Si riaccende il dibattito sull’eutanasia. Il cattolico Renzi cosa farà?
Ingrid Colanicchia
www.cronachelaiche.it
A spulciare tra vecchi articoli di giornale e dichiarazioni rilasciate quando ancora non era premier né segretario di partito sembra abbastanza improbabile che Matteo Renzi accolga l’invito che gli è stato rivolto in questi giorni e faccia propria la battaglia per una legge sul fine vita. Lo lascia pensare sia il suo fermo “no” al diritto all’eutanasia espresso nel dicembre del 2008 in un’intervista a Daria Bignardi per il programma televisivo “Le invasioni barbariche”; sia la contrarietà alla proposta di concedere la cittadinanza onoraria di Firenze a Beppino Englaro, padre di Eluana, avanzata da un consigliere comunale nel 2009, quando Renzi era presidente della provincia del capoluogo toscano. Qualche speranza potrebbe giusto accenderla l’intervista rilasciata nel luglio dello scorso anno a Famiglia cristiana (18/7) quando affermò che «su questi temi bisogna fare lo sforzo di ascoltarsi reciprocamente»: «Non credo – disse in quell’occasione – che il politico cattolico, in quanto cattolico, debba dire “sì, sì” e “no, no”: su questi temi così complessi occorre fare lo sforzo del dialogo».
Ora che il dibattito è tornato di prepotente attualità – complice lo scalpore suscitato in questi giorni dalle dichiarazioni rilasciate sulla questione da Mario Sabatelli, neurologo responsabile del centro Sla del Policlinico universitario Gemelli di Roma, e da Giuseppe Maria Saba, già ordinario di Anestesiologia e rianimazione all’Università di Cagliari prima e poi alla Sapienza di Roma – si potrà forse capire se e come peserà in questa partita la sua appartenenza religiosa.
Il 3 giugno scorso, il premier è stato infatti chiamato direttamente in causa da una lettera aperta a lui indirizzata da Francesco Lizzani, figlio del regista Carlo, da Chiara Rapaccini, compagna di Mario Monicelli, da Carlo Troilo che ha perso un fratello, malato terminale, suicida, e da Mina Welby, vedova di Piergiorgio Welby e co-presidente della Associazione Coscioni. I quattro si rivolgono a Renzi «per richiamare la sua attenzione su un tema, la legalizzazione della eutanasia, su cui una larga maggioranza degli italiani esprime da tempo il suo consenso». «La mancata soluzione del problema della “morte dignitosa” ha queste conseguenze, da noi pubblicamente denunciate e da nessuno smentite», si legge nella lettera: «Ogni anno, in Italia, mille e più malati si suicidano e più di mille tentano invano di farlo; ed ogni anno 30mila malati terminali muoiono nei reparti di rianimazione con l’aiuto attivo di medici pietosi e coraggiosi, costretti a praticare l’eutanasia clandestina dalle norme di un codice penale che risale al 1930 e non a caso segue solo di un anno il Concordato fra il regime fascista e il Vaticano. Chi, come noi – proseguono –, ha vissuto il dramma incancellabile della fine dolorosa o del suicidio di una persona cara cui era stata negata la possibilità di una “morte degna” avverte con angoscia l’indifferenza della politica dinanzi ad una realtà così drammatica». Ed esortano: «Non permetta che l’Italia sia additata come il Paese europeo più arretrato sul piano dei diritti civili. In particolare, per quanto riguarda l’eutanasia, solleciti il Parlamento a compiere il proprio dovere ed a frenare con leggi coraggiose quella che non esitiamo a definire una “strage degli innocenti”. Siamo certi – concludono – che la sua fede religiosa non sarà d’ostacolo, poiché le tradizioni del cattolicesimo laico cui ha più volte fatto riferimento le consentiranno di agire su questo terreno guardando innanzitutto alla volontà dei cittadini e non lasciandosi condizionare dai veti dei cattolici oltranzisti».
I quattro firmatari ricordano a Renzi che dal 13 settembre scorso giace in Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare – che prevede la possibilità di rifiuto dei trattamenti sanitari e la liceità dell’eutanasia – presentata dall’Associazione Luca Coscioni e depositata in Cassazione insieme a Radicali italiani, Unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti, Exit Italia e Amici di Eleonora Onlus. E che poco più di due mesi fa il presidente della Repubblica in persona è intervenuto sul tema con una lettera a Troilo nella quale affermava di ritenere «che il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita ed eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulla materia». Eppure niente sembra muoversi.
Tanto che in questi stessi giorni i radicali Marco Cappato, Filomena Gallo e ancora Mina Welby, con una lettera aperta ai membri delle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia di Camera e Senato, hanno chiesto la calendarizzazione urgente della proposta di legge popolare per la quale non è stata avviata nemmeno la discussione e l’avvio di un’indagine conoscitiva per raccogliere informazioni su come le scelte individuali di pazienti e medici influiscono sul processo del morire.
