Spese militari – Il governo ha aperto la caccia…
www.nigrizia.it
Dagli Stati Uniti arriva la conferma che il ministero della difesa ha predisposto l’acquisto di sei velivoli F-35, contravvenendo alle disposizioni del parlamento e ignorando l’opinione pubblica. La campagna “Taglia le ali alle armi” (Rete Disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della Pace) rilancia la mobilitazione territoriale con un “autunno d’azione contro gli F-35” e chiede che non vengano stanziati fondi per i caccia nella Legge di Stabilità per l’anno 2014, a breve in discussione in parlamento. Questo il comunicato della Campagna.
Dal 27 settembre 2013 abbiamo una certezza in più: né la maggioranza dell’opinione pubblica italiana né la maggioranza del parlamento sono in grado di far recedere i “fondamentalisti” dell’F-35 dalle loro intenzioni di prosecuzione del programma di acquisto dei cacciabombardieri di prossima generazione.
Nonostante l’azione di denuncia della campagna “Taglia le ali alle armi”, attiva dal 2009 e che ha ormai spostato su posizioni contro i caccia la maggior parte dell’opinione pubblica italiana, il governo sembra infatti intenzionato a proseguire senza battere ciglio nella propria intenzione di acquisto. Ignorando, di fatto, anche il voto di camera e senato che, tra fine giugno ed inizio luglio, hanno approvato a maggioranza mozioni che impegnavano il nostro esecutivo a non proseguire con alcun acquisto ulteriore di F-35 senza un preventivo parere parlamentare.
La notizia deriva da annunci ufficiali del Dipartimento della Difesa statunitense, resi pubblici in questi giorni. Atti formali che dimostrano come l’Italia si sia impegnata non solo a completare l’acquisto dei primi tre caccia già pianificati nel 2012, ma abbia altresì proceduto a confermare definitivamente ulteriori tre velivoli appartenenti al Lotto n° 7 del programma la cui determinazione avviene nel 2013.
La Campagna ha denunciato ciò alla Commissione difesa della camera, durante la recente audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva richiesta dalle mozioni parlamentari che avevano impegnato il governo verso la sospensione del programma F-35. Un acquisto che invece il ministero non ha segnalato in alcun modo al parlamento.
La campagna ritiene inaccettabile il comportamento della Difesa non solo perché viola le prerogative parlamentari stabilite da atti specifici approvati dai due rami del parlamento, ma perché nella sostanza non rispetta assolutamente la volontà della maggioranza degli italiani, ormai stanchi di vedere utilizzati soldi pubblici per l’acquisto di armi e non per la risoluzione dei problemi quotidiani del nostro paese.
Difesa fuori controllo
A seguito della votazione delle mozioni parlamentari la campagna “Taglia le ali alle armi” aveva chiesto che: – venisse ribadita la titolarità del parlamento ad esprimersi sulle scelte del governo relative all’acquisto di nuovi sistemi d’arma; – si procedesse al ripensamento del programma F-35 quantomeno sospendendo immediatamente la partecipazione italiana; – potesse partire senza indugio e in maniera ufficiale una Commissione d’indagine per verificare gli impegni contrattuali già intercorsi e i relativi costi e per raccogliere dati dettagliati sull’impatto occupazionale effettivo degli accordi sinora siglati.
Nessuna di tali richieste è stata in alcun modo accettata, perché anche se l’indagine conoscitiva (su tutti i sistemi d’arma) è stata decisa dalla camera, si evince facilmente dai documenti ufficiali che la Difesa non ha ancora fornito alcun dato preciso su impegno contrattuali e costi. Rendendo di fatto inefficace qualsiasi controllo parlamentare.
Tutto ciò accade mentre recentissimi documenti del Pentagono sottolineano ancora una volta le debolezze del programma Joint Strike Fighter e di tutto il processo che dovrebbe comportare la produzione e realizzazione dei 90 cacciabombardieri che il nostro paese intende acquistare. Un’analisi approfondita (di quelle che le autorità statunitensi compiono come routine e mancano totalmente a livello del nostro Ministero) dell’Inspector General del dipartimento della Difesa ha infatti riscontrato ben 719 situazioni problematiche e non allineate agli standard di qualità nelle procedure di produzione del cacciabombardiere. Una situazione grave, che va oltre i singoli problemi tecnici dell’aereo riguardando soprattutto le modalità continuative di avanzamento del programma. Perciò il rischio, ancora più concreto che in passato, è quello di continuare a investire denaro in un progetto che non vedrà mai una sua compiutezza a meno di grossi aggravi di costo e notevole ritardo.
