Boston, una strana indagine

Michele Paris
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A quasi un anno di distanza dalle bombe alla maratona di Boston, che fecero tre morti e centinaia di feriti, i punti oscuri e gli interrogativi circa i responsabili, i testimoni e l’eventuale coinvolgimento del governo americano rimangono tuttora irrisolti. In particolare, la morte per mano dell’FBI del 27enne ceceno Ibragim Todashev, amico dei fratelli Tsarnaev, accusati di essere i responsabili dell’attentato, continua a rimanere avvolta nel mistero anche dopo le recenti indagini giornalistiche e la pubblicazione di due rapporti ufficiali da parte delle autorità americane.

Immigrato dalla Russia ed appassionato di arti marziali, Todashev è stato assassinato al termine di un interrogatorio di quasi cinque ore nella notte tra il 21 e il 22 maggio dello scorso anno nel suo appartamento di Orlando, in Florida. Il giovane era finito al centro delle indagini sugli attentati di Boston a causa dei suoi legami con Tamerlan Tsarnaev, il maggiore dei due fratelli ceceni, ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia pochi giorni dopo le esplosioni.

Secondo la ricostruzione ufficiale, Todashev aveva confessato agli agenti che lo stavano interrogando di essere coinvolto nell’omicidio di tre spacciatori, avvenuto l’11 settembre 2011 a Waltham, nel Massachusetts. In questo crimine sembrava avere avuto un ruolo lo stesso Tamerlan Tsarnaev, anche se le autorità, per ragioni tutt’altro che chiare, non avevano indagato a fondo, nonostante i legami molto stretti di quest’ultimo con gli assassinati.

In ogni caso, l’interrogatorio sarebbe ad un certo punto degenerato e l’unico agente dell’FBI presente nell’appartamento, per evitare di essere aggredito da Todashev, ha sparato sette volte con la sua pistola senza lasciargli scampo.

Dopo dieci mesi di indagini, questa settimana un procuratore dello stato della Florida, Jeffrey Ashton, ha finalmente reso pubbliche le sue conclusioni. Oltre a scagionare l’agente dell’FBI che ha ucciso Todashev, il rapporto mostra una serie di contraddizioni che si scontrano sia con i risultati di un’altra indagine del Dipartimento di Giustizia, sia con le ricerche estremamente approfondite condotte dal giornalista americano Dave Lindorff per il magazine on-line Counterpunch.

Innanzitutto, il procuratore Ashton sembra essere giunto a conclusioni diverse da quelle suggerite dalle informazioni raccolte dagli stessi investigatori del suo ufficio e da quelle fornite dal coroner di Orlando, il cui rapporto è stato peraltro tenuto nascosto al pubblico dietro richiesta dell’FBI.

Le dichiarazioni seguite alla morte di Todashev delle due persone che erano nella stanza con l’interrogato – il già ricordato agente speciale dell’FBI di Boston e un agente della polizia dello stato del Massachusetts – sono ad esempio contrastanti in svariati punti. Secondo l’agente della polizia statale, attorno alla mezzanotte, Todashev avrebbe acconsentito a rilasciare una deposizione per confessare il suo coinvolgimento nel triplice omicidio del 2011, quando improvvisamente si sarebbe messo a gridare, avrebbe ribaltato il tavolo del soggiorno sul quale l’uomo dell’FBI stava scrivendo, per poi correre verso il breve corridoio che conduce alla porta d’ingresso.

Qui, Todashev avrebbe impugnato un bastone della lunghezza di un metro e mezzo che si trovava contro il muro vicino alla porta, scagliandosi poi contro lo stesso agente di polizia. A quel punto, il collega dell’FBI avrebbe sparato a Todashev, il quale è dapprima caduto sulle ginocchia e poi si è rialzato caricando nuovamente. Altri spari sono subito seguiti, finché il sospettato è crollato senza vita sul pavimento.

La versione dell’agente dell’FBI presentava invece i fatti in maniera parzialmente diversa su alcuni particolari cruciali. L’agente speciale sostenne cioè che, mentre stava scrivendo la deposizione, si è sentito colpire nella parte posteriore della testa da Todashev, il quale subito dopo è corso verso la cucina cercando in maniera concitata un’arma o un qualche strumento nei vari cassetti.

Nel frattempo, l’agente dell’FBI aveva estratto la sua pistola e intimato inutilmente a Todashev di alzare le mani. Il ceceno, verosimilmente con un coltello, è poi tornato nel soggiorno per aggredire gli agenti e quello dell’FBI ha sparato tre o quattro colpi mandandolo a terra. Todashev si è però rialzato e i colpi successivi lo hanno messo definitivamente fuori gioco.

