39° Incontro nazionale delle CdB — 1-2 maggio 2021
“Tramonto del Cristianesimo o tempo di rigenerazione?”
SABATO 1° MAGGIO
ore 14.30 – collegamenti
ore 15.00 – saluto e introduzione a cura della Segreteria
ore 15.15 – relazione di Lidia Maggi: “Pietre miliari di una fede adulta vissuta in questo oggi”
[TESTO DELLA RELAZIONE (*.pdf)]
ore 16.00 – relazione di Marinella Perroni: “Verso il superamento del patriarcato?”
[TESTO DELLA RELAZIONE (*.pdf)]
ore 16.45 – dibattito
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DOMENICA 2 MAGGIO
ore 9.00 – collegamenti
ore 9.30 – relazione di Franco Barbero: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu va’ e annuncia il Regno”. Piccoli passi possibili in un cammino di sinodalità, senza chiedere permesso
[TESTO DELLA RELAZIONE (*.pdf)]
ore 10.15 – dibattito
ore 11.15 – preghiera comunitaria
ore 12.00 – conclusioni e proposte per proseguire il cammino
COMUNITÀ CRISTIANE DI BASE – SEMINARIO 2021
Luigi Sandri
Confronti, n°6 – giugno 2021
Tramonto del Cristianesimo o tempo di rigenerazione? Questo il tema del Seminario 2021 delle Comunità cristiane di base, svoltosi – in streaming – nei primi due giorni di maggio. Circa 250 le persone iscritte, appartenenti ad una diecina di Comunità. Hanno approfondito il tema, in tre relazioni, Lidia Maggi, pastora e biblista valdese; Marinella Perroni, teologa cattolica; Franco Barbero, teologo e animatore della Cdb Città di Gap di Pinerolo.
Paolo Sales, introducendo i lavori, ha fatto suo il leit-motiv delle riflessioni preparatorie all’incontro, svoltesi tra l’autunno e l’inverno, tra la citata Comunità, e quella di Piossasco (TO), in vista dell’incontro di maggio: «Il tempo che stiamo vivendo è un kairos», cioè un momento opportuno per fare scelte consapevoli e audaci alla sequela del Vangelo di Gesù.
Pietre miliari di una fede adulta vissuta in questo oggi: sviluppando il tema, Maggi ha rilevato che siamo usciti, sì, dal “regime di Cristianità” avviato 1700 anni fa da Costantino, ma per andare dove? «Adesso ci troviamo a fare i conti con alcuni segnali che sembrano indicare una fine del Cristianesimo», perché le sue parole, i suoi simboli, i suoi testi fondativi «non sono più riferimento culturale condiviso». Siamo dunque invitati «a ripensare la fede, a provare a orientarci in questo mutamento di paesaggi, a cercare quelle pietre miliari in grado di tracciare percorsi che ancora scommettono sul Vangelo di Gesù in questo tempo di disaffezione». Quale cammino intraprendere, dunque? Forse, ha concluso Maggi, occorre provare a ridire il corpo, cioè tornare a domandarsi «cosa vuol dire vivere, essere umani, abitare la terra, fare i conti con l’altro», superando il vecchio cristianesimo «che ha puntato tutto sull’anima senza i corpi».
Verso il superamento del patriarcato? Marinella Perroni ha rilevato: «Non molto tempo fa l’espressione “collasso del patriarcato” sembrava indicare il punto di non ritorno di un processo ormai irreversibile: anche riguardo a questo, abbiamo peccato forse della stessa ingenuità con cui pensavamo di aver colpito al cuore del capitalismo, delle multinazionali, del colonialismo, della guerra». Con un’ampia panoramica storica, la relatrice ha poi analizzato che cosa abbia voluto dire, nello sviluppo della società civile, l’ammissione delle donne al voto: una scelta politica che oggi rappresenta un traguardo non più discutibile in tutto il mondo.
Venendo poi a parlare di donne/uomini, e di “patriarcato” nella Chiesa romana, Perroni ha citato la teologa cattolica statunitense Mary Daly che, 50 anni fa, «ha avviato la sua decostruzione del cristianesimo a partire dalla figura di Dio padre con l’affermazione provocatoria “Dio è maschio, allora il maschio è Dio”» E, su questa linea di pensiero, ha aggiunto: «La biblista Elisabeth Schüssler Fiorenza ha coniato il termine “kyriarchia” per indicare ciò che altre hanno denominato “patriarcato”, ovvero una struttura piramidale di relazioni gerarchiche maschili che parte però dalla concezione stessa di Dio».
Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu va’ e annuncia il Regno. Piccoli passi possibili in un cammino di sinodalità, senza chiedere permesso: su questo tema, Barbero ha rilevato che, partendo dalla propria concreta esperienza, le Comunità cercano di attuare la “sinodalità”, cioè la partecipazione di tutti e tutte nelle decisioni necessarie per inverare come Chiesa, qui e ora , l’Evangelo: «La richiesta della sinodalità non è un capriccio per esserci, ma la fatica e la responsabilità di esserci; e la Chiesa deve esserci più per ascoltare che per insegnare». Anche sotto Francesco si parla moltissimo di “sinodalità”, e a Roma si fanno “Sinodi”: ma, ha concluso il relatore, il “popolo di Dio” non è interpellato, né davvero rappresentato; sono sempre i vescovi e, infine, il papa, a decidere: «Questa retorica e questa finzione vanno smascherate e smantellate. I Sinodi debbono essere non solo consultivi, ma deliberativi».
Le tre relazioni hanno aperto un ampio ventaglio di problematiche che, nel dibattito delle Cdb, in parte sono state esaminate, e in parte affidate a successivi approfondimenti. Il Seminario ha anche approvato due mozioni (contro la CEI critica del ddl Zan; a difesa dei migranti), e aderito ad un appello antimilitarista.
Parto dal fatto che l’argomento del seminario non mi interessava quando è stato proposto e quando poi l’ho seguito ne ho avuto conferma. Le relazioni di Lidia Maggi e di Marinella Perroni non mi hanno sollecitato particolari riflessioni tranne forse di quest’ultima il pensiero sul “patriarcato che veste delle forme e toni del paternalismo”. Condivido alcune affermazioni ma a dire il vero quando afferma “può essere il cristianesimo forza propulsiva” sono molto perplessa perchè non conosco esperienze di “cristianesimo” che sia autonomo dalla istituzione chiesa e dalla sua gerarchia; forse proprio il cristianesimo delle CdB è stato ed è l’unico che mi ha dato, e mi da, “forza propulsiva”. Mentre mi sento di condividere l’affermazione “il Vangelo ha sempre salvato dalla miopia”.
La relazione di Franco Barbero l’ho vissuta come una lunga predicazione, come se parlasse ad un piccolo gruppo di “soliti” frequentatori della sua comunità. Le proposte che ha presentato come elaborazioni delle due comunità (via Città di Gap e Piossasco) non mi interessano minimamente: il sinodo di base e approfondire la dimensione sabbatica. Forse solo una ricerca su questo secondo argomento potrebbe avere un po’ di spazio ma come riflessione aggiuntiva ad una analisi più ampia sul capitalismo e neoliberismo; mi è sembrato esagerato affermare “le quattro dimensioni del sabato per sconfiggere il monoteismo del capitalismo…”. Sul discorso “contaminazioni” credo sia superato: chi frequenta le CdB ha una lunga storia di contaminazioni.
Anch’io, come ha scritto nel commento sotto Beppe Pavan, mi sento di essere in cammino oltre la religione nella quale sono nata e sono stata educata (cultura occidentale); nello stesso tempo non posso fare a meno di definirmi cristiana, non per una sorta di “identità”, ma perché è da quell’humus che ha preso origine il mio immaginario, il pensiero, anche i valori. Grazie alle donne e uomini della mia comunità ho potuto “convertirmi” alla buona novella di Gesù coniugando la ricerca della mia spiritualità con quella di una vita sempre tesa alla coerenza di pensieri ed azioni secondo i miei limiti.
Personalmente ho fatto delle scelte per andare oltre il “chiedere il permesso” all’istituzione-chiesa. Non mi sono sposata “in chiesa” non partecipo ai riti “in chiesa” non ho chiesto la benedizione per il funerale civile di mio marito ma comunque non ho contestato la benedizione, chiesta dia miei familiari, che ha impartito il prete a mia mamma. Non partecipo ad alcuna iniziativa di parrocchia… insomma non ho contatti con la struttura della chiesa e sinceramente non ne sento la mancanza.
Mi piacerebbe poter avere in presenza uno scambio di idee perchè scrivere è uno strumento utile ma limitato, per quanto mi riguarda; sento molto più stimolante un confronto diretto.
