In seminario con il papa
Beppe Manni
“Nei seminari c’è troppa frociaggine” avrebbe detto il papa nell’assemblea a porte chiuse dei vescovi a Roma, parlando di seminaristi omosessuali. Un maligno vescovo-talpa ha consegnato alla stampa l’informazione forse dietro trenta denari.
Da alcuni anni sono emersi scandali su alcuni preti legati alla pedofilia, stupri, violenze, scandali finanziari. Ecc. Questi cattivi comportamenti, non riguardano solo il clero, ma i media ci sguazzano dentro, squalificando una categoria che presta un prezioso servizio non solo religioso alla società.
Sono stato in seminario 13 anni. A 11 anni entrai nel seminario minore di Nonantola. Di 100 seminaristi diventarono preti solo 10. Disciplina ferrea, silenzio, preghiere e punizioni. Ambiente chiuso alla società civile e al mondo femminile. Dal giorno dell’entrata eri destinato al celibato. Nessuna relazione con le donne: solo tua madre e la madonna… Accettavi tutto in modo confuso, come prezzo per diventare prete.
L’ambiente solo maschile e la repressione sessuale, era un terreno fertile per ‘amicizie particolari’ tra maschi, di attenzioni particolari di alcuni superiori che nell’adolescente intravvedevano una figura femminile o il figlio mancato dalla paternità negata. Già allora ci sembrava che chi aveva tendenze omosex o una virilità ‘leggera’ faticasse meno ad accettare la ‘verginità’.
Oggi non so come avvenga la selezione per diventare prete. So che l’obbligatorietà del celibato, la proibizione per le donne di fare non solo il prete ma perfino il diacono, sono regole fuori tempo supportate da citazioni bibliche scritte due mila anni fa.
Penso che queste antiche leggi siano in parte la causa di disordini affettivi e sessuali, di sofferenza e solitudine e di alcuni problemi psichici del clero. Non certamente curabili con lo psichiatra. Non si può obbligare un uomo o una donna per tutta la vita a privarsi di una relazione affettiva e di una famiglia. Mi sembra una ‘responsabile’ castrazione in nome di dio.
Tutti conosciamo uomini e donne anche laici, che rinunciano ‘liberamente’ a crearsi un famiglia per diventare padri e madri di molti.
Se il prete avesse una sua ‘casa’ sarebbe sentimentalmente più sereno e aiutato nel suo ministero come avviene tra i pastori protestanti.
Da “Il diario di un parroco di paese” di G. M. “Don Carlo dopo aver finita la funzione del mese di maggio, si siede nell’ultimo banco del Santuario, osserva la madonna che vezzeggia il suo bambino: ‘Ma perché anch’io questa sera non posso cenare con la mia donna, dormire accanto a lei, stringere tra le braccia non i figli degli altri ma il mio bambino? Perché quando saranno finiti i miei giorni non potrò tenere la mano di mia figlia che mi accompagna dolcemente nell’ora della nostra morte? Il Dio Padre non può essere così crudele con me”.
(Gazzetta di Modena, 2 giugno 2024)