Da DONNE a DONNE. Lettera aperta di Gruppi Donne Cdb italiane
Da DONNE a DONNE Lettera aperta alle donne che hanno scelto la vita religiosa
Lettera aperta scritta dalle donne delle Comunità cristiane di base in Italia come segno di solidarietà alle Sorelle religiose, frutto del confronto che abbiamo avuto al recente Incontro nazionale dei gruppi-donne dell CdB e non solo, che è avvenuto a Cattolica ( Rimini) il 10-12 maggio 2013, dal titolo: “Smontando impalcature, tessendo relazioni. In tempi di crisi, dove ci portano i soffi leggeri del divino?”
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Come donne delle Comunità cristiane di base italiane che hanno scelto di stare insieme a donne appartenenti ad altri gruppi e associazioni, ci siamo riunite a Cattolica (RN) per confrontarci sul significato del nostro percorso di riflessione, intrapreso ormai da diversi anni, nella ricerca di un divino al di là della concezione patriarcale che ci viene tramandata.
Il tema dell’incontro “Smontando impalcature, tessendo relazioni. In tempi di crisi dove ci portano i soffi leggeri del divino?” indica anche che la nostra esperienza è stata caratterizzata dal riconoscimento dell’importanza vitale delle relazioni fra donne, impegnate in percorsi anche differenti ma segnati dalla autonoma ricerca di quella libertà femminile che abbatte gabbie ideologiche culturali e confessionali. Cerchiamo dunque di “tessere” relazioni con altre donne, sia che vivano esperienze di fede e testimonino con la loro vita l’aderenza al messaggio di Gesù e Maria di Nazareth, sia che siano laicamente presenti e agiscano nella più ampia comunità sociale del nostro paese per la valorizzazione della differenza femminile.
Oggi, ci rivolgiamo a voi donne “consacrate”, perché spesso avete avuto spazio nei nostri pensieri e nelle nostre riflessioni, con un’attenzione particolare al vostro ruolo e funzione nella comunità ecclesiale, ruolo e funzione spesso sottaciuti, oppure criticati, come è avvenuto di recente dalla gerarchia cattolica. Ecco il perché di questa lettera aperta, che è prima di tutto una comunicazione da donne a donne, con la quale vogliamo trasmettervi alcune considerazioni e riflessioni scaturite dal nostro confronto.
Ci viene spontaneo riconoscervi, come Maria di Magdala e le altre amiche di Gesù, nel ruolo di prime portatrici di una novità positiva nell’ambito della Comunità ecclesiale: “annunciatrici della resurrezione” che per noi significa innanzitutto promotrici di liberazione e di superamento della violenza. Spesso gli insegnamenti tradizionali ecclesiastici trascurano ed omettono la valorizzazione delle diversità di genere e si situano in sintonia con la cultura maschilista dominante che è causa di relazioni distorte e del diffondersi del sessismo.
Questa cultura conduce alla prevaricazione con una violenza che sempre più spesso diventa mortale per molte donne; il femminicidio è entrato ormai nel linguaggio comune per il suo accentuarsi in questi tempi nella cronaca quotidiana. Contro questa cultura occorre che le donne, tutte e di tutte le appartenenze, trovino alleanze e agiscano insieme sulla formazione, facendo leva sulla forza dell’amore sincero di cui sono portatrici.
Ci sembra anche giusto che sia riconosciuta in quanto donne la vostra presenza e la vostra autorità a prescindere dalla maternità, ‘fisica’ o ‘spirituale’, e senza dover sottostare ad un disegno di subordinazione o a ruoli prestabiliti; siamo certe infatti che un apporto importante di voi suore sia rappresentato dal valore aggiunto di maternità, affettività e tenerezza, ma siamo certe che non debba essere questa l’unica caratteristica che connota la vostra vocazione e il vostro ruolo all’interno della chiesa.
Le donne accompagnavano la missione itinerante di Gesù con i loro beni, col lavoro, con la sapienza, ognuna secondo la propria vocazione. Giovanna, Susanna, e molte altre. Maria, la mamma, a Cana ha l’autorevolezza di ‘ignorare’ una risposta piuttosto scostante del figlio e dice ai servitori di fare quello che lui dirà, sapendo evidentemente che lui farà quello che lei gli aveva chiesto; la donna siro-fenicia, con la sua accorata insistenza, forse aiuta Gesù ad allargare l’orizzonte della sua missione oltre i confini di Israele. E’ a una donna, la samaritana, che Gesù annuncia che è giunto il tempo di adorare Dio in spirito e verità e non più dentro il tempio. Ed è Marta, sorella di Lazzaro, che fa la sua professione di fede prima di Pietro, riconoscendo il Cristo come figlio di Dio.