PENSIERI E PROPOSTE
Ripensando al recente seminario nazionale vorrei innanzitutto soffermarmi sulla riformulazione del titolo fatta da Marinella Perroni: “Tramonto del cristianesimo come tempo di rigenerazione”. E sul primo passaggio del suo intervento: “Il patriarcato finirà solo dopo una profonda ri-creazione”. A questo punto ha parlato del ruolo decisivo del femminismo, che non prende di mira i maschi ma il patriarcato, che oggi si maschera da paternalismo… e ha proposto: “Questo nella Chiesa cattolica dovrebbe essere il tema dei temi… ma non ne vuole sapere del femminismo!”. Dall’intervento di Franco Barbero rilancio quanto ha detto di Gesù: “Cercate l’essenziale!”.
Durante il dibattito, poi, mi sono sentito in profonda sintonia con gli interventi – pur nella loro diversità – di Leo Piacentini, Gabriella Bianciardi, Peppino Coscione, Nino Lisi. Penso che sia davvero conveniente e necessario darci il tempo per approfondire questi temi, i nostri disagi e le linee di proposte che affollano le nostre giornate. Senza contrapporci, ma praticando l’ascolto vicendevole. A questo scopo è utile che circolino tra noi riflessioni, idee, interrogativi, che ci aiuteranno a progettare la giornata seminariale d’autunno.
Le mie riflessioni sono le seguenti:
1. Due parole continuano ad essere usate in modo inappropriato: Chiesa e cristianesimo. Inappropriato perché veicolano una inestricabile identificazione con “gerarchia”. Il clero ha colonizzato fino a identificarsi con la comunità: “Chiesa” è una parola da abbandonare, per far luce e dare libertà alla Comunità. Il clero/Chiesa si è storicamente identificato con il cristianesimo al punto da farne – e fare di sé – pensiero unico, dottrina dogmaticamente imposta, eliminando anche fisicamente, di volta in volta, le minoranze che contestavano. Oggi non succede più, semplicemente perché la comunità si è liberata, si sta liberando dal giogo di una gerarchia anacronistica e messa a nudo. Dobbiamo riscoprire sempre più che la piccola comunità di Gesù è diventata presto gerarchia di pastori, distinguendosi dal gregge. Quando il gregge se ne libera o li invita a entrare nella comunità alla pari, c’è chi lo riconosce e accetta e c’è chi lo rifiuta più o meno sdegnosamente. Ma non c’è più posto, in comunità, per la gerarchia, per i gerarchi, ai quali si applica bene quanto dice Gesù dei farisei e dei dottori della legge: “Guardatevi da loro… perché amano la ricchezza… ed essere riveriti”.
2. Il matriarcato non è il contraltare del patriarcato, ma significa che “in principio c’è la madre”. Non l’ho inventato io… l’ho imparato da loro, dalle femministe. Allora, mentre condivido l’invito evangelico a non riconoscere più “né padri né maestri”, ho pensieri diversi verso “madri e maestre”. Mia madre mi è stata maestra d’amore. Mia moglie mi è stata madre simbolica, perché mi ha ri-generato al mondo dell’amore reciproco. Le donne del femminismo mi sono, ognuna con il proprio carisma, maestre di amore, di rispetto, di autocoscienza, di gestione nonviolenta dei conflitti… Ma nessuna di loro mi si impone, bensì si propone e io le riconosco. La differenza con i patriarchi è incommensurabile e resta ancora di più irriducibile. Siamo noi uomini a dover fare il salto quantico verso il loro mondo, il mondo nuovo che loro hanno inaugurato liberandosi dal patriarcato, per godere finalmente anche noi il buen vivir, il benessere della libertà reciprocamente rispettosa, che assicura a ogni uomo e a ogni donna il benessere pieno, che viene solo da una vita di relazione piena, e tale lo è quando non esclude, ma si vive in totale armonia con tutte le creature che animano il cosmo.
3. Le mie proposte:
a) Lasciamo tramontare il cristianesimo! E’ una religione costruita dagli uomini, che purtroppo ha poco a che vedere con Gesù. Concentriamoci invece su Gesù, che era un laico e predicava la politica delle relazioni, il buen vivir sociale, la fine delle piramidi gerarchiche, che la religione alimentava e alimenta;
b) Propongo di lavorare per un “sinodo di base” che cerchi di coinvolgere tutti i movimenti sociali… O, meglio, smettiamo, noi cdb, di considerarci i terminali dell’interesse altrui, ma immergiamoci nelle iniziative di solidarietà e condivisione che nascono nella società;
c) I due filoni importanti del nostro impegno sono, secondo me, il “sinodo delle donne” e la “Costituente per la Terra”: iniziative non interne alle religioni, che possono essere davvero basi e contenuti per il sinodo delle “realtà di base” da pensare e progettare “oltre le religioni”, oltre i confini religiosi, che sono da abbattere.
d) Le nostre cdb rimangano luoghi in cui:
– riscopriamo la politica di Gesù all’interno dell’ordine simbolico della madre: sono temi che enuncio per titoli, ma che devono uscire dai piccoli gruppi per diventare materia di riflessione per tutte le comunità;
– ci motiviamo e ci prepariamo a “mischiarci/contaminarci” con i gruppi e movimenti territoriali, nazionali e globali, che camminano sui sentieri della giustizia e della salvaguardia del buen vivir in braccio alla Madre Terra.
