La prostituzione non è un reato di L.Menapace
Lidia Menapace
dalla mailinglist lidia menapace
Riprendo il discorso, perchè ho visto, durante un dibattito da Floris sulla 7, che ancora vi sono molte confusioni in merito. E ancora si pensa che più “moderno” e avanzato sia regolamentare le prestazioni sessuali a pagamento con appositi indirizzi. Sono convinta che l’approccio corretto al fenomeno sia quello introdotto nel diritto italiano dalle senatrici Merlin (socialista) e Dal Canton (democristiana) ancora parecchi decenni fa.
Furono mosse dalla conoscenza del genere di “bella vita” che le prostitute vivevano nei bordelli, sottoposte praticamente a domicilio coatto, obbligate a prestazioni senza numero, esposte ad avvilenti visite mediche per accertare che non fossero affette da malattie trasmissibili sessualmente (non c’era ancora l’Aids), spostate come pacchi ogni 15 giorni da un bordello all’altro, oppure sfruttate da un “protettore ” o “magnaccia” che le piazzava per strada e le derubava del guadagno con brutale sfruttamento. Le due senatrici si informarono molto diffusamente e la Merlin spesso citava lettere e colloqui che ebbe con prostitute di allora, facendone conoscere la misera vita.
Derise e minacciate non lasciarono la lotta fino a che non riuscirono a far approvare la famosa “legge Merlin” che aboliva i bordelli e la conseguente entrata fiscale (le tasse venivano pagate dai proprietari degli stessi allo stato col solito detto latino che “pecunia non olet” (il denaro non ha odore), inventato da Vespasiano quando fece i pisciatoi pubblici e ne ricavò tasse). Le due senatrici si ricollegavano a una storica lotta condotta dal secolo XlX dai primi movimenti di emancipazione femminile, contro la “tratta delle bianche”, come si chiamava l’avviamento alla prostituzione di donne povere proletarie disoccupate e ammalate, paragonando il loro “arruolamento” a quello delle schiave che i mercanti “traevano” dai paesi africani.
La Merlin non si proponeva di abrogare la prostituziome o di redimere le prostitute, e riuscì a condurre su questo terreno laico e di diritto anche la Dal Canton che dalla sua fede cattolica molto profonda e seria portava con sè temi più “etici”. Il terreno infine scelto, cioè la lotta allo sfruttamento, la libertà di sesso e del suo uso fu quello giusto e consentì di far uscire dai casini migliaia di recluse e derubate. Da questo punto, che ancora è un merito del diritto italiano non si può recedere e ogni proposta di riaprire i bordelli, di collocare la prostituzione in appositi quartieri o locali o negozi é da respingere come liberticida e offensiva.
Se vi sono questioni relative a spettacoli di adescamento o offerta magari offensiva di prestazioni sessuali per strada, si tratti con le organizzazioni delle prostitute o di altri soggetti e ci si accordi con loro come cittadini e cittadine la cui attività si desidera meglio regolata. Qualsiasi decisione presa sulla loro testa -anche con le migliori intenzioni- è sempre indizio di un giudizio dato sulla libertà di altri. Ad esempio la proposta di legge per regolamentare l’esercizio della prostituzione, presentata dalla lega è molto brutta, contiene ad esempio la richiesta che le lavoratrici del sesso paghino tasse, questa materia va messa nella legge fiscale; e che vengano sottoposte a visita medica per la tutela della salute dei clienti: uguale richiesta va allora fatta per i clienti e si deve decidere che una prostituta ha il diritto di rifiutare , di non concedere prestazioni non protette, perchè anche la loro salute è da tutelare.
Come si dice: la materia è complessa.
Un triplo applauso postumo alla senatrice Lina Merlin e anche a Lidia Menapace che dice cose sensate e ragionevoli. Ed è importante certamente ascoltare sempre la voce che arriva dal mondo della prostituzione ed attuare iniziative concordate. Vediamo cosa c’è nel mio immaginario rispetto al mondo della prostituzione:
A) Una prostituzione tradizionale fatta di inganni, coercizione, sfruttamento dei papponi e di difficoltà a venirne fuori.
B) Una prostituzione moderna : i “sex workers” che si agitano perché la prostituzione “è un lavoro come un altro”, perché vogliono pagare le imposte , avere diritto alla pensione e a condizioni di lavoro più sicure.
A e B convivono nella realtà ma mentre il gruppo A) se la passa malissimo e tace il gruppo B) si agita e fa rumore.
Mi pare che sia sacrosanto che con chi andare lo decidano loro con ciò che ne consegue in termini di sicurezza. Quelli del gruppo B non credo che abbiano difficoltà mentre le attenzioni della forza pubblica e dei servizi alla persona dovrebbero essere indirizzate verso il gruppo A) per eliminare papponi, coercizione e per aiutare a venirne fuori chi a ciò è interessato. Il resto può confluire nel gruppo B.
Quelli del gruppo B) possono chiamarsi in inglese o in aramaico “lavoratori del sesso” senza che questo produca neppure lontanamente, per quel che mi riguarda, un “lavoro” come tutti gli altri. Non è un lavoro come tutti gli altri dove le persone vendono la loro forza lavoro. Si tratta invece del mestiere più antico del mondo dove le persone danno in locazione l’uso della propria persona e intimità. La prostituta è consenziente? Faccia pure. La prostituta raccoglie somme da far invidia allo studio notarile meglio avviato? Buon per lei. Io però non vorrei vivere in un Paese pappone e dunque non voglio per nessuna ragione che paghino imposte per il meretricio, epperò avrei la pretesa che provvedessero alle loro pensioni ed all’eventuale maggior grado di sicurezza, privatamente. Per fare i controlli sanitari possono andare all’ASL o pagare una ginecologa…tutto come vogliono. E per attuare iniziative il più possibile concordate, vorrei che concordassero anche, diciamo così, le manifestazioni di cattivo gusto, tenendo conto anche delle famiglie e delle loro esigenze, magari ipocrite finchè vuoi, ma c’è anche chi con il mondo della prostituzione non ha a che fare, che ha pena per le donne costrette ad una vita infame, e che si massacra per un lavoro onesto e mal retribuito mal sopportando di sentire che loro vanno fiere di ciò che fanno, che guadagnano a palate e che non tornerebbero indietro disprezzando i lavoratori umili e malpagati.