati dalla sua presenza e rianimati a continuare il loro lavoro di ricostruzione della società. Nelle Filippine, Francesco è brillato come pastore in ogni sua apparizione. Chi non si è commosso per il suo abbraccio alla dodicenne Glyzelle Palomar, ex ragazzina di strada che gli chiedeva perché Dio permette che i bambini soffrano? La sua risposta è stata il suo abbraccio, e tutti coloro che guardavano il colloquio lo hanno sentito.

Altrettanto commovente è stata l’insistenza di Francesco per visitare Tacloban, devastata dal ciclone, nonostante un’altra tempesta tropicale stesse giungendo su quell’area. Si è mosso con l’istinto di un pastore che voleva essere con la sua gente. Una volta lì, con indosso il suo impermeabile giallo trasparente sopra i paramenti per la messa, si poteva leggere la disperazione sul suo volto mentre spiegava lentamente in inglese che avrebbe messo da parte il suo testo preparato, avrebbe parlato in spagnolo e usato un traduttore. Sentiva di dover parlare nella sua lingua madre per esprimere adeguatamente le profondità del suo cuore. Anche qui, il suo messaggio è stato un abbraccio, un abbraccio alle migliaia che avevano perso i loro cari e ai milioni che avevano perso le loro case: “Sono qui per essere con voi”.

Francesco, il papa delle periferie, ha incarnato il messaggio che predica. Era il pastore a servizio nell’ “ospedale da campo”, la sua descrizione preferita di chiesa. Francesco parla e scrive spesso di creare una cultura dell’incontro. “I muri che ci dividono possono essere abbattuti solo se siamo disposti ad ascoltare e a imparare gli uni dagli altri”, ha detto. Tuttavia, inserito in questo viaggio pastorale di incontro c’era un messaggio confuso che necessita di spiegazioni. Francesco ha lodato due volte l’enciclica Humanae Vitae del 1968 di papa Paolo VI, che mantiene la proibizione morale della Chiesa alla contraccezione artificiale. Francesco ha definito la pubblicazione di Humanae Vitae da parte di Paolo VI “coraggiosa”. Ha definito il papa “profeta” e “buon pastore”. Paolo VI “ha avuto la forza di difendere l’apertura alla vita”, ha detto Francesco.

Ma Francesco ha immediatamente introdotto due precisazioni: ci sarebbero dei “casi particolari” nei quali il divieto di contraccezione non può essere applicato e la “paternità responsabile” (termine usato anche da Paolo VI) potrebbe richiedere di limitare le nascite. Preso per quello che è, il sostegno di Francesco alla Humanae Vitae sembra in continuità con la visione dei suoi predecessori. Tuttavia il fatto di aver fortemente insistito sulla necessaria attenzione dei pastori ai “casi particolari” e la sua evidente enfasi sulla paternità responsabile (i cattolici non devono essere come conigli, nel colorito linguaggio di Francesco) fanno pensare ad alcuni che voglia spingere la chiesa oltre una rigida interpretazione di Humanae Vitae.

L’idea è stata rafforzata quando ha invitato le coppie ad esplorare la paternità responsabile “con il dialogo”, dicendo che è per questo che nella Chiesa ci sono dei gruppi famiglia, ci sono esperti in materia, ci sono pastori”. Poi però Francesco ritorna al rigore, aggiungendo: “Dio ci dà dei metodi per essere responsabili… Conosco tanti modi leciti che aiutano in questo”. Francesco deve riesaminare le sue dichiarazioni. Mentre il problema della contraccezione è stato ampiamente risolto in Occidente, dove innumerevoli sondaggi rivelano che le pratiche di controllo delle nascite attuate dai cattolici, di fatto, sono le stesse delle altre persone, in paesi in via di sviluppo, come le Filippine, l’assistenza sanitaria relativa alla contraccezione è ampiamente negata alla popolazione a causa della forte influenza della gerarchia cattolica.

La nostra speranza che è Francesco stia facendo i primi passi per staccare l’insegnamento ufficiale della Chiesa dall’idea che “ogni rapporto sessuale nel matrimonio debba rimanere aperto alla trasmissione della vita”. Questo insegnamento rappresenta l’interpretazione più restrittiva di amore, intimità e fedeltà nel matrimonio. Questo non è il luogo per una sostanziale contestazione dell’insegnamento ufficiale della Chiesa sul controllo delle nascite. Come detto precedentemente, i fedeli cattolici hanno già dato da tempo la loro risposta a questo problema.

Uno studio recente ed accessibile del problema può essere trovato in Sexual Ethichs: A Theological Introduction di Todd A. Salzman a Michael G. Lawler. Gli autori delineano un approccio basato sull’insegnamento dei papi, dalla Casti Connubii di Pio XII attraverso la Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II e comprendendo il Codice di diritto canonico revisionato nel 1983, che presenta un caso morale per il mantenimento dell’apertura alla vita umana (a cui tende la Humanae Vitae), ma che non proibirebbe l’uso della contraccezione artificiale. Vorremmo che Francesco avesse un incontro con teologi, parroci e coppie cattoliche che gli dicessero la verità. L’Humanae Vitae è stato un serio ostacolo alla credibilità della Chiesa cattolica. Ha prodotto un abisso tra vescovi e preti, tra la gerarchia e i fedeli.

Poco tempo dopo la pubblicazione dell’enciclica, dei sociologi come padre Andrew Greely, hanno cominciato a documentare l’effetto che ha contribuito ad avere nel declino della credibilità dell’episcopato, nella frequenza alla messa, nelle donazioni, e perfino nelle vocazioni presbiterali, in quanto dei preti che non si sentivano in coscienza di difendere l’enciclica lasciarono il ministero.
Paolo VI puntava giustamente il dito contro i pericoli sulla vita matrimoniale e sulla dignità umana e, temendo che un cambiamento nella dottrina avrebbe ridotto la credibilità della Chiesa, prescrisse la medicina sbagliata. È decisamente tempo che Francesco e la gerarchia cattolica tornino ad unirsi ai fedeli in un percorso umano che ha bisogno di loro come compagni. Se Francesco vuole che la Chiesa sia una testimone credibile, se vuole essere il pastore che noi pensiamo possa essere, deve portarci oltre l’impasse dell’Humanae Vitae.