NEL BEL MEZZO DEL GUADO
Dobbiamo essere sinceri ed obiettivi. Lo scopo del Seminario Nazionale di sabato e domenica scorsa di individuare cosa ci dovremmo lasciare alle spalle e cosa continuare a portare con noi, a mio avviso è in buona parte fallito. Non è stato però inutile, nel senso che ha mostrato chiaramente quante e forti siano le resistenze ad abbandonare l’ultima parte dei bagagli che alla luce delle cognizioni nuove che abbiamo acquisito possono risultare non solo inutili ma addirittura un impedimento a proseguire il cammino. Di molti pesi ci siamo liberati, ma ad alcuni sembra che siamo troppo affezionati per disfarcene.
Il Seminario ha mostrato che siamo come fermi nel mezzo di un guado, lontani dalla riva da cui siamo partiti alla quale ormai non possiamo più tornare, ma ancora distanti dalla riva di approdo e senza forze per fare l’ultimo tratto e raggiungerla.
Siamo dunque in una posizione rischiosa perché per cancellare il ricordo della nostra esperienza non occorre che sopraggiunga un’onda di piena ma può bastare il solo tempo che passa per disperdere il contributo del movimento delle CdB a rivitalizzare il cristianesimo traducendo in concetti e parole d’oggi l’annuncio, rivoluzionario in sé e per le conseguenze che ne derivano, che le donne e gli uomini nascono tutte e tutti eguali e liberi/libere perché tutte e tutti figlie e figli di uno stesso Dio.
Mi sembra che siano due le questioni cruciali sulle quali dovremmo riflettere e confrontarci per riuscire a superare le resistenze che ci frenano e trarre le conseguenze dalle consapevolezze raggiunte.
Se ad esempio abbiamo compreso che la Bibbia non è una monumentale lettera scritta da Dio con le parole umane per rivelarsi agli uomini e alle donne ma è il racconto della fatica che nel corso di millenni gli uomini e le donne vissute in una determinata regione della Terra hanno compiuto per farsi un’idea di Dio e dare un senso alla vita ed alla morte, dovremmo smettere di leggerla e studiarla come per distillarne gocce di verità rivelata valide oggi ed imparare a leggerla, come si legge la storia umana. Il che non è assolutamente poco, anzi è moltissimo, perché nascendo il presente dal passato per saperlo vivere dandogli un senso occorre conoscere e comprendere il passato. E se per dare senso al presente abbiamo bisogno di un’idea di Dio che vada bene per l’oggi non dobbiamo provare a trasferire al presente l’idea che i nostri antenati si sono fatti millenni fa, ma dobbiamo sobbarcarci a farcela noi con le parole ed i concetti nostri e che si poggino sulle odierne conoscenze delle scienze naturali, della filosofia, della psicologia.
Il che non significa abbandonare la Bibbia ma consultarla quando serva, eliminando l’aura sacrale che la circonda, senza aver paura di modificare o abbandonare idee nelle quali pure credevamo in passato, e trarre coerenti conseguenze.
Un altro passo decisivo per uscire dal guado riguarda la figura di Gesù di Nazareth. Se diamo per assodato che non ha fondato né una Chiesa, né il sacerdozio, né gli altri sacramenti, se abbiamo compreso che all’inizio non ci fu un peccato ed una maledizione cui dovessero necessariamente conseguire un sacrificio espiatorio e quindi un redentore, se non pensiamo più che Gesù sia stato Dio fattosi uomo, morto e risorto per salvarci, ma semplicemente un uomo benché straordinario in quanto portatore dello straordinario invito a volersi bene e a costruire un mondo solidale e giusto, se abbiamo compreso che il cristianesimo non è fatto di penitenze e sacrifici, di devozioni riti e liturgie, ma di opere di giustizia e reti di solidarietà e allora dobbiamo concentrare su queste il nostro impegno insieme a quanti e quante, a prescindere se siano credenti in un Dio, agnostici o atei concretamente fatichino per un mondo migliore che noi, sulla scorta del Nazareno, possiamo chiamare, se vogliamo, Regno di Dio.