Tutti gli episodi dei vangeli in cui le donne compaiono dimostrano la dignità e l’autorevolezza che Gesù riconosce loro, con anticonformistica audacia, anzi a nostro parere nel rapporto di Gesù con le donne c’è una rivoluzione totale, c’è una vera e propria investitura delle donne. Questo è stato il messaggio dissidente recepito dalle comunità cristiane delle origini; nei primi decenni della nascente chiesa troviamo tante donne che partecipavano attivamente nei vari ministeri delle comunità: Febe, Prisca, Maria, Giunia (definita da Paolo ‘insigne tra gli apostoli’ e poi diventata, come sappiamo, Giunio…). E’ fondamentale, in rapporto alle tradizioni, mantenere fedeltà a questo messaggio di liberazione.
Sappiamo bene come proprio tra le suore ci siano fior di donne autorevoli nel pensiero, nell’azione, nella teologia femminista e nella profezia, tutti talenti che molte spendono con generosità anche sulle strade e sulle piazze italiane, a cui noi siamo debitrici. Riconoscendovi dunque grandi meriti, vi esortiamo, e vi chiediamo aiuto per avere sempre progetti di liberazione e conseguirli con la finalità universale che il messaggio evangelico suggerisce. Anche le discepole, a cinquanta giorni dalla morte di Gesù, insieme ai discepoli partirono dal luogo di incontro verso il mondo esterno, parlando tutte le lingue necessarie per la diffusione del messaggio di libertà per tutte le donne e gli uomini della terra.
Voi fate voto di povertà, si sa che la vostra testimonianza è prima di tutto con i più deboli, con coloro che non hanno potere e tra questi vi sono in primis proprio le donne, specialmente le donne oggetto di sfruttamento da parte di una cultura dominante maschile, e poi ci sono i bambini, gli ammalati, gli stranieri e le straniere: noi tutte vi siamo riconoscenti per questi compiti che svolgete con cura e prezioso impegno, cercando con tutte le vostre forze di rimediare ai disastri di cui altri sono responsabili.
Riguardo alla sessualità ci preme evidenziare che quando è vissuta nella consapevolezza ed auto-determinazione, nel piacere e nell’amore è pienamente appagante e per nulla “peccaminosa” come sono soliti richiamarci testi canonici e disciplinari: l’augurio per tutte le donne e quindi anche per voi è che ci sia una nuova “regola” che rispetti e valorizzi la sessualità e non già una negazione a priori dettata da pregiudizi e dal potere maschile di sottomissione del corpo delle donne!
Ci sembra anche importante che l’esercizio dell’autorità e dell’ obbedienza siano sempre improntati al rispetto della libertà femminile e della sua espansione, anche quando ciò comporti un conflitto, ogni volta che l’obbedire contrasti con la coscienza; occorre che abbiate il coraggio della disobbedienza costruttiva per il bene delle sorelle, delle donne in genere e della più ampia comunità religiosa. Diciamo questo proprio “in memoria di colei” che, a Betania, ebbe il coraggio, con un gesto non condiviso dai maschi presenti ma apprezzato da Gesù, di spargere il prezioso profumo di nardo sul capo di Gesù poco prima della sua morte: il profumo simbolo dello “spreco positivo” e come gesto d’amore.
Infine esprimiamo la nostra vicinanza e compartecipazione alle suore statunitensi, alle loro congregazioni e alle “madri superiori” che hanno compiti di guida ed organizzativi di carattere generale, affermando che il loro percorso e la loro ricerca teologica e biblica ci ha profondamente coinvolte. Nell’approfondire la loro condizione possiamo affermare che la libertà di espressione nella comunità ecclesiale di cui loro sono portatrici è molto positiva e può aiutarle ed aiutarci a vivere processi di libertà personale e di gruppo nella chiesa. A nulla varranno pertanto i criteri di giudizio delle gerarchie maschili, purtroppo ancora sorde alla novità positiva portata dalle donne, che non potranno cancellare il ruolo di profete dei “tempi nuovi” che tutte noi auspichiamo.
Donne delle Comunità cristiane di base di Alba, Roma, Firenze, Genova, Pinerolo, Napoli, Bologna, di Thea – teologia al femminile di Trento e Rovereto, delle Donne in Cerchio di Roma, dei gruppi Donne in ricerca di Padova, Ravenna, Verona, del Graal di Milano, di Identità e differenza di Spinea, ed altre singole donne, vi siamo solidali e vi inviamo il nostro affettuoso abbraccio sororale.
