La Chiesa secondo don Vinicio; fra mali, mercato, potere, futuro e speranze

don Vinicio Albanesi e Marco Damilano
http://www.informazione.tv/ 28 giugno 2012

Senza peli sulla lingua, senza fare troppi calcoli: così don Vinicio Albanesi, fondatore della Comunità di Capodarco, sabato scorso, in un dialogo con il giornalista del l’Espresso Marco Damilano ha illustrato il suo libro, “I tre mali della Chiesa in Italia”.

L’analisi parte da un dato di fatto: c’è un salto generazionale incredibile fra i nati negli anni ’60/’70 e i loro figli, cui non sono riusciti a trasmettere l’insieme dei valori tramandati fino loro per generazioni. E la Chiesa? In tutto questo resta immobile, si aggrappa al passato, che dà sicurezza, senza riuscire ad individuare nuovi strumenti: “Il rosario è una preghiera del ‘200, ormai è diventato uno psicofarmaco naturale per chi ha problemi di sonno”.
Il primo male della Chiesa sarebbe il troppo verbalismo, cioè il voler aggirare e mitigare la crudezza del messaggio evangelico attraverso dei vuoti giri di parole che portano al nulla. “Non si serra con la verità, si mescolano parole nuove con parole eterne, non si capisce cosa è umano e cosa è divino. La verità va affrontata: quando si dice messa si parla di una morte, reale e cruda. Certi canti invece la ridicolizzano. Se si svuotano le celebrazioni di significato si cade in contraddizione”.

I giovani preti poi sono solo poveri ragazzi, entrati in seminario non per Fede, ma per un fatto emozionale: “Io sono entrato in seminario a 11 anni, e lì sono stato formato al dominio di me; l’incontro con Cristo è avvenuto dopo, a fatica”. Qui si innesta il secondo male, l’estetismo, cioè una vuota ricerca di immagine che dovrebbe dare autorità, quando questa invece viene dalla morale della persona: “Se sei una scatola vuota non puoi renderti conto del male che fai, come avviene per i preti pedofili. Anzi: per salvaguardare l’immagine, questi sono stati protetti da una casta di vescovi vigliacchi e moralisti”.

Ed eccolo qui il terzo male, il moralismo appunto, che non permette di vedere l’uomo nella sua integrità, dando una visione ristretta del mistero cattolico, riducendolo ad uno scontro “bene vs male”: “Bisogna aspettare il “volo basso della quaglia”, non bisogna agitarsi: quando le persone che vediamo lontane dalla Chiesa avranno dei problemi, queste si riavvicineranno, noi lì dobbiamo trovarci pronti al dialogo, senza permetterci di giudicare. Invece vedo troppi preti che si agitano: calma; ognuno può vivere come vuole, bisogna però aver sempre ferma la nostra storia, che ci ripropone i problemi di sempre. Oggi abbiamo un problema enorme a dialogare con i 17enni, il brutto è che anche quelli di 25 anni hanno dei problemi a dialogare con i più giovani”.

La discussione poi cade sui laici: “Trattati come sudditi, non sono altro che chierichetti: non è permesso che emerga la loro spiritualità. La donna in questo è trattata ancora peggio, non è nemmeno un chierichetto”. Si arriva così a parlare della Chiesa, della sua gerarchie e istituzione: “Anche qui siamo fermi da secoli: a cosa serve più uno Stato della Chiesa? Serviva nell’800, quando volevano far fuori il Papa, ma adesso? Per caso l’ONU ha uno Stato? A cosa servono i cardinali all’interno dello IOR o i Nunzi Apostolici, quando tu hai già una rete di vescovi sul territorio? Certo, l’organizzazione della Chiesa deve rimanere, ma tutto questo appesantimento deve essere tolto”.

C’è poi il “Patto con il Diavolo”, stipulato fra politica e gerarchia: “La politica garantisce la difesa dei valori e pretende in cambio libertà morale, solo così si spiega il silenzio su certi personaggi pubblici. Se poi uno di questi dovesse diventare Presidente delle Repubblica è arrivata proprio l’ora che cambi nazione, vado a vivere in Albania”.
Infine, qualche considerazione sulla crisi: “Non la supereremo, questo perché stiamo vivendo un assalto alla dirigenza, ci si accaparra risorse in base alla propria potenza. Ci rubiamo fra di noi, non sono solo gli speculatori a rubarci. Dobbiamo sempre ricordarci che i soldi presi dal mercato non si sa da dove vengono, se da una fabbrica di preservativi o di bombe. In questo si inserisce la problematica giovanile: i giovani non hanno spazio, e questo è colpa degli adulti che non glielo lasciano”.

In conclusione, ecco la Chiesa come dovrebbe essere, secondo il parroco di San Marco alle Paludi: “Umile, leale, plurima, misericordiosa, affettuosa, coraggiosa e fiduciosa. Il desiderio di trascendentale è molto alto: la sfida per i preti è quella di non aver paura. Siamo pieni di misteri, non possiamo pretendere di risolverli tutti”.