Renzi ed il bluff degli F35
Giulio Marcon
www.ilmanifesto.it
Per qualche giorno la stampa ha riportato la notizia che Renzi avrebbe tagliato (qualcuno aveva detto un dimezzamento) gli F35 per finanziare la riduzione delle tasse ai lavoratori. Più di un anno fa Renzi aveva dedicato un tweet ai soldi buttati per questi cacciabombardieri. Ci speravamo. Ad arte ambienti governativi avevano messo in giro persino la voce che il governo avrebbe contattato il Dipartimento di Stato per spiegare i motivi della scelta e che Obama avrebbe compreso.
Era un bluff. E notizie di agenzia riportavano un possibile taglio delle spese militari di 1,5 miliardi l’anno (per 10 anni) e addirittura la “cessione di una portaerei”. Felici di essere smentiti, ma non si vede nessun taglio in arrivo. La portaerei Cavour continuerà inutilmente (per fortuna) a navigare in giro per il mondo. I cacciabombardieri rimangono quelli –90– e sempre 14 miliardi dovremo spendere nei prossimi anni per acquistarli e produrli. E a livello di annunci sono ancora, al momento, i provvedimenti promessi dal governo. Il consiglio dei ministri ha discusso una “informativa” con delle “linee guida” mentre i disegni di leggere dovranno attendere il giudizio del parlamento. Il motivo è semplice: le coperture sono ancora aleatorie e sopravvalutate.
I risparmi della spending review –come ha avvertito il commissario Cottarelli– non sono 7, ma 3 miliardi (sempre che cominciamo a farli). La possibilità di aumentare il rapporto deficit-pil dal 2,6 al 3% non è affatto scontato: la commissione europea non è d’accordo. Qualche problema c’è anche per i capitali da far rientare dalla Svizzera: la discussione in Parlamento si è vistosamente arenata. E così via. Renzi avrebbe voluto fare come il Tremonti di un tempo: spendere subito soldi virtuali, sperando che poi si realizzino i risparmi e le entrate, ma non si può più fare. Bruxelles ci controlla e non si fida di un tweet. Il premier pensava un paio di giorni fa di entrare nel consiglio dei ministri e di presentarsi alla conferenza stampa con i decreti in mano: si è limitato a delle slides e al rinvio al prossimo Documento di Economia e Finanza.
Ovviamente colpiscono i 1000 euro in più in busta paga l’anno per i lavoratori con redditi inferiori ai 25mila euro lordi ed è un bene stanziare ben 5 miliardi per un programma di interventi di edilizia scolastica e per il riassetto idrogeologico: meno bene il rinvio interlocutorio delle misure per il lavoro e la crescita, che vengono previste in un decreto e in un disegno di legge (di cui ancora si conoscono solo i titoli) per il quale bisognerà aspettare diversi mesi. Eppure la disoccupazione è la vera emergenza nazionale.
Il premier si è scontrato con il problema di trovare i soldi. Non ha voluto mettere la tassa sui grandi patrimoni, ma ha alzato –giustamente– al 26% l’imposizione sulle rendite finanziarie mentre non ha voluto tassare le transazioni finanziarie. Non ha voluto andare a prendere i soldi là dove ci sono: nelle grandi ricchezze, nei patrimoni dei privilegiati e nei mercati finanziari. Ma Renzi avrebbe potuto anche tagliare le spese militari e gli F35. Non è successo. Evidentemente la telefonata con il Dipartimento di Stato è andata male o le resistenze dei generali sono state feroci.
Come ha più volte ricordato la campagna Sbilanciamoci si potrebbero risparmiare –in modo permanente– ben 4 miliardi di euro riducendo le spese militari (tagliando gli stanziamenti per gli F35, per le fregate FREMM, per i sommergibili U-212 e riducendo gli organici delle Forze Armate) e si potrebbero incassare qualcosa come 15–16 miliardi mettendo una tassa degna di questo nome sui grandi patrimoni e introducendo una vera tobin tax che con una imposta dello 0,05 su tutti i prodotti finanziari, derivati e titoli di stato. Arriviamo a circa 20 miliardi con i quali finanziare –oltre che il taglio dell’Irpef– anche un vero piano del lavoro o misure di reddito di cittadinanza.
Tutto questo avrebbe un impatto sostanziale veramente importante: per la prima volta si taglierebbero in modo sostanziale le spese militari e non la sanità e le pensioni. E poi si darebbe l’idea che la crisi la pagano anche i ricchi e non solo i lavoratori e i pensionati. Tutto questo avrebbe un effetto autenticamente redistributivo che contribuirebbe a ridurre –anche se leggermente– le diseguaglianze nel nostro paese, condizione per far ripartire i consumi interni. Purtroppo, per il momento non è questa la strada che Renzi ha intrapreso. Per quanto poi riguarda gli annunci, aspettiamo fiduciosi.
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F-35 e dintorni: quali tagli ai programmi militari?
Il Sole 24 Ore
www.ilsole24ore.com
«In tema di ammodernamento delle nostre forze armate, quando si manifesta la necessità di acquisire nuovi equipaggiamenti al passo coi tempi, io credo si debbano valutare le caratteristiche di tali sistemi, i costi, i vantaggi per il nostro sistema produttivo. In breve, credo che si debba agire secondo la logica della razionalità e, in tale ottica, il governo non esiterà a rivedere, ridurre o ripensare anche grandi progetti avviati o ipotizzati, qualora mutati scenari internazionali o economici lo indicheranno come opportuno».
Le dichiarazioni rese ieri dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti, stanno alimentando timori e perplessità negli ambienti militari e industriali dove si temono nuovi tagli alle commesse considerate necessarie dagli Stati maggiori per ammodernare le forze armate e vitali dall’industria per mantenere i livelli occupazionali.