Per esprimere questa realtà non occorrono ministeri, né templi; i segni e le parole con cui esprimevamo altre credenze sono del tutto inadeguate. Lo so che vi siamo affezionati che allontanarcene, specialmente non essendo molti di noi più giovani, è assai duro. Ma per uscire dal guado e non rischiare che vada perduto il patrimonio di un’esperienza ricca ed importante quale quella delle CdB è necessario farlo. Può aiutarci la ricerca di parole e gesti che esprimano compiutamente la ricchezza e la bellezza di ciò in cui crediamo oggi senza continuare ad indulgere a nostalgie del passato.
Per questo credo che sarebbe giusto aprire su questi temi una riflessione corale sul sito nazionale delle CdB e, se ce lo consentissero, su Adista, Confronti etc.
Abbiamo seguito i due giorni di riflessione che le comunità cristiane di base hanno dedicato al loro incontro nazionale nei giorni appena trascorsi dell’1 e 2 maggio.
Vogliamo subito dire che vi abbiamo partecipato con grandi aspettative: il tema annunciato “Tramonto del cristianesimo o tempo di rigenerazione” aveva sollevato in noi la speranza di poter affrontare, in uno sforzo teorico collettivo, i grandi nodi che la modernità pone alle fedi, in particolare al nostro cristianesimo “critico”.
Il bilancio delle due giornate è per noi deludente e, pur prendendoci la nostra quota di responsabilità, vogliamo in sede di bilancio rimarcare che agli atti rimangono:
– una relazione che ha suscitato, malgrado la indubbia generosità dell’approccio, uno stanco dibattito sul metodo storico critico di leggere la Bibbia,
– un’altra che ha riproposto una forte e certo condivisibile critica storica del patriarcato e, infine,
– una contenente le proposte di una sistematica “contaminazione” accompagnata dall’auspicio di una sinodalità di base.
Non è troppo poco? Né ci possiamo auto consolare con le scontate mozioni approvate sulla solidarietà ai migranti e sul severo giudizio espresso nei confronti dei tentativi di interferenze della CEI sulle ipotesi di regolamentazione delle sanzioni contro l’omotransfobia (ddl Zan).
Peraltro, il dibattito sui temi di cui al titolo del seminario è oggi vivissimo ed emerge carsicamente ora sui giornali, ora tra filosofi e politologi italiani ed europei attenti a ragionare sulle “risorse del cristianesimo senza passare per le vie della fede” o sui nuovi profili della secolarizzazione.
Anche la memoria di Küng, giustamente evocata, ci dovrebbe spingere ad una ricerca paziente sui nuovi paradigmi culturali nei quali questa cristianità (o il cristianesimo stesso?) incrocia un tramonto. Eppure i “gruppi dirigenti” del cattolicesimo e del cristianesimo sembrano manifestare una sorta di noncuranza (dimenticando l’ansia esistenziale e i moniti del gesuita Martini) nascondendo ogni assenza di ricerca dietro un pur encomiabile interrogarsi sui destini del pianeta.
Ma tutto ciò aumenta e non diminuisce le nostre responsabilità collettive ad interrogarci criticamente; giacché siamo coinvolti nel travaglio di ogni persona che, pur rifiutando le risposte dogmatiche delle religioni, non cessa di interrogarsi sul senso del vivere e del morire. E vuole vivere, pur laicamente, una dimensione spirituale della sua umanità.
Riteniamo infatti che sia la storia del movimento delle comunità cristiane di base italiane a chiamarci ad un impegno e ad uno sforzo di elaborazione che, per diventare annuncio liberante, deve assumere i connotati di un lavoro irreprensibile e, per quanto possibile, capace di esplorare nuovi sentieri.
TRAMONTO DEL CRISTIANESIMO O TEMPO DI RIGENERAZIONE? IL SEMINARIO NAZIONALE DELLE CDB
Valerio Gigante
Adista Notizie n° 15 del 15/05/2021
40652 ROMA-ADISTA. Il Seminario nazionale delle Cdb quest’anno – causa pandemia – si è dovuto svolgere, come tanti altri eventi, solo online. Un limite forte per una realtà che ha fatto della presenza, nei territori, nella dimensione sociale e civile, una caratteristica fondamentale della propria storia di azione ecclesiale e politica. Ciononostante, l’incontro svoltosi sulla piattaforma zoom il 1° e 2 maggio scorsi, è stato intenso e molto partecipato, con circa 250 presenze, appartenenti a una decina di comunità sparse sul territorio nazionale. Il tema scelto quest’anno era “Tramonto del Cristianesimo o tempo di rigenerazione?”. Si trattava della seconda tappa di un percorso di riflessione e confronto iniziato nel 2019 con il 38º Incontro nazionale delle CdB “Vangelo e Costituzione oggi. Credenti disobbedienti nella Chiesa e nella società”. Il seminario era stato preceduto, in autunno e inverno, da diversi incontri realizzati online. Il percorso è stato quindi articolato e caratterizzato da molti contributi provenienti dalle realtà locali.
