La crisi “sistematica” della chiesa descritta già 40 anni fa La lezione profonda di Ivan Illich
Fabrizio Mastrofini
http://vaticaninsider.lastampa.it/
Una risposta ai problemi della Chiesa di oggi arriva dritta dritta dagli scritti di uno studioso che ha messo a chiare lettere in discussione qualsiasi risposta dogmatica a fronte della radicale esigenza di fantasia e libertà. Sto parlando di Ivan Illich (1926-2002) che è stato prete cattolico, di formazione cosmopolita, censurato per le sue idee dalla Santa Sede e lasciare il sacerdozio. Esce ora un’antologia che raccoglie alcuni suoi articoli, sulla crisi della Chiesa allora (sembrano però scritti oggi) e sulla necessità di una nuova pedagogia sociale. Scriveva così: «La Chiesa romana è la più grande organizzazione burocratica del mondo a livello non governativo.
Impiega a tempo pieno un milione e ottocentomila lavoratori: preti, frati, suore e laici (era il 1967, ndA). (…) Sorge il sospetto che essa abbia perso il suo rapporto col Vangelo e con l’uomo, tanto che incertezza, dubbio e confusione serpeggiano orami anche fra i suoi dirigenti, i suoi funzionari ed i suoi impiegati».
Ed aggiunge che «Il problema centrale di questa crisi non è l’invasione dello spirito del mondo nella struttura della chiesa, né la mancanza di generosità e di dedizione di questi disertori ma piuttosto la caratteristica della struttura in se stessa. Questa è già una conclusione che può essere assunta a priori, dal momento che le strutture attuali della Chiesa sono sorte come risposta a situazioni passate assai diverse da quelle dei nostri giorni. Inoltre il contesto nel quale la Chiesa deve svolgere la sua reale funzione (che è quella di evangelizzare) è quello di un mondo nel quale la rapidità con cui avvengono i mutamenti di struttura sociale è in continuo aumento.
La proposta di Illich è semplice. Primo: il senso del cristianesimo è nell’ evangelizzare. Dunque niente a che vedere con il proliferare di strutture ed istituzioni sociali, educative, sanitarie alle quali abbiamo assistito in tutto il mondo. Solo annuncio del Vangelo e cambiamento interiore. Il resto verrà da sé. Secondo: un radicale ripensamento del modello in base al principio che «l’efficienza burocratica corrompe la testimonianza cristiana in modo più sottile ancora del potere». Se la crisi è sistemica, la risposta va nella direzione di una radicale rottura rispetto al passato.
L’esempio, per capire, riguarda la «forma» che secondo Illich potrebbe assumere la vita dei preti. A suo avviso «il ministero sarà esercitato non più come impegno a tempo pieno ma piuttosto come una gioiosa attività nel tempo lasciato libero dal lavoro. La diaconia sostituirà la parrocchia nel ruolo di unità istituzionale di base della Chiesa. Il periodico incontro di amici sostituirà l’assemblea domenicale che oggi riunisce nello stesso luogo persone estranee l’una all’altra; questo incontro di amici sarà presieduto non da uno scribacchino o da un funzionario, quali sono gli impiegati ecclesiastici di oggi, ma da un operaio, da un insegnante o da un dentista, da persone, insomma, che si mantengono con il proprio lavoro. Questo ministro sarà un uomo di cristiana saggezza, acquisita durante tutta una vita di partecipazione all’intensa liturgia della comunità, piuttosto che un diplomato del seminario la cui formazione professionale si basa sulle formule teologiche.
Le suggestioni di Illich ci fanno capire che le soluzioni alla crisi sistemica sono già state individuate, ed in anticipo sull’esplodere della crisi stessa. Oggi la capacità di leadership non si misura sulle parole, sui troppi convegni, bensì sulla effettiva possibilità di riconoscere i problemi, meglio se prevenirli, saperli chiamare per nome ed avviare delle strategie per superarli. Il tutto unito ad una presenza efficace sui media per comunicare un messaggio coerente.