Oltre al progetto di legge dell’Associazione Coscioni, in questa legislatura sono stati presentati altri tre disegni di legge sul tema, di cui però non è mai iniziato l’esame in Commissione: due al Senato, ovvero quelli di Francesco Palermo (Aut-Psi) e di Luigi Manconi (Pd) e uno alla Camera, quello di Titti Di Salvo (Sel). Cui si aggiungerà il testo sul quale sta lavorando il Movimento 5 stelle.
Ma se anche Renzi avesse tutte le intenzioni di imprimere una svolta sul tema nei termini auspicati, è probabile che incontrerà l’opposizione di almeno una parte del suo partito, considerato che sulla questione non c’è unanimità all’interno del Pd. Se Manconi, come dicevamo, ha presentato, insieme ad altri due senatori Pd (Sergio Lo Giudice e Stefania Pezzopane) un progetto di legge che prevede, al sussistere di determinate condizioni, la liceità dell’eutanasia, su tutt’altra linea si attesta, per fare un esempio recente, l’onorevole Edo Patriarca, cattolico, contrario a «forme, più o meno velate, di eutanasia».
Nel bailamme di questi giorni, un invito a discutere della questione in maniera «onesta e aperta» arriva da Lucetta Scaraffia, storica della Chiesa e collaboratrice dell’Osservatore Romano. In un articolo apparso su Il Messaggero (9/6), dal titolo “La difesa della vita e l’errore dei divieti a ogni costo”, Scaraffia sottolinea la necessità di affrontare il problema con coraggio e libertà «senza le pressioni mediatiche di chi, spacciando come eutanasia abituali prassi mediche, vuole tirare l’opinione pubblica dalla parte delle leggi a favore dell’eutanasia», ma anche «senza le pressioni di chi della difesa della vita a ogni costo e in qualunque condizione, cioè anche quando è prolungata artificialmente, fa una battaglia, non solo ideologica, ma anche politica» cercando di capire, «senza pesi ideologici, come con serenità si possa affrontare oggi la questione della morte. Che poi – conclude – per i credenti, è l’inizio della vita eterna, e certo non un evento da scongiurare a tutti i costi».
Sir Thomas More (1478-1535) fu primo ministro di Enrico VIII d’Inghilterra e amico di Erasmo da Rotterdam, che scrisse in casa sua l’”Elogio della follìa” e ne diede lettura in una memorabile serata tra amici. Non volendo riconoscere Enrico VIII come capo della Chiesa d’Inghilterra e il conseguente distacco della Chiesa d’Inghilterra da Roma, fu condannato per alto tradimento e decapitato nella Torre di Londra. È un testimone della libertà di coscienza contro la prepotenza della ragion di Stato ed è venerato come Santo Martire nella Chiesa Cattolica.. La sua opera più famosa è “Utopia”, breve racconto fantastico che descrive la vita di una specie di “Isola-che-non-c’è” in cui gli abitanti vivono felici secondo le regole della libera coscienza. Ecco come Thomas More immagina che debba essere regolato il fine-vita in una società bene ordinata:. “I malati, come dicemmo, li curano con grande affetto e non lasciano proprio nulla che li renda alla buona salute, regolando le medicine e il vitto;anzi alleviano gli incurabili con l’assisterli , con la conversazionee porgendo loro infine ogni sollievo possibile. Se poi il male non solo è inguaribile, ma dà al paziente di continuo sofferenze atroci, allora sacerdoti e magistrati , visto che è inetto a qualsiasi compito, molesto agli altri e gravoso a se stesso, sopravvive insomma alla propria morte, lo esortano a non porsi in capo di prolungare ancora quella peste funesta, e giacché la sua vita non è che tormento, a non esitare a morire; anzi fiduciosamente si liberi lui stesso da quella vita amara come da prigione o supplizio, ovvero consenta di sua volontà a farsene strappare dagli altri: sarebbe questo un atto di saggezza, se con la morte troncherà non gli agi ma un martirio, sarebbe un atto religioso e santo, poiché in tal faccenda si piegherà ai consigli dei sacerdoti , cioè degli interpreti della volontà di Dio. Chi si lascia convincere, mette fine alla vita da sé col digiuno, ovvero si fa addormentare e se ne libera senza accorgersi; ma nessuno vien levato di mezzo contro sua voglia, né allentano l’affetto nel curarlo. Morire a questo modo, quando lo hanno convinto della cosa, è onorevole…” Da : Tommaso Moro, Utopia, univ Laterza 1984 pag 97/98
Questo è il mio testamento bniologico