Nell’introdurre i lavori, Paolo Sales, della comunità di Torino ha ripreso proprio una delle riflessioni inviate nella fase preparatoria della comunità di Pinerolo-Via Città di Gap e Piossasco, che definiva «il tempo che stiamo vivendo un kairos», ossia «una stagione ricca di stimoli». La fede vissuta dal movimento in questi 50 anni, ha spiegato Sales, ci «spinge ad abitare il presente con fatica, ma con altrettanta gioia e speranza». Con quella che J. Baptist Metz chiamava la “Mistica degli occhi aperti”, «in cui l’adorare Il mistero di Dio e lottare per la giustizia si richiamano si abbracciano e si fecondano a vicenda in questo tempo di crisi come quello che stiamo attraversando ». I tempi attuali «manifestano un grande bisogno di Dio, di trascendenza e senso che non è fuga dalla realtà, ma riscoperta di un tempo qualitativamente valido, capace di offrire nuovi orizzonti di senso. Per questo, ha detto Sales, le CdB ritengono che possa essere utile «riflettere con attenzione sui compiti, le responsabilità che abbiamo come singoli credenti e come comunità». «Crediamo profondamente che il nostro sia un tempo opportuno per la ricerca di un dialogo con ogni esperienza di fede, in ogni spazio possibile, nella piena fiducia che questo sia occasione di rigenerazione della fede e di ecclesiogenesi », che è «cammino per reinventare la fede e la Chiesa che la testimonia». Perché testimoniare la fede nel Dio di Gesù «significa cercare nuovi linguaggi capaci di parlare al nostro tempo e alle persone che lo abitano; significa costruire opportunità, occasioni, spazi visibili a partire dai momenti fondanti della nostra esperienza».
Insomma, il Seminario delle CdB ha approfondito un tema su cui da tempo – anche su Adista – diverse realtà del cristianesimo progressista e conciliare sono impegnate a riflettere. Mutato radicalmente negli ultimi decenni il quadro ecclesiale, affievolitosi in gran parte l’orizzonte di impegno e militanza che caratterizzava alcuni settori della Chiesa e della società, non solo bisogna riflettere sul proprio ruolo nella dimensione contemporanea, ma anche chiedersi quale Dio, quale Chiesa, quale Vangelo comunicare in una società tanto mutata, dove le pratiche, le metodologie, i linguaggi stessi di un tempo appaiono incapaci di comunicare efficacemente i valori comunitari e incarnati e vissuti.
Immaginare il nuovo
Nel suo intervento, la pastora e biblista valdese Lidia Maggi ha descritto così la situazione: «Abbiamo sognato la fine della cristianità, ovvero quel modello di Chiesa che dalla svolta costantiniana in poi ha segnato la fine di quel potere in Occidente; però adesso ci troviamo a fare i conti con alcuni segnali che sembrano indicare una fine del cristianesimo», perché «le parole, i simboli, i testi del cristianesimo non sono più riferimento culturale condiviso». Oggi, «in una società così fortemente caratterizzata dall’individualismo, ci si trova sempre più di fronte una fede fai-da-te, non comunitaria; a una sorta di un cristianesimo ibrido», con la «la consapevolezza che alcune esperienze forti del dopo Concilio stanno tramontando». «Questi segnali di tramonto del cristianesimo ci spingono piuttosto a ripensare la fede, a provare a orientarci in questo mutamento di paesaggi, a cercare quelle pietre miliari in grado di tracciare percorsi che ancora scommettono sul Vangelo di Gesù in questo tempo di disaffezione». Infatti, «c’è differenza tra leggere la realtà e reagire alla realtà». «L’atteggiamento militante ci spinge spesso a prendere subito posizione, assumere alcuni valori e contestare disvalori, ma oggi l’urgenza ci chiede di fare un passo indietro che non vuol dire dismettere una mentalità critica e vigile sulla realtà, ma fare davvero i conti con una realtà complessa, che cambia velocemente e richiede tempo per convogliare le energie necessarie alla stessa comprensione».