Mobilitazione d’autunno
Per tutti questi motivi la campagna “Taglia leali alle armi” contro i caccia F-35 chiede immediatamente che il governo si pronunci da un lato confermando o smentendo la notizia del nuovo acquisto e dall’altro spiegando – in caso di conferma – la ragione di una decisione presa sfuggendo ad una precisa indicazione parlamentare. A breve il parlamento sarà poi chiamato a discutere la Legge di Stabilità per il 2014 andando quindi a decidere gli ambiti di investimento de soldi pubblici per il prossimo anno. “Taglia le ali alle armi” chiede con forza che si proceda ad annullare qualsiasi fondo che possa andare a vantaggio della continuazione del programma Joint Strike Fighter e in particolare per l’acquisto di ulteriori velivoli F-35.
La Campagna fa inoltre appello a tutti territori, a tutte le associazioni, a tutti gli enti locali che hanno sostenuto in questi anni la richiesta di cancellazione del programma F 35 per una ripresa della propria azione a riguardo. L’intenzione è quella di costruire centinaia di iniziative in tutta Italia per un “Autunno di azione contro gli F-35” dal 20 ottobre al 30 novembre, periodo che sarà anche caratterizzato da nuove forme di mobilitazione per ogni singolo cittadino grazie ad una foto-petizione da 100.000 volti.
In questa vicenda non c’è solo in gioco il destino di un sistema d’arma e l’ovvia contrarietà a riguardo dei gruppi ed associazioni del mondo del disarmo e della pace, ma ancora di più l’evidenziazione di un mancato rispetto verso gli italiani e loro attuali difficoltà economiche e verso il Parlamento e le sue prerogative democratiche e sovrane di poter decidere della destinazione di fondi pubblici e dell’eventuale blocco di acquisti armati inutili e costosi.
——————————————
F35, il Governo sconfessa il Parlamento
Stefano Pasta
www.famigliacristiana.it
Dagli Stati Uniti arriva la conferma che il Ministero della Difesa ha avviato l’acquisto di ben sei cacciabombardieri F-35. Immediato il commento della Campagna “Taglia le ali alle armi” promossa da Rete Disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della Pace: «Nel momento in cui tasse ed imposte aumentano, si continua la scelta sconsiderata di buttare soldi nelle spese militari».
La fonte sono gli annunci ufficiali del Dipartimento della Difesa statunitense diffusi in questi giorni: atti formali che dimostrano come l’Italia si sia impegnata non solo a completare l’acquisto dei primi tre caccia già pianificati nel 2012, ma abbia anche proceduto a confermare definitivamente ulteriori tre velivoli appartenenti al Lotto 7 del programma la cui determinazione avviene nel 2013.
Il coordinamento di “Taglia le ali alle armi” sottolinea come il Governo stia proseguendo senza battere ciglio: «Dal 27 settembre 2013 abbiamo una certezza in più: né la maggioranza dell’opinione pubblica italiana, né la maggioranza del Parlamento sono in grado di far recedere i “fondamentalisti” dell’F-35». Infatti, la decisione ignora, di fatto, il voto di Camera e Senato che tra fine giugno ed inizio luglio del 2013 hanno approvato a maggioranza mozioni bipartisan che impegnavano il Governo a non proseguire con alcun acquisto ulteriore di F-35 senza un preventivo parere parlamentare. Ma gli ultimi acquisti rivelati dal Pentagono non sono stati in alcun modo segnalati al Parlamento italiano. E neanche all’opinione pubblica…
Commentano da “Taglia le ali alle armi”: «Riteniamo inaccettabile il comportamento della Difesa non solo perché viola le prerogative parlamentari stabilite da atti specifici approvati dai due rami del Parlamento, ma perché nella sostanza non rispetta assolutamente la volontà della maggioranza degli italiani, ormai stanchi di vedere utilizzati soldi pubblici per l’acquisto di armi e non per la risoluzione dei problemi quotidiani del nostro Paese».