«Tutto possiamo permetterci tranne di mantenere forze armate di facciata, per onore di bandiera, da esibire in parate» ha detto il ministro in Senato sottolineando la necessità di realizzare un Libro Bianco, documento di programmazione della Difesa redatto con cadenza periodica in tutti i Paesi Occidentali ma che in Italia venne realizzato solo nel 2002 e con la semplice valenza di “fotografia delle Forze armate”. Un documento che stabilisca i compiti richiesti allo strumento militare e solo di conseguenza i mezzi e gli equipaggiamenti da acquisire per espletarli.
Circa i tagli da apportare ai programmi in corso il ministro non si è sbilanciato ma in molti hanno valutato che il primo a fare le spese delle riduzioni previste dal governo Renzi potrebbe essere il cacciabombardiere F-35 destinato ad Aeronautica e Marina (15 esemplari) circa i quali il ministro Pinotti è sempre stata pragmatica, evitando gli entusiasmi del suo predecessore, Mario Mauro.
Una riduzione della commessa dai 90 attualmente previsti (sui 131 inizialmente in programma) a 45 risulterebbe in linea con le affermazioni di Matteo Renzi che nei mesi scorsi parlò del programma definendolo “soldi buttati” e ne propose il dimezzamento. Un taglio così drastico alla commessa si ripercuoterebbe sui ritorni industriali che l’adesione al programma prevede per le aziende italiane, una trentina a cominciare da Alenia Aermacchi.
Ritorni a lungo termine tutti da verificare in termini finanziari e già ora rivisti decisamente al ribasso in termini occupazionali a circa un quarto dei 10 mila posti di lavoro favoleggiati fino a 18 mesi or sono. Agli oltre 12 miliardi di euro previsti per l’acquisto dei 90 esemplari (ma il velivolo ha ancora notevoli problemi di sviluppo che potrebbero far lievitare ulteriormente i costi) vanno aggiunti i quasi 3 miliardi già spesi inclusi gli oltre 800 milioni per lo stabilimento di assemblaggio e produzione delle ali di Cameri (Novara) il cui rateo di lavoro è già oggi previsto al minino e rischia di operare in perdita a causa dei tagli al numero di F-35 già apportati da Italia e Olanda (37 aerei contro gli 85 previsti).
Il dimezzamento degli F-35 era stato proposto a inizio febbraio dal gruppo del PD della Commissione Difesa della Camera per risparmiare un miliardo all’anno e finanziare il completamento del programma Eurofighter Typhoon, il cacciabombardiere europeo di cui l’Italia è produttrice decurtato degli ultimi 25 esemplari previsti per “fare posto” all’F-35. Il documento precisava che non si tratta solo di una questione di costi ma di investire su un prodotto italiano ed europeo invece di porci in uno stato di sudditanza nei confronti degli Stati Uniti anche in termini di produzioni di componenti a bassa tecnologia.
L’ipotesi di un taglio così radicale agli F-35 italiani ha già indotto Washington a esercitare forti pressioni sul governo italiano e non a caso ieri il Quirinale ha deciso di riunire il 19 marzo il Consiglio Supremo di Difesa dal quale potrebbe giungere uno stop ai tagli a cui sembra guardare il governo. Una soluzione di compromesso vedrebbe l’esecutivo prendere tempo rimandando gli ordini dei prossimi velivoli (5 quelli finora ordinati o pagati più altri 5 per i quali sono stati versati acconti e ulteriori 9 da iniziare a pagare da quest’anno ) ritardando il più possibile gli impegni finanziari senza definire ora il numero di aerei complessivo.
La Difesa del resto ha già rimodulato al ribasso gli ordini dei velivoli dei lotti di pre-produzione con l’obiettivo di evitare di pagare costi altissimi per aerei ancora immaturi puntando poi a ordinare più esemplari nei prossimi anni quando si spera che l’F 35 abbia risolto i suoi problemi e costi molto meno di oggi. Una decisione condivisa da molti partner del programma inclusi gli Stati Uniti che hanno ridotto gli ordini annuali del velivolo di Lockheed Martin. Probabile quindi che invece di un taglio al programma Roma opti per un rallentamento degli ordini riducendo così l’esborso previsto per il 2014 (5/600 milioni di euro) e i prossimi anni.
Il Ministero della Difesa non ha ancora reso nota la ripartizione delle spese per l’acquisizione dei nuovi equipaggiamenti (prevista per aprile con la presentazione del Documento di Programmazione Pluriennale) a cui il bilancio assicura quest’anno 3,2 miliardi di euro che salgono a 5,8 con i fondi aggiuntivi del Ministero per lo sviluppo economico.
Fondi necessari anche ad acquisire e ammodernare blindati ed elicotteri dell’esercito, fregate, sottomarini e una portaelicotteri da assalto anfibio per la Marina (che può contare anche sui 6 miliardi in prestiti pluriennali previsti dalla Legge di Stabilità per rinnovare la flotta) e nuovi elicotteri, addestratori e velivoli da combattimento e sorveglianza marittima dell’Aeronautica.
Alcuni di questi programmi potrebbero venire cancellati o più probabilmente ridotti nei numeri, altri potrebbero subire rallentamenti per diluirne i costi in tempi più lunghi. A rischio slittamento (ulteriore) potrebbe essere il programma di digitalizzazione dell’esercito Forza Nec (costo previsto di 22 miliardi in 25 anni) mentre la Marina potrebbe vendere sul mercato dell’usato la portaerei Garibaldi che ha ormai 30 anni e affianca la più moderna e onerosa Cavour.