In questa prospettiva, Lidia Maggi ha individuato due punti cui orientarsi per tracciare nuove strade nel deserto della modernità in cui un vecchio modo di pensare il cristianesimo muore. Il primo è quello di un cristianesimo che sappia ridire il corpo. Cioè tornare a domandarsi «cosa vuol dire vivere, essere umani, abitare la terra, fare i conti con l’altro», superando il vecchio cristianesimo «che ha puntato tutto sull’anima senza i corpi». L’altro riferimento è la capacità di «immaginare il nuovo che ancora deve venire». «Si può vivere una leggerezza che necessita di spogliarsi di bagagli pesanti della dialettica, della polemica, del lamento. Senza rinunciare allo sguardo critico cercare di essere militanti leggeri».
Il Vangelo ci salverà
Marinella Perroni, riprendendo le considerazioni di Maggi, ha rilevato che a suo giudizio «il titolo generale del seminario sarebbe forse dovuto essere “il tramonto del Cristianesimo come tempo di rigenerazione”. Mi sembra – ha spiegato – che il tramonto di un certo cristianesimo possa essere un segnale di una possibile rigenerazione». «Non molto tempo fa espressioni come “collasso del patriarcato” sembravano indicare un punto di non ritorno, un processo ritenuto ormai irreversibile». Oggi «lo sguardo si è fatto un po’ più differenziato, meno ingenuo, più cinico. Comunque più attento a valutare la complessità enorme di un processo come quello della fine (?), trasformazione (?), riassetto (?) del patriarcato». «L’esperienza ci ha fatto abbandonare qualche ingenuità e ci ha aiutato a inoltrarci in un presente molto più complesso. Ci rendiamo conto che semplificare è veramente adulterare la realtà». Rispetto alle istanze del passato, allora, «siamo su un binario morto?», si chiede Perroni. La sua relazione indica piuttosto «una situazione emergenziale da vivere e interpretare». D’altronde, sottolinea, «non è vero che siamo sempre in un’epoca di transizione, se nella storia tutto si trasforma continuamente». Anche il femminismo ha lasciato un segno indelebile nella storia del ‘900, nonostante i tanti passi indietro rispetto alle conquiste del passato, e nonostante ancora «la Chiesa cattolica non ne voglia sapere di accettare l’interlocuzione storica che il femminsmo ha seminato tra ‘800 e ‘900 nella storia». Certo, Il femminismo contemporaneo non è privo di ambiguità: «A chi si rivolge, chi prende di mira? I maschi o il patriarcato?». «Sembrerebbe – nota la teologa – più i maschi che il patriarcato». E «le rivendicazioni delle donne oggi a cosa mirano? A prendere il posto dei maschi, o a trasformare in profondità una situazione nella quale hanno preso forma tutti i tipi di patriarcato?». Perroni si chiede quindi quale femminismo può oggi sconfiggere il patriarcato. E suggerisce due strategie: «l’implosione di una sessualità binaria giocata esclusivamente sul maschile femminile» e «l’intersezionalità, che afferma che le concettualizzazioni classiche che esprimono le oppressioni tipiche della società, il razzismo, il sessismo, l’abilismo, lo specismo, l’omofobia, la transfobia, la xenofobia avvengono a partire da una base multidimensionale e tutte queste forme di disuguaglianza, tutte espressioni del patriarcato, sono interconnesse e non agiscono in maniera autonoma». Il nuovo femminismo radicato nella modernità, torna oggi nuovamernte ad assumere una visione sistemica, afferma Perroni, «non più ideologica, ma pragmatica». Se la cristianità tramonta, il cristianesimo può essere ancora una forza propulsiva. Il vangelo ha sempre contribuito a salvare dalla miopia e a dare lungimiranza.
Il giorno successivo è stata la volta di Franco Barbero, biblista, teologo, storico animatore del movimento delle Comunità di Base. Il suo intervento intendeva individuare alcuni piccoli passi possibili in un cammino di sinodalità, «senza chiedere permesso». Perché, ha spiegato, «la richiesta della sinodalità non è un capriccio per esserci, ma la fatica e la responsabilità di esserci; e la Chiesa deve esserci più per ascoltare che per insegnare». Il linguaggio sinodale, molto di moda nella Chiesa odierna, non c’entra nulla con la vera sinodalità. E rischia di esserne la mistificazione. Anche sotto papa Francesco si sentono tante voci, ma chi decide è sempre una soltano. «Questa retorica e questa finzione vanno smascherate e smantellate». «La sinodalità non deve essere intesa come esclusivamente consultiva, come accade oggi; deve essere soprattutto deliberativa». «Altrimenti continueremo ad avere Sinodi che trattano di tutto e documenti post sinodali che negano ciò che è stato l’oggetto di un dibattito spesso anche appassionato».