Per altro, tutto ciò accade mentre recentissimi documenti del Pentagono sottolineano ancora una volta le debolezze del programma Joint Strike Fighter e di tutto il processo che dovrebbe comportare la produzione e realizzazione dei 90 cacciabombardieri che l’Italia intende acquistare.
Un’analisi approfondita (di quelle che le autorità statunitensi compiono come routine e mancano invece a livello del nostro Ministero) dell’Inspector General del Dipartimento della Difesa ha infatti riscontrato ben 719 situazioni problematiche e non allineate agli standard di qualità nelle procedure di produzione del cacciabombardiere.
Una situazione grave, che va oltre i singoli problemi tecnici dell’aereo, riguardando soprattutto le modalità continuative di avanzamento del programma. La Campagna “Taglia le ali alle armi” lancia due richieste. La prima è quasi ovvia: il Governo confermi o smentisca subito il nuovo acquisto, spiegando eventualmente perché sia sfuggito ad una precisa indicazione parlamentare.
La seconda è al Parlamento affinché non vengano stanziati fondi per gli F-35 nella Legge di Stabilità per l’anno 2014, che sarà discussia a breve in Aula.
Infine, la Campagna lancia un appello a tutti i territori, le associazioni, gli Enti Locali che hanno sostenuto in questi anni la richiesta di cancellazione dell’acquisto degli F-35: «Serve una ripresa della nostra azione, l’intenzione è quella di costruire centinaia di iniziative in tutta Italia per un “Autunno di azione contro gli F-35” dal 20 ottobre al 30 novembre, periodo che sarà anche caratterizzato da nuove forme di mobilitazione per ogni singolo cittadino grazie ad una foto-petizione da 100.000 volti”. Il problema non è più soltanto la contrarietà a questa spesa militare, ma anche “il mancato rispetto verso gli italiani e loro attuali difficoltà economiche e verso il Parlamento e le sue prerogative democratiche e sovrane di poter decidere della destinazione di fondi pubblici e dell’eventuale blocco di acquisti armati inutili e costosi».
——————————————————-
Export di armi: i governi italiani favoriscono i gruppi bancari esteri
Giorgio Beretta
www.unimondo.org
E’ stata finalmente pubblicata sui siti di Camera e Senato la “Relazione annuale della Presidenza del Consiglio sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo delle esportazioni, importazioni e transito dei materiali di armamento” trasmessa dal presidente del Consiglio Enrico Letta al Parlamento lo scorso 17 giugno, con oltre due mesi di ritardo rispetto a quanto previsto dalla legge 185/90 che fissa come termine il 31 marzo di ciascun anno.
Unimondo già dallo scorso luglio è stato in grado di anticipare i dati salienti delle esportazioni di sistemi militari attribuibili – come spiega una succinta nota del premier Letta allegata alla Relazione – al precedente governo Monti: si tratta di oltre 2,7 miliardi di euro di autorizzazioni all’esportazione di armamenti rilasciate dall’esecutivo dei tecnici (ma il valore esatto è di quasi 3 miliardi di euro) e altrettanti per le effettive consegne di soli materiali militari (2.979.152.817 euro). Il maggiore acquirente è Israele soprattutto per l’ordinativo alla Alenia Aermacchi di 30 velivoli addestratori M-346 e altro materiale per un valore complessivo di quasi 473 milioni di euro. Tra i principali destinatari di sistemi militari, oltre agli Stati Uniti (419 milioni di euro), figurano l’Algeria (263 milioni), l’Arabia Saudita (245 milioni) e il Turkmenistan (216 milioni).
Le operazioni delle banche: BNP Paribas e Deutsche Bank al comando
Tra gli allegati che fanno parte della Relazione governativa figura la relazione predisposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (quest’anno inserita nel Volume I) che tra l’altro rendiconta il numero e l’ammontare complessivo delle operazioni autorizzate agli Istituti di Credito per esportazioni di sistemi militari. Si tratta di 759 operazioni di esportazione definitiva per un valore complessivo di oltre 2,7 miliardi di euro (€ 2.761.213.331). Al riguardo, il ministero ha inoltre autorizzato operazioni bancarie relative a pagamenti per compensi di intermediazione per un totale di oltre 62 milioni di euro.
