Celebrazione del 2 novembre 2014 di CdbSanPaolodiRoma
C: Nel nome di Dio, che per noi è Padre e Madre, del Figlio e dello Spirito Santo.
T: Amen
Canto iniziale: Il pescatore (pag. 31)
Atto penitenziale
C: Facendo memoria di coloro che hanno già compiuto il loro cammino terreno, confermiamo la nostra fede nella infinita misericordia di Dio e nella vita che non muore.
C: Signore, tu sei la risurrezione e la vita. Abbi misericordia di noi. T: Signore, misericordia.
C: Cristo, tu sei la speranza che non delude. Abbi misericordia di noi. C: Cristo, misericordia.
C: Signore, tu sei la luce che vince le tenebre del peccato e della morte. Abbi misericordia di noi
T: Signore, misericordia.
C: Il Signore che mostra la sua onnipotenza nella misericordia, perdona i nostri peccati e ci conduce alla vita eterna. T: Amen
Prima lettura: Dal libro di Giobbe (19,1.23-27a)
Rispondendo Giobbe prese a dire: “Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro.
C: Per questa parola T: Rendiamo grazie a Dio
Salmo responsoriale
C: Chi spera in te, Signore, non resta deluso. T: Chi spera in te, Signore, non resta deluso.
C: Ricòrdati, Signore, della tua misericordia / e del tuo amore, che è da sempre. Ricòrdati di me nella tua misericordia, / per la tua bontà, Signore. T: Chi spera in te, Signore, non resta deluso.
C: Allarga il mio cuore angosciato, / liberami dagli affanni, / Vedi la mia povertà e la mia fatica / e perdona tutti i miei peccati. T: Chi spera in te, Signore, non resta deluso.
C: Proteggimi, portami in salvo; / che io non resti deluso, / perché in te mi sono rifugiato. / Mi proteggano integrità e rettitudine, / perché in te ho sperato. T: Chi spera in te, Signore, non resta deluso.
Seconda lettura: dal libro Conversazioni con Carlo Maria Martini, pp. 75-76
Il giornalista: Lei si prepara alla morte?
MARTINI: No, non mi preparo alla morte. Ho ancora molti interessi e anche obiettivi che vorrei analizzare. Alla morte ci si prepara quando ci si è allontanati da tutto il resto oppure quando bisogna prendere una decisione definitiva, non è ancora il mio caso e non credo neanche che sia il suo, che ha più interessi ancora di me. Però aggiungo: alla morte ci si prepara per tutta la vita.
Sì, ci si prepara per tutta la vita con gli atti che compiamo. Con i pensieri solo quando la fine è vicina. A me capita di pensarci quando a volte, nel pomeriggio o di notte, mi manca un po’ il fiato. Ecco, penso, forse ci siamo. E resto in attesa e in affanno fisico. È la questione della sopravvivenza di cui abbiamo già parlato.
Il giornalista: Eminenza, quando la nostra specie sarà scomparsa dalla terra, quando nessun essere penserà Dio, né Cristo, né Allah, perché i viventi non saranno più muniti della mente umana e dell’Io che ne è il coronamento e l’autocoscienza, allora Dio sarà morto anche lui? Io, non credente, penso questo. E lei?
MARTINI: Io penso che continuerà ad esistere insieme alle anime che hanno creduto in lui, ma non so dirle di più. Non so dire in quali forme. Ma di questo sono certo.
C: Per questa parola T: Rendiamo grazie a Dio
Terza lettura: dal Vangelo secondo Matteo (25,31-46) T: Gloria a te, o Signore
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
RIFERISCO brevemente la riflessione fatta nel gruppo: ci siamo concentrati un po’ sulla lettura di Giobbe e un po’ sul Vangelo (una sola riunione, soltanto primi passi di un percorso)
- Giobbe:
- Certo, non siamo davanti alla formulazione della fede nella “resurrezione”: prematura storicamente e fuori contesto anche di una cultura filosofica
- Ma certamente , l’autore del libro di Giobbe ci dà una boccata di ossigeno e di luce che contrasta con la interminabile diatriba dei “teologi” (amici del malcapitato Giobbe) che erano andati (niente di meno!) a consolarlo e blateravano da giorni al suo capezzale…
- (Rileggere Giobbe…antropomorfismi certo, ma…ti scaldano il cuore…
- Gianni ci ricordava, anche, una espressione assai significativa dell’antico Prefatio della messa dei defunti (il 2 novembre, oggi); diceva, a proposito dell’evento – morte: “Vita mutatur, NON tollitur”…la vita si trasforma ma NON viene rubata, presa …perché chi può prendere la vita ha deciso di trasformarla!
