“Quale futuro per le comunità di base?” – Fede senza teologia? di M.Vigli
Marcello Vigli
Cdb San Paolo – Roma
Dopo avere rivisitato il concetto di un Dio antropomorfo e avere riscoperto, sulle tracce di una ricerca teologica liberata da vincoli di fedeltà ai dogmi e alla tradizioni, grazie al metodo storico-critico, il Gesù storico, ebreo disobbediente di Galilea le Comunità di base italiane sanno che devono compiere un salto di qualità che consegni al terreno di una nuova e più radicale ricerca quello che un tempo chiamavamo la sequela di Gesù
Lo auspica Fausto Tortora nel suo intervento sul sito delle Cdb (https://www.cdbitalia.it/2015/12/31/una-nuova-sfida-per-le-cdb-di-fausto-tortora) rispondendo all’interrogativo Una nuova sfida per le Cdb? convinto che è sempre doveroso sottoporre le nostre azioni al vaglio analitico di una critica severa e ricorrente.
Proprio questo costante impegno a mettersi in discussione nel confronto con il rapido divenire della società e della comunità ecclesiale ha consentito al movimento di continuare, pur se a ranghi ridotti, nella sua esperienza di chiesa di base. Diventa così urgente raccogliere l’invito a compiere il salto di qualità proposto da Tortora cercando di individuarne la direzione.
A mio avviso il salto consiste nel rinunciare definitivamente ad ogni ricerca di nuovo confronto col divino, che, del resto, non è stata mai preminente fra le Cdb nella loro ricerca di identità nella fede.
Nel loro costante riferimento alla Parola non hanno trovato sollecitazioni in tal senso, la stessa bibbia in verità non dice mai chi è Dio, non ne dimostra l’esistenza e non ne parla mai come un oggetto della conoscenza umana come recita il Dizionario biblico, pur qualificandolo con vari nomi di cui uno che gli ebrei credevano impronunciabile.
Eppure Dio è presente e parla in tutta la bibbia. Forse sarebbe meglio prendere sul serio la risposta di Gesù a chi gli chiedeva di mostrare il volto di Dio chi vede me vede il Padre (Giov.14;9) e credere veramente nella sua solenne dichiarazione Io e il Padre siamo uno (Giov. 3,35).
Ai suoi fedeli, invece, fin dai primi secoli è sembrato troppo poco nel confrontarsi con chi era abituato a fare i conti con il dio dei filosofi. E’ nato, così, il dio dei teologi che, con Agostino e Tommaso, si è modellato con quello di Platone e di Aristotele e nei secoli successivi è venuto mutuando aggiustamenti da nuovi modelli filosofici. Inascoltati sono restati i cultori di una “teologia negativa” che sostenevano che di Dio si può solo dire quello che non è.
Nel tempo si sono così riempite intere biblioteche di libri di teologia e moltiplicate le dispute teologiche, risolte con le dichiarazioni dogmatiche che hanno portato ai roghi per bruciare gli eretici o, peggio, hanno fornito riferimenti ideali a guerre che, perciò, si chiamavano di religione.
Ai nostri giorni l’incauto riferimento ad una “teologia della liberazione” ha portato a condanne ed espulsioni preti colpevoli solo di voler rendere i loro battezzati consapevolmente cristiani e perciò capaci di rivendicare la loro dignità di uomini!
Anche papa Francesco è assillato da chi vuole Verità e non Misericordia!
Forse dovremmo prendere nuova forza dal suo rilancio del primato della prassi/amore per adeguare i nostri modi di vivere la fede in Gesù di Nazareth alle esigenze di quel prossimo il cui amore nel comandamento supremo viene considerato la misura del nostro amore per Dio.
Roma, 8 gennaio 2016
caro Marcello, anche tu dimentichi sempre di mettere le donne dove dovrebbero starci: “… con le dichiarazioni dogmatiche che hanno portato ai roghi per bruciare gli eretici E LE ERETICHE”, aggiungo io. Una di queste si chiamava Margherita Porete, bruciata a Parigi nel 1310 per un suo libro che parlava di Anima, Amore e Ragione. Una teologia inconcepibile per il potere della Chiesa di allora. Il libro non è sparito, ha girato per secoli nascosto per l’Europa. E’ rimasto nascosto finché una grande studiosa e ricercatrice, Romana Guarnieri, l’ha scoperto e tradotto in italiano. Il testo si intitola “LO SPECCHIO DELLE ANIME SEMPLICI”, e dona all’autrice la dignità di grande mistica, ai vertici della spiritualità medievale. Opera probabilmente conosciuta e utilizzata dal coevo Maister Eckhart. Il testo parte dalla radicale messa in atto dei precetti evangelici per giungere alla piena libertà dello spirito, propria di coloro che Gesù stesso chiama “amici e amiche”. Il libro si presenta anche oggi come un messaggio attuale: l’appello alla grandezza dell’anima, ovvero alla profondità dell’amore, che ne costituisce la realtà dinamica, fino a diventare, nell’amore, tutt’uno con l’Amore stesso. Chissà perché quando lo leggo ritorno sempre col pensiero a quanto ho vissuto all’Isolotto (Firenze) come protagonista negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso. Come sai quello fu il luogo dove cominciò l’esperienza della prima comunità cristiana di base in Italia, dove prese respiro la “libertà dello spirito, propria di coloro che Gesù stesso chiamava amici e amiche”.
Pensaci anche tu che nel 1968, dopo dieci anni dall’inizio di quella esperienza, sei venuto a trovarci e da allora siamo diventati amici. Con affetto, Mira.