A guidare la classifica (si veda la Tabella in .pdf) è ancora una volta il gruppo francese BNP Paribas con oltre 1.050 milioni di euro: la parte più consistente delle operazioni è svolta da BNP Paribas Succursale Italia (quasi 942 milioni di euro pari al 34,1%) mentre la controllata Banca Nazionale del Lavoro ne ha svolti per oltre 108 milioni di euro (pari al 3,9%). Al secondo posto si conferma il colosso tedesco Deutsche Bank che ha assunto operazioni per oltre 743 milioni di euro (il 26,9%).
Al terzo posto ritorna, e soprattutto con una singola operazione di forte consistenza (si veda più avanti), UniCredit che nelle’insieme ha assunto autorizzazioni per quasi 541 milioni di euro (il 19,6% sul totale). Al quarto posto troviamo Barclays Bank che ha svolto operazioni per oltre 232 milioni di euro (l’8,4% del totale). Nel loro insieme questi quattro gruppi bancari hanno realizzato operazioni relative ad incassi per esportazioni di armamenti italiani per 2.566 milioni di euro, pari al 93% del totale.
In forte diminuzione le operazioni assunte dalle banche del gruppo UBI Banca (meno di 5,5 milioni, erano quasi 172 milioni nel 2011) mentre è praticamente assente, per il terzo anno consecutivo, il gruppo Intesa Sanpaolo che dal luglio del 2007 ha sospeso definitivamente “la partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d’arma, pur consentite dalla legge 185/90”. In crescita, invece, le operazioni svolte dalla Cassa di Risparmio della Spezia (68,5 milioni di euro) che dal 2011 è stata incorporata nel gruppo Cariparma – Crédit Agricole la quale nel 2012 ha assunto operazioni pressochè irrilevanti rispetto agli oltre 179 milioni di euro dell’anno precedente. Seguono quindi Commerzbank (32 milioni di euro), Société Générale (17 milioni), il Banco di Sardegna (quasi 15 milioni), Europe Arab Bank (quasi 14 milioni) e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (11,6 milioni) ed alcune banche italiane: Banca Valsabbina (11,3 milioni), Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio (quasi 7 milioni) e Banca Carige (5,5 milioni).
UniCredit triplica e finanzia gli addestratori M-346 per Israele
UniCredit torna nel business dell’export di sistemi militari: non solo ha triplicato il valore delle proprie operazioni nel settore (dai 178 milioni di euro del 2011 ai 541 milioni del 2012) ma il nuovo impegno nel settore militare da parte del principale gruppo bancario italiano appare chiaro se si considerano sia la tipologia delle operazioni recentemente assunte sia la consistenza del sostegno ai “programmi intergovernativi”.
UniCredit ha infatti deciso di offrire propri servizi finanziari alla maggiore singola operazione di esportazioni di armamenti del 2012: si tratta del contratto della Alenia Aermacchi per la fornitura a Israele di 30 velivoli da addestramento M-346. “L’operazione, parte dell’accordo di collaborazione tra il Governo Italiano e quello Israeliano firmato a luglio 2012, prevede il supporto di Sace Spa e Cassa Depositi e Prestiti Spa, società controllate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze” – spiega una nota apparsa sul sito del gruppo UniCredit (qui in .pdf) proprio oggi dopo la pubblicazione di questo articolo di Unimondo.
Di fatto, l’accordo per circa un miliardo di dollari relativo agli aerei addestratori M-346 per i piloti dei caccia d’attacco F-35 (che Israele ha intenzione di acquisire dalla Lockheed Martin) in cambio dell’acquisto da parte dell’Italia di un pacchetto da un miliardo di euro di velivoli senza pilota e altro materiale bellico, rappresenta un mutamento considerevole nella politica estera del nostro paese: negli ultimi 20 anni le esportazioni di armi dall’Italia verso Israele infatti erano state quanto mai contenute.
