“Quando Dio era una donna” di Merlin Stone

Gabriella Natta

Sarebbe sufficiente scorrere l’amplissima bibliografia per qualificare il libro della statunitense Merlin Stone (Quando Dio era una donna, 2011, ed. Venexia, pagg. 296, € 18,70) come uno studio serio e approfondito delle religioni pre-patriarcali della Dea.

Scritto nel 1976 ma pubblicato in Italia solo nel 2011 (a pochi mesi dalla scomparsa dell’ottantenne studiosa) grazie all’editrice Venexia e a Luciana Percovich che ne cura la collana “Le Civette”, il libro documenta il cruento passaggio dalle religioni della Dea al monoteismo patriarcale ebraico e poi cristiano e musulmano che ne hanno preso lentamente il posto.

La ricerca della Stone si limita all’area del Vicino e Medio Oriente, intorno al bacino orientale del Mediterraneo (Egitto, Grecia, Mesopotamia, Assiria, Sumeria), per concentrarsi, nella seconda parte, sul territorio di Canaan, conquistato e colonizzato dal popolo ebraico, come leggiamo nei testi “sacri” della Bibbia ebraica. In quegli stessi anni (tra il 1968 e il 1980) l’archeologa Marija Gimbutas conduceva le sue campagne di scavi e pubblicava i suoi primi studi sull’età del bronzo (“Durante i miei scavi divenni consapevole che era esistita una cultura che era l’opposto di tutto quello che era conosciuto come indoeuropeo”).

La grande Dea è stata venerata dagli inizi del periodo neolitico, nel 7000 a.C., fino alla chiusura degli ultimi templi a lei dedicati intorno al 500 d.C., anche se alcuni studiosi fanno risalire la datazione delle prime forme di religione femminile a 25000 anni fa. Poiché gli eventi raccontati nella Bibbia si situano in epoca storica (si reputa che Abramo non sia vissuto prima del 1800- 1550 a.C.), per molti secoli dunque le due religioni hanno convissuto essendo diffuse tra popolazioni che vivevano a stretto contatto. “Prove archeologiche, mitologiche e storiche dimostrano che la religione femminile, lungi dallo svanire autonomamente, subì secoli di persecuzioni e repressioni continue da parte dei sostenitori delle nuove religioni”.

Merlin Stone, interessata soprattutto alle ripercussioni che la religione può avere sul tessuto umano e sociale, si domanda in che modo l’adorazione della Dea abbia influito sulla condizione delle donne che vivevano in quel contesto. E non vuole cadere nel circolo vizioso “per cui, poiché si adorava una Dea, allora sicuramente le donne godevano di uno status sociale elevato, oppure poiché le donne godevano di uno status sociale elevato, allora si adorava una Dea”. Certo, è abbastanza scontato pensare che esistesse una correlazione tra religione della Dea e assetto sociale, vista l’influenza esercitata poi dal monoteismo patriarcale giudaico-cristiano sulla vita concreta di donne e uomini.

E’ lei stessa a dirci: “Non sto suggerendo un ritorno all’antica religione femminile (…). Io spero, tuttavia, che la consapevolezza della venerazione, un tempo ampiamente diffusa, della divinità femminile come saggia Creatrice dell’Universo, di tutta la vita e della civiltà, possa essere usata oggi per infrangere molte immagini, leggi, usanze e stereotipi patriarcali, oppressivi e infondati, che i leader delle più recenti religioni maschili hanno sviluppato in reazione all’adorazione della Dea (…) che ancor oggi influenzano pesantemente tutti noi, anche i più estranei alla religione, poiché ancora pervadono la cultura, la legge, la letteratura, l’economia, la filosofia, la psicologia, i mezzi di comunicazione e più in generale tutti gli assetti sociali del nostro tempo” (pp. 28-29).

I materiali raccolti e catalogati da studiosi non certamente “femministi”, pur se ridotti a causa delle distruzioni intenzionali dovute all’ostilità verso religioni precedenti, oppure interpretati attribuendo loro un’identità maschile, sono comunque molteplici. Il gran numero di statuette della Dea rinvenuto in scavi del neolitico e agli albori della storia sono tra questi.

Poiché manca (ancora?) purtroppo una documentazione scritta che ci aiuti a inquadrare meglio l’organizzazione di quelle civiltà sepolte da millenni di storia patriarcale, alle studiose che se ne sono fatte carico e che instancabilmente continuano la loro ricerca, va la gratitudine delle donne.