Le due versioni riportano comportamenti diversi da parte di Todashev, ma quella finale dell’FBI le combina entrambe in maniera sospetta e tutt’altro che trascurabile vista la rilevanza del caso, descrivendo il sospettato intento a cercare un’arma dei cassetti della cucina per poi lanciarsi sugli agenti in soggiorno con un bastone di metallo che, tuttavia, secondo la testimonianza del poliziotto si trovava nel corridoio.

Ancora più controversa appare la ricostruzione relativa alla sequenza dei colpi esplosi. Todashev è stato colpito sette volte, di cui tre alla schiena. Se, perciò, almeno uno dei due resoconti degli agenti dovesse corrispondere al vero, Todashev deve essere stato colpito di fronte, così che i primi quattro colpi, come spiega il rapporto del medico legale, hanno perforato l’aorta e il ventricolo sinistro. In questo caso, se anche il 27enne ceceno avesse trovato la forza di rialzarsi per tornare ad attaccare gli agenti, è estremamente improbabile che possa essersi diretto verso la porta d’ingresso, come suggeriscono gli spari alla schiena.

Uno dei sette spari, come appare dalle immagini dell’autopsia, ha inoltre colpito Todashev nella parte superiore della testa. Questo sparo, vista l’ovvia letalità, deve essere stato necessariamente l’ultimo e difficilmente può essere giustificato con le ricostruzioni delle versioni ufficiali, sembrando piuttosto un colpo finale per assicurarsi della morte del sospettato quando era già a terra agonizzante.

Dalle immagini scattate nell’appartamento dopo le analisi dell’FBI e fornite a Lindorff dalla suocera di Todashev, si nota poi come le uniche macchie di sangue visibili siano lontane dal tavolo del soggiorno dove l’interrogatorio e il tentativo di aggressione ai danni dell’agente dell’FBI avrebbero avuto luogo. Il sangue si trova invece all’inizio del corridoio che conduce all’ingresso e anche i muri risultano privi di macchie, rendendo verosimile concludere che Todashev sia stato colpito solo quando si trovava in quella zona dell’appartamento e, forse, quando già era a terra.

Secondo l’investigatore privato assunto dalla famiglia Todashev per indagare sull’assassinio ci sarebbe un altro fatto inquietante. Il muro al di sopra delle macchie di sangue presentava cioè una parte dalla quale sembrava essere stata rimossa una pallottola. Se ciò fosse vero, l’FBI avrebbe chiaramente manomesso la scena del crimine. I sospetti in questo senso sono supportati dal fatto che lo stesso “Bureau” giunse nell’appartamento di Orlando poco dopo la sparatoria – attorno alla mezzanotte e mezza del 22 maggio – e consentì l’ingresso per i rilievi all’ufficio del medico legale solo attorno alle due del mattino.

Queste circostanze hanno spinto la suocera di Todashev a sostenere apertamente che il genero è stato assassinato in maniera deliberata mentre stava cercando di fuggire dall’appartamento e non in prossimità del tavolo del soggiorno dove stava avvenendo l’interrogatorio.

Lindorff spiega inoltre un’altra incongruenza delle versioni ufficiali, questa volta in relazione ai metodi di indagine dell’FBI. Dal momento che la procedura comune della polizia federale nel corso degli interrogatori prevede la presenza di almeno due agenti, appare insolito che il sospettato di un triplice omicidio che stava per confessare le sue responsabilità fosse lasciato con un solo agente (oltre al poliziotto del Massachusetts). Questa pratica è dovuta al fatto che l’FBI non registra i propri interrogatori e, quindi, un secondo agente deve confermarne il corretto svolgimento.

Nella serata del 21 maggio scorso, in realtà, era presente un secondo agente dell’FBI, ma quest’ultimo si era assentato dall’appartamento e si trovava all’esterno dell’edificio con il compito di intercettare e bloccare l’ingresso di un amico di Todashev, Khusen Tamarov. Tamarov, come avrebbe egli stesso spiegato successivamente in varie interviste, era stato chiamato dall’amico per assistere all’interrogatorio dell’FBI perché Todashev temeva che “qualcosa di brutto stava per succedergli”.

Quando Tamarov arrivò presso l’abitazione di Todashev, l’agente che lo attendeva in strada lo invitò ad andarsene, accompagnandolo anzi ad un ristorante lontano dall’appartamento che era solito frequentare. Successivamente, non avendo ottenuto risposta ad alcuni SMS inviati all’amico, Tamarov tornò verso la casa di Todashev, ormai presidiata dalle auto della polizia.

La testimonianza di Tamarov non è comunque rientrata nelle indagini del procuratore Ashton perché all’amico di Todashev, dopo essersi recato in Russia per assistere al suo funerale, è stato impedito di rientrare negli Stati Uniti nonostante in possesso di regolare Carta Verde e senza alcun precedente penale.