Va anche ricordato che il velivolo M-346 non è solo un aereo per l’addestramento dei piloti: come spiega la brochure ufficiale di Alenia Aermacchi (qui in .pdf) “dall’inizio del programma, l’M-346 è stato concepito con l’aggiunta di capacità operative, con l’obiettivo di fornire un aereo da combattimento multiruolo molto capace, particolarmente adatto per l’attacco a terra e di superficie compreso il CAS (Close Air Support), COIN (COunter INsurgency) o anti-nave, nonché le missioni di polizia aerea”. L’accordo congiunto Italia-Israele, data la rilevanza finanziaria dell’operazione e le implicazioni sulla politica estera del nostro paese, ha sollevato le proteste delle associazioni varesine e nazionali che da tempo hanno promosso la mobilitazione “Nessun M-346 a Israele”.
UniCredit figura inoltre al primo posto nella lista delle banche che hanno aperto linee di credito per sostenere i “programmi intergovernativi” (qui la Tabella in .pdf), quei programmi, cioè, che prevedono l’impegno congiunto del ministero della Difesa italiano con quelli di altri paesi per la produzione di armamenti: UniCredit ha assunto operazioni in questo settore per più di 738 milioni di euro (nel 2011 la cifra era superiore agli 870 milioni) che riguardano soprattutto due caccia multiruolo; gli Eurofighter Typhoon – EFA (694 milioni di euro) e i Tornado (oltre 26 milioni di euro). Seguono Deutsche Bank (poco meno di 316 milioni) e Intesa Sanpaolo (126 milioni), che però, come si è detto, è uscita del tutto dalle operazioni di esportazione a seguito dell’adozione nel 2007 della nuova direttiva.
Così i governi Berlusconi e Monti hanno favorito i gruppi esteri
Dalla Relazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze predisposta dal Dipartimento del Tesoro (Direzione V) manca anche quest’anno il voluminoso “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito” che è stato presente nelle Relazioni governative dai tempi dei governi Andreotti fino all’insediamento dell’ultimo governo Berlusconi nel maggio del 2008. Come Unimondo ha prontamente documentato (ricostruendo i vari passaggi della vicenda), a partire dalla relazione inviata al Parlamento dal governo Berlusconi il 6 maggio 2008, il “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito” è stato sostituito dal “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Aziende” che non riporta però l’elenco delle singole operazioni autorizzate agli Istituti di Credito per le esportazioni di armamenti italiani. La sostituzione, mai giustificata al Parlamento, ha sottratto informazioni di primaria importanza alla Campagna di pressione alle “banche armate”: proprio in quel periodo, infatti, la Campagna cominciava a raccogliere i frutti della propria azione di pressione sugli Istituti di credito a cui aveva chiesto di regolamentare e rendere più trasparenti i finanziamenti e i servizi offerti all’industria militare e al commercio di armi.
Diversi e importanti gruppi bancari italiani hanno infatti risposto positivamente alle richieste della Campagna “banche armate” emanando direttive rigorose e restrittive in materia o sospendendo del tutto i servizi e i finanziamenti al settore dell’export di sistemi militari (si veda la lista sottoriportata). Il venir meno di quel voluminoso “Elenco di dettaglio” (che indicava i paesi contraenti e i valori per compensi di intermediazione bancaria per ogni singola operazione autorizzata) ha lasciato agli attivisti della Campagna solo la tabella con i valori generali delle operazioni svolte dalle banche (quella qui scaricabile in .pdf). Un dato troppo generico per poter mettere in atto precise pressioni sulle banche. Questa sottrazione di informazioni dalla Relazione governativa sta continuando a favorire i gruppi bancari esteri che operano in Italia e soprattutto quelli che non hanno emanato direttive e non offrono alcuna rendicontazione sulle operazioni finanziarie nel settore degli armamenti e sulle esportazioni di sistemi militari.
Un regalo che i governi Berlusconi e Monti hanno continuato a fare alle banche estere. E che il governo in carica ci auguriamo smetta di elargire ripristinando tutte le informazioni che gli due ultimi governi hanno fatto mancare.