- E ci siamo interrogati: ma allora, gli Stalin, gli Hitler e la interminabile catena di complici e simili, anche per loro “nutatur e non tollitur” !? E siamo rimasti un poco a discutere, in un difficile equilibrio tra la RESPONSABILITA’ delle proprie azioni e la MISERICORDIA di Dio – padre e madre- che si è scelta per sé, la strada del perdono!
- Il vangelo di Matteo, forse ci ha permesso di fare qualche passo avanti.
Come spesso avviene– si presenta come ricostruzione e intreccio di diverse fonti. Tra esse c’è anche un pezzetto di una parabola, sulla quale la comunità di Matteo ha innestato una teologia del “giudizio finale” (non a caso introdotta con le parole “il Figlio dell’uomo”(v. 32 b)
Le parabole – lo sappiamo – spesso e purtroppo – anche nei vangeli e nella quotidiana pratica delle chiese – per secoli vennero lette e spiegate come se si trattassero di allegorie: in queste, ogni termine è il crittogramma di una idea e il tutto può essere interpretato solo da chi possiede la chiave del codice. Roba da iniziati…quindi molto eterodiretta. Una parabola, invece, si serve di un avvenimento di tutti i giorni a tutti nota (es. accendi la TV e apprendi che il tribunale della giustizia degli uomini ha assolto tutti e la morte-uccisione di Stefano Cucchi è come avvenuta per “ insufficienza di prove”…ecco su un fatto del genere Gesù di Nazareth avrebbe certamente reagito, cercando lo sguardo del “Padre” suo). A base delle parabole, dunque, erano spesso le diffuse pratiche di vita quotidiana normalissime e anche detti e racconti usuali e accettati, che quindi nessuno- questo è un elemento essenziale – metteva in discussione. Con l’approdo, poi, a messaggi e soprattutto a notizie (anghelion) spiazzanti, che cambiano verso al noto e al “normale” e all’ordinario.
QUI’, nel nostro caso:
- Il fatto a tutti noto era l’attività di selezione-valutazione-separazione che il pastore faceva ogni sera rientrando dai pascoli, su cui gli ascoltatori e le ascoltatrici non avevano niente da apprendere o da obiettare ( leggere Jeremias, pag. 244)
- La notizia da comunicare viene introdotta dal v.32 ( “ Davanti a lui verranno radunati i POPOLI” ( Jeremias, p. 247 : “i tratta di un problema molto concreto; e cioè: come saranno giudicati i pagani?…La domanda che veniva posta a Gesù , il rabbi di Galilea, era: secondo quale misura verranno giudicati i pagani, che tu non hai incontrato?…La risposta di Gesù è: anche ai pagani, io sono andato incontro come occulto Messia, nascosto nei miei fratelli”)
- Ecco, dunque, la questione NUOVA e grande con cui misurarsi ( era un PROBLEMA già del rabbi di Galilea, l’Ebreo marginale?…FORSE! ma certamente lo era della comunità di Matteo)
- Con il brano di Matteo ( 44- 45 ri-leggere), siamo messi di fronte a una potente e inattesa identificazione del Cristo risorto (il Signore) con le facce, i corpi, le persone in carne ed ossa, delle ore e i giorni di ogni tempo!