Altri amici e membri della famiglia di Todashev hanno subito lo stesso trattamento nei mesi scorsi, deportati cioè nei loro paesi di origine o infastiditi dall’FBI. La fidanzata e convivente di Todashev, Tatiana Gruzdeva, venne ad esempio arrestata lo scorso ottobre in seguito ad una sua visita all’ufficio immigrazione di Orlando, dove intendeva chiedere i documenti necessari per lavorare negli USA.

La giovane moldava è stata poi sommariamente deportata in Russia malgrado il suo permesso per rimanere negli Stati Uniti sarebbe scaduto di lì a dieci mesi. Secondo la stessa Gruzdeva e i suoi legali, le autorità americane avrebbero motivato l’espulsione con i contatti che quest’ultima ha intrattenuto con la stampa dopo i fatti di Boston e la morte di Todashev.

Alla luce delle circostanze relative ai fatti descritti, nonché dei silenzi e dei tentativi di insabbiamento della verità da parte dell’FBI, del Dipartimento di Giustizia e dell’ufficio del procuratore della Florida, è più che legittimo sospettare che dietro alla morte di Todashev e agli stessi eventi legati alle bombe di Boston ci siano questioni a dir poco esplosive.

Per cominciare, la pericolosità di Tamerlan Tsarnaev era stata segnalata più volte dai servizi segreti russi e sauditi, i quali avevano messo in evidenza come il più vecchio dei due fratelli accusati dell’attentato avesse legami con i fondamentalisti islamici attivi in Cecenia e nel Daghestan.

Ciononostante, gli americani non fecero nulla per impedire nel 2012 un viaggio di Tsarnaev proprio nel Caucaso, dove con ogni probabilità ebbe contatti con questi ambienti estremisti. L’FBI, oltretutto, aveva già indagato Tsarnaev in relazione agli omicidi del 2011 a Waltham, nel Massachusetts, ed era anche finito su una lista di osservati speciali per possibili legami con il terrorismo internazionale. Di tutto ciò, però, la polizia di Boston non è mai stata messa al corrente, anche se nelle settimane precedenti il 15 aprile 2013 erano circolati avvertimenti di possibili attentati in occasione della importante maratona.

Un altro punto poco o per nulla indagato dai media potrebbe risultare rivelatore. Uno zio dei fratelli Tsarnaev, Ruslan Tsarni, è stato cioè il fondatore del Congresso delle Organizzazioni Internazionali Cecene (CCIO), nient’altro che una copertura della CIA per fornire armi ai ribelli della repubblica autonoma russa nel Caucaso.

La sede del CCIO risultava essere presso un indirizzo di Rockville, nel Maryland, corrispondente all’abitazione di Graham Fuller, vice-direttore del Consiglio per l’Intelligence Nazionale della CIA durante la presidenza Reagan e agente segreto operativo in molti paesi, tra cui Afghanistan, Yemen e Arabia Saudita, prima di lasciare ufficialmente l’agenzia nel 1988 a causa del suo coinvolgimento nello scandalo Iran-Contras. A conferma dei legami tra Tsarni e Fuller, entrambi hanno poi confermato che la figlia di quest’ultimo era stata sposata con lo zio dei fratelli Tsarnaev negli anni Novanta.

Come è quasi sempre accaduto in occasione di minacce di terrorismo sventate o portate a termine negli Stati Uniti nell’ultimo decennio, anche le bombe di Boston sono state dunque opera di individui che il governo conosceva molto bene.

Ciò spinge a pensare che l’attentato possa essere il risultato di un’operazione sfuggita di mano all’FBI e che i rapporti dei fratelli Tsarnaev o dello stesso Todashev con il fondamentalismo ceceno siano stati utilizzati dal governo USA per i propri obiettivi strategici, verosimilmente in funzione anti-russa. Tanto più che i tre ceceni avevano ottenuto asilo in America senza particolari prove di persecuzioni o minacce ricevute in patria nei loro confronti.

Per i complottisti, addirittura, le esplosioni di Boston potrebbero essere state favorite dalla CIA o dall’FBI, non necessariamente prevedendo gli esiti letali che sono seguiti, magari per fornire l’occasione all’apparato della sicurezza nazionale di mettere in atto quella che è sembrata una vera e propria esercitazione sul campo nella gestione di crisi o rivolte. La metropoli del Massachusetts è stata infatti virtualmente paralizzata per parecchie ore mentre i due fratelli Tsarnaev venivano inseguiti dalle forze di polizia, in una situazione di effettiva sospensione delle libertà democratiche.

In questo quadro, l’assassinio di stato di Ibragim Todashev appare chiaramente come un tentativo di togliere di mezzo uno scomodo testimone, messo a tacere, come sostiene la combattiva suocera del giovane ceceno, per impedire che venissero rese pubbliche informazioni scottanti sul coinvolgimento del governo in un atto di terrorismo sul suolo americano.