VIII rapporto sulla secolarizzazione in Italia

E’ uscito l’ultimo numero di “Critica liberale” con le ricerche sulla secolarizzazione e sulla presenza in tv delle confessioni religiose. Sommario:

VIII  rapporto sulla secolarizzazione in Italia
II  dossier sulle confessioni religiose e tv
III dossier sulle confessioni religiose e telegiornali

silvia sansonetti, la secolarizzazione in Italia
felice mill colorni, meglio non rimestare troppo
valeria ferro, un anno di televisione
2011-2012 tempi di notizia dei soggetti confessionali
tempi di parola dei soggetti confessionali
focus su papa benedetto XVI
maria gigliola toniollo,… potere, denaro e ipocrisia

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Non è (più) un Paese solo per credenti

Giuseppe Ancona
http://cronachelaiche.globalist.it

Quanto e come i precetti della Chiesa cattolica e apostolica romana influenzano le scelte di vita quotidiana dei cittadini italiani?

La risposta viene dalla pubblicazione sull’ultimo numero della rivista Critica Liberale dell’VIII rapporto sulla secolarizzazione in Italia. Si tratta di uno studio dei ricercatori dell’ Osservatorio laico, costituito otto anni fa dalla Cgil-Nuovi Diritti e dalla Fondazione Critica Liberale, che prende in esame una raccolta di dati riferiti agli ultimi venti anni (dal 1991 al 2011) per analizzare le modifiche nelle preferenze della società italiana rispetto a campi in cui l’influenza della dottrina cattolica è più presente, per valutarne la reale incidenza. Una ricerca che inoltre serve a misurare il radicamento della Chiesa stessa nella società attraverso la presenza delle sue organizzazioni e istituzioni (scuole, seminari, parrocchie e i diversi enti religiosi).

Il criterio metodologico seguito dai tre ricercatori (Silvia Sansonetti, Giovanna Caltanissetta e Pierpaolo Brutti) utilizza come base non un campione statistico ma dati di diversa origine relativi all’intera popolazione, raccolti da enti e istituti, ciascuno per propri fini, come l’Istat, il Miur, il Ministero della Salute, la Cei, l’Annuario statistico della Chiesa cattolica.

Si tratta ovviamente di dati tutti da decifrare e la ricerca prelude ad ulteriori analisi e valutazioni. Lo studio sembra indicare in maniera certa la direzione verso la quale va l’Italia, confrontando nel corso di un lungo periodo le variazioni in quel che fanno e scelgono i cittadini, dalla culla alla bara, compreso tutto quel che c’è in mezzo come le scelte relative all’istruzione, alla salute, alle convivenze, al matrimoni e ai figli.

Si registra dunque un costante calo dei battesimi (-19 per cento in 20 anni) e uno solo un po’ meno costante delle prime comunioni (dal 9,9 del 1991 al 7,5 per mille cattolici del 2009, con risalita al 7,7 nel 2010). In particolare, si legge nel rapporto, gli italiani «non percepiscono più il battesimo come urgente e lo rimandano negli anni», spesso oltre il settimo. Stessa sorte di battesimi e comunioni tocca ai matrimoni concordatari (nel 1991 erano l’82,5 per cento e nel 2010 il 63,5) a fronte di una crescita forte di quelli civili, tanto che al Nord nel 2011 si segnala uno storico sorpasso dei secondi nei confronti dei primi (51,7 per cento contro il 48,3).

Significativo anche l’aumento verticale delle unioni di fatto (207mila nel 1993, 972mila nel 2010) e il dato sulla non più scandalosa genitorialità al di fuori della famiglia tradizionale. Merito anche dell’equiparazione legislativa di diritti tra figli naturali e legittimi, «il rapporto tra i primi e i secondi, vale a dire tra bambini nati da genitori non sposati e genitori sposati è in aumento costante, tanto che tra il 1991 ed il 2008 lo scarto è di più di sedici punti percentuali, raggiungendo il 23,7 per cento dei nati».

Maggiore consapevolezza nell’uso di contraccettivi e correlata diminuzione degli aborti volontari, ma più tra le italiane che non tra le immigrate, queste ultime tagliate fuori dall’informazione sulla contraccezione.

Come risulta dai dati riportati e dai grafici, la tendenza che si riscontra è dunque quella di una tendenziale secolarizzazione della società, con indicatori che seppure a volte altalenanti, vanno sempre nel senso di un progressivo e costante allontanamento e indifferenza della popolazione dagli insegnamenti e rituali dal tradizionalismo cattolico.
Lo studio rileva anche risapute differenze nelle aree geografiche del paese su scelte come l’avvalersi o meno dell’insegnamento della religione o i matrimoni civili al posto di quelli concordatari, con un nord Italia che sembra più svincolato dai precetti della Chiesa.

Tra i diversi fattori che potrebbero spiegare alcune di queste tendenze c’è però da considerare la crescente presenza di immigrati, molti dei quali di tradizioni non cattoliche, che in alcune situazioni spiegano il calo del numero degli scolari dell’obbligo che si avvalgono dell’insegnamento della religione.

Un dato altrettanto importante per comprendere alcune variazioni è quello relativo al progressivo invecchiamento della popolazione che comporta la scomparsa di molte strutture della chiesa come asili e scuole elementari, convitti e seminari, come anche lo svuotamento di istituzioni di assistenza dell’infanzia e orfanatrofi, spesso riconvertiti in più redditizie strutture di accoglienza e soggiorno per anziani che crescono in numero.

Un Paese quindi che sembrerebbe indirizzato, faticosamente ma inesorabilmente, verso un modello di società laica e aconfessionale.