- Attenzione, però: non è la buona azione caritatevole che in sé fa la differenza (cosa che anche qualche ascoltatore del Galileo poteva accampare; e certamente la comunità di Matteo, che accudiva gli “orfani e le vedove”); la differenza la fa quel: “lo avete fatto a me; cioè: questi fratelli più piccoli sono ME stesso”
- Questa “buona- notizia” (eu-anghelion) risulta caratterizzante il messaggio cristiano dei primi tempi se anche Marco – in contesti totalmente diversi – scrive: “chiunque vi darà un bicchiere d’acqua per la ragione che siete di Cristo, in verità vi dico che costui non perderà la sua ricompensa.
- Chi ascolta viene messo di fronte alla “novità” che : chi si mette al seguito di Gesù di Nazareth, NON è chiamato a aderire ad una NUOVA dottrina (etica o religiosa), ma ad una Persona.
- (non siamo andati oltre, non c’era il tempo per altri approfondimenti)
Personalmente (e avverto che sono io ad interrogarmi, non il gruppo, e lo dico per rispetto al gruppo), ad esempio continuo a interrogarmi in questi termini: Chi sono i “piccoli”, chi sono gli “ultimi”, chi sono “i poveri”? (parole che metto rigorosamente tra virgolette). Mia modesta opinione: sconsiglierei di assumere il vangelo come luogo e forma di indagine sociologica – lo dico sommessamente ANCHE CON RIFERIMENTO AL PROSSIMO CONVEGNO DELLE CdB – INDAGINE e STUDIO sono sempre necessari, a volte indispensabili e doverosi, MA non da mettere a carico del vangelo, bensì delle proprie autonome rischiose ricerche e analisi; e quindi sotto le personali o di gruppo o di partito – insomma della proprie responsabilità…ma questa mia postilla è un’altra storia.
Mario
COLLETTA. Canto: Non è facile (pag. 51)
CANONE
Manda, Signore, il tuo Spirito
a vivificare questi doni,
che siano per noi
cibo di vita e di speranza
come per i primi discepoli,
uomini e donne
che accompagnarono Gesù
nel suo cammino.
Egli infatti,
nella notte in cui fu tradito,
mentre stavano mangiando, prese il pane,
fece la preghiera di benedizione, lo spezzò,
lo diede alla sua comunità
riunita intorno a lui e disse:
“Prendete, questo è il mio corpo”.
Poi prese la coppa del vino,
fece la preghiera di ringraziamento,
la distribuì e tutti ne bevvero.
Gesù disse:
“Questo è il mio sangue offerto per tutti;
con questo sangue Dio rinnova la sua alleanza”.
Ti preghiamo, Signore,
per l’amore che ci hai donato in Cristo,
di allontanare dalla tua Chiesa
e da ciascuno di noi
il gelo dell’egoismo,
che toglie la gioia dell’incontro
con le sorelle ed i fratelli di ieri e di oggi.
Poiché il Figlio dell’uomo ci attende con un volto ben noto o inatteso
in un punto qualsiasi della strada per chiederci qualcosa di quell’amore.
Padre Nostro
Scambio del segno di pace
Un tempo per contemplare
Dacci ancora un tempo, Signore
Un tempo per pensare,
per meditare sul mistero dell’universo,
per contemplare il prodigio della natura.
Dacci ancora un tempo, Signore
Per accorgerci di quanto preziosa sia la vita,
con i colori del mattino e il silenzio della notte,
con gli incontri, le parole, i volti.
Dacci ancora un tempo, Signore
Per prenderci cura
Della terra, del nostro corpo,
della nostra mente e del nostro cuore.
Dacci ancora un tempo, Signore
Per sentirci responsabili degli altri,
di tutti coloro dia quali possiamo imparare
qualcosa di nuovo, per non finire nella solitudine.
Dacci ancora un tempo, Signore
Per progettare cammini di pace,
per lottare contro ogni forma di violenza e di guerra,
per coltivare la stima per tutte le religioni
e le culture del mondo.
Dacci ancora un tempo, Signore
Per amare ed essere amati,
per perdonare ed essere perdonati,
per liberare, consolare, rallegrare e sentirci vivi
anche con la forza che ci viene dal pane e dal vino che ora condividiamo.
Amen
Comunione. Canto: Hai un momento Dio? (pag. 28)