Cattolica (RN), 12 maggio 2013
Cara Ausilia,
ti ringrazio per aver risposto alla nostra lettera aperta. Hai mandato copia alla Segreteria CDB (comunità cristiane di base), ma devo chiarire che pur definendoci donne delle Cdb, abbiamo scelto, ben 25 anni fa, di stare insieme solo come donne, aprendoci ad altre donne singole o appartenenti ad altri gruppi. Prova a ricordare, perché te ne ho parlato incontrandoti ad un convegno delle Cdb miste.
Non siamo diventate una istituzione né una associazione, apparteniamo solo a noi stesse. Il motivo principale per cui ci siamo messe insieme é stato l’amore verso la libertà femminile. Abbiamo percorso un lungo cammino portando ciascuna sulle proprie spalle le fatiche e le passioni della vita, con gli inevitabili alti e bassi. Ho trovato preziosa la tua esperienza (e quella di altre) leggendo il tuo libro Da donna a donna.
Noi abbiamo sentito il bisogno di scrivere alle donne appartenenti a ordini religiosi per valorizzare i loro talenti a prescindere dalla maternità, suggerendo di non sottostare a forme di subordinazione contro coscienza. Crediamo altresì importante tessere relazioni per conoscere meglio ed essere vicine a quelle che come te sono uscite dall’istituzione.
Per questo motivo ho reputato opportuno far girare la tua bella lettera al coordinamento dei nostri gruppi donne, affinché anche loro potessero leggerla. Le risposte che finora ho ricevuto sono di grande partecipazione e vicinanza a tutte quelle donne che COME TE sono uscite dal proprio ordine religioso, patendo l’emarginazione sociale fino alla disperazione.
Religiose (dentro o fuori) e non religiose, siamo tutte ugualmente donne, come tu giustamente ci ricordi. Oggi la nostra volontà é quella di esserlo senza più dover sopportare il peso della non libertà, una non libertà cui ci hanno costrette secoli e secoli di cultura patriarcale, introiettata anche attraverso una chiesa cattolica il cui potere continua ad essere maschile e misogino, rinnegando il Vangelo di Gesù e il messaggio della sua Resurrezione, consegnato in primis alle donne per essere annunciatrici del Suo Amore.
Con l’affetto mio e di molte altre del nostro movimento, ti saluto cordialmente,
Mira.
Questa lettera è lo specchio di una mentalità propria del femminismo più alto di pochi anni fa, nel periodo in cui io cercavo di tessere relazioni con le donne che erano uscite dall’Istituto COME ME.
Allora io mi sono trovate le porte chiuse da parte delle donne rimaste dentro l’istituzione – e parlo, non solo delle donne di potere dentro l’istituzione, ma delle donne “rimaste”, protette da quelle di potere -. Ho potuto avere contatti personali soltanto con le donne uscite e DISPERATE per l’emarginazione sociale di cui erano fatte segno (emarginazione addebitabile anche al femminismo). Ho passato ore ed ore ad ascoltare le ultime telefonicamente ed a lavorare nel sito “Donne Contro il silenzio” (chiuso per malattia e vecchiaia!).
Ebbene. Le consacrate che voi delle cdb vi rappresentate ancora attraverso gli schemi della vulgata cattolica (anche di quella post-concilare) per me sono soltanto donne come tutte le altre, senza nulla aggiungere. Il loro spirito di donazione è rimasto soffocato dall’istituzione. Se volete la loro collaborazione, preoccupatevi anzitutto di LIBERARE LORO.
Un esempio che può dilucidare quanto affermato. Nella mia ultima esperienza di ex-suora che si è adoperata infruttuosamente a liberare le donne uscite e le donne rimaste, ho potuto constare che le migliori-davvero-migliori rimaste in Istituto, hanno continuato a fare delle cose buone fino a che hanno potuto godere di privilegi personali, mentre le altre, la maggioranza, o si adeguava a vivere dentro l’istituzione nella sua intangibilità, oppure IMPAZZIVA. Ho contattato queste ultime, ma presto mi è stato reso impossibile. Faccio un nome e cognome: a Madre Maria Falzone, scrittrice storica delle “Serve dei Poveri”, morta qualche mese fa, sono stati resi onori altisonanti nella città di Palermo; ma di coloro che in vita le stavano accanto e avrebbero potuto continuare la sua opera culturale, ho perduto le tracce: sono rimaste nel chiuso della loro pazzia oppure omologate. Il caso di una singola congregazione? Ne dubito altamente, e in maniera motivata (ciò che ho scritto a tale riguardo coincide, nel contenuto, con ciò che hanno scritto altre di altre congregazioni).
Grazie per la pazienza nel leggermi,
Ausilia Riggi