Ma a fronte di queste previsioni, altri dati dimostrano una controffensiva in atto da parte della Chiesa Cattolica che a salvaguardia del proprio patrimonio di valori e principi, tenta di imporre comunque la propria dottrina nella società.
E non a caso mai come in questi ultimi tempi, si sente parlare Oltretevere di evangelizzazione delle popolazioni, spesso indifferenti ai richiami dei loro pastori.

Leggiamo così di una crescente percentuale di obiettori di coscienza tra medici e operatori sanitari (ormai prossima al 90 per cento), tendenza favorita oltre che da una rinata e martellante campagna antiabortista anche da migliori condizioni di lavoro e opportunità di carriera per gli interessati, il che rende di fatto la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza quasi inattuabile in molte regioni; un indicatore a tale proposito è il fenomeno della costituzione di nuove organizzazioni pro-life, i centri di difesa della vita e della famiglia, passati dai 487 del 1991 a 2385 del 2010 con lo svuotamento di fatto della funzione di informazione dei consultori.

In sostanza emerge una contrapposizione tra una Chiesa che perde terreno e una società di fatto multiculturale e aperta che tenta di affrancarsi, nonostante l’assenza di forze politiche realmente laiche e non minoritarie, che in questo la sostengano.

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Anche l’Avvenire ha dato notizia dl rapporto accompagnandola con un commento

In un’indagine laica, segni di tenuta e ripresa del dato religioso. Eppure non è solo secolarizzazione
La recente pubblicazione dei dati sul fenomeno religioso in Italia al 2010, da parte della laicissima Fondazione Critica Liberale, nell’ambito del suo VIII Rapporto sulla secolarizzazione, consente almeno due riflessioni di rilievo.

Carla Collicelli
www.avvenire.it

Da una lato la constatazione del rallentamento, e in qualche caso della inversione di tendenza, dei trend di secolarizzazione rilevabili attraverso una serie di fonti ufficiali. Dall’altro lato la considerazione critica del rapporto tra aspetti ‘visibili’ ed aspetti ‘invisibili’ della fede e della partecipazione religiosa.

Per quanto riguarda i trend misurati nel lavoro di ricerca di Critica Liberale attraverso le fonti ufficiali (Istat, Cei, Miur, Ministero della Salute e Annuario Statistico della Chiesa Cattolica), e calcolati in questa ultima edizione nelle loro variazioni tra 1991 e 2010, colpisce la serie di controtendenze registrate tra il 2009 e il 2010 per diversi degli indicatori riportati e analizzati. È così, ad esempio, per le prime comunioni, risalite dal 7,5 al 7,7 per mille cattolici, e per le confermazioni, anch’esse in leggera ripresa, dal 7,6 al 7,8 per mille cattolici tra il 2009 e il 2010.

Analoga ripresa si verifica per i matrimoni concordatari. I divorzi, calati tra il 1991 e il 1993, risalgono poi progressivamente, ma diminuiscono nuovamente tra il 2009 e il 2010 (da 59.137 a 57.491). Si accentua il trend di diminuzione delle interruzioni volontarie di gravidanza (dalle 138.123 del 2004 alle 115.981 del 2010). Aumentano poi l’ammontare dell’8 per mille devoluto alla Chiesa Cattolica e il numero di enti di assistenza e beneficenza cattolica, e aumenta anche, sia pure lievemente, il numero di sacerdoti, religiosi e catechisti (questi ultimi addirittura quadruplicati rispetto al 1991).

Pur a fronte di altri indicatori di secolarizzazione che non mostrano battute di arresto (come l’aumento delle convivenze e dei figli nati fuori dal matrimonio, o la diminuzione degli iscritti ai seminari), l’indice composito di secolarizzazione calcolato nello studio (una misura sintetica frutto di complessi calcoli statistici) mostra una chiara battuta di arresto a partire dal 2007, e una leggera inversione di tendenza dal 2009. Cioè una ripresa della adesione ad alcuni comportamenti e appartenenze in ambito cattolico in Italia.

La considerazione della natura e qualità dei dati, utilizzati e riportati nello studio, permette inoltre di riflettere sul rapporto tra aspetti visibili e aspetti invisibili dell’appartenenza religiosa. Come gli stessi ricercatori che hanno curato l’analisi affermano, la parte visibile (e come tale misurabile attraverso dati di fonte amministrativa ufficiale) della religiosità riguarda «l’insieme di riti (…) che si svolgono pubblicamente», mentre la parte invisibile riguarda il privato, «come la preghiera individuale», ed è come tale difficile da misurare, se non grazie a specifiche rilevazioni.

Una di queste, il lavoro svolto dal Censis nel 2012 su «I valori degli italiani», ha permesso di constatare, ad esempio, l’andamento in crescita del rapporto con la trascendenza tra il 1988 e il 2011 tra gli italiani: nei due anni di rilevazione salgono infatti dal 45,1 al 65,6% coloro che dichiarano di essere credenti. Un ulteriore 15,6% non si definisce propriamente credente, ma dichiara di credere in un qualche «al di là».

E i valori religiosi vengono citati tra quelli utili a una ripresa della convivenza sociale e della comunanza di intenti, in seconda battuta rispetto alla moralità, solidarietà e rispetto degli altri, ma con quote significative di scelta, nella medesima ricerca.

Tutti elementi che dovrebbero spingere nella direzione di una più attenta osservazione dei fenomeni della adesione religiosa individuale e familiare, nell’ambito del più generale processo di rinnovamento spirituale cui assistiamo.