Non conoscevo le comunità di base. Grazie alla segnalazione di un’amica ho partecipato con molto interesse al vostro incontro. Sono stati due giorni molto intensi. Sono stata piacevolmente stupita dall’entusiasmo dei partecipanti. Da’ speranza vedere così tante persone provenienti da tutta Italia incontrarsi e dialogare su temi di spessore. Cercherò di rimanere in contatto con voi. Buon lavoro.
Grazie per questo seminario, grazie per quanto condiviso, in particolare nelle due interessanti relazioni delle teologhe di sabato pomeriggio. Domenica mattina invece sono rimasta un po’ delusa: intervento abbastanza confuso, già sentito altre volte. Spesso non basta raccontare quello che si fa, non più almeno. Nessuna prospettiva o proposta concreta…
Sinodo della Chiesa di base… bella idea… ma qual è davvero la Chiesa di base? Forse quella che nel concreto si sporca le mani con gli ultimi, le donne maltrattate, gli stranieri, i poveri. Così presentato rischia invece di essere un sinodo di anziani intellettuali che la prospettiva della base l’hanno smarrita da anni. Mi è piaciuta invece la proposta del sinodo delle donne.
Tramonto del Cristianesimo o tramonto delle comunità di base? Davvero a sentire la relazione di domenica, me lo sono chiesto.
Quanto si invitano persone esterne a parlare può esserci il rischio che gli argomenti non siano centrati… in particolare nella relazione della prof.ssa Perroni dalla quale, avendola ascoltata altre volte, mi aspettavo di più: un’analisi più approfondita, più contenuti, più proposte concrete.
Ma quando il leader di un movimento dice quanto ha detto e lo presenta come la novità, la prospettiva del futuro, come se nessuno finora lo avesse pensato e tutti aspettano solo lui… allora davvero forse il tempo delle comunità di base è tramontato. Con amicizia
Grazie…Grazie…grazie di tutto. Sono stati due giorni di aria nuova che ho respirato. Sicuramente adesso però sarà importante passare concretamente ai fatti, senza lasciar passare troppo tempo. Sarà importante fare rete, discutere, progettare, coinvolgere più persone possibile, varie realtà…
Complimenti! Siete bravissimi nei titoli e nel creare aspettative… ma poi… contenuti superficiali e improvvisati. Mi riferisco in particolare all’intervento di domenica mattina (chiamarlo relazione è troppo). Se il sig. Franco Barbero non aveva tempo per prepararlo, non sarebbe stato meglio contattare qualcun altro che si preparasse in maniera più seria e rispettosa degli uditori? Elencazione del tutto autocentrata (si aspettava un “Bravo, bravissimo”?) di cose che fa (della sua “comunità”?) e poi “due proposte” già sentite e mai attuate…forse perché non realizzabili? Se le cose che ho sentito in questi due giorni sono le uniche prospettive che offrono le comunità di base… forse prima del Cristianesimo tramonteranno loro. E, forse, non sarà quella grave perdita.
Abbiamo seguito con molto interesse gli interventi ed il dibattito. Ci sentiamo vicini…
Come nostro piccolo contributo condividiamo con voi questa intervista che ci è stata fatta dal Centro di documentazione di Pistoia dal titolo “Con tutto l’amore di cui siamo capaci…il nostro modo di essere preti” (https://www.centrodocpistoia.it/wp/2021/03/25/con-tutto-lamore-di-cui-siamo-capaci-il-nostro-modo-di-essere-preti/)
Aderiamo ai tre documenti conclusivi del seminario e vi salutiamo tutti dal Mugello
Non voglio rubate tempo agli interventi che stanno felicemente fluendo in questa bella seconda mattinata del seminario. Mi limito a mettere per scritto un sommesso suggerimento.
Convinto che uno dei valori fondanti della nostra identità di CdB sia quello della laicità e considerando l’età media dei partecipanti al movimento che fra pochi anni avrà esaurito per motivi anagrafici la sua spinta propulsiva, mi piacerebbe che il “Sinodo della base cristiana” potesse avare al proprio centro proprio il tema della “fede cristiana vissuta laicamente” (non parlo solo di una declericalizzazione intraecclesiastica) e fosse organizzato (ripensiamo alla cattedra dei non credenti di Martini) come un dialogo con la cultura/le culture (non solo giovanili) di oggi coinvolgendo figure e voci “non religiose” che non nascondono il loro vivo interesse per la figura dell’uomo di Nazareth: provando a fare in modo che diventi un “sinodo in progress” capace di suscitare qualche risonanza non solo nel mondo cattolico.