Le accuse di Viganò e le verifiche del Vaticano

Andrea Tornielli
http://vaticaninsider.lastampa.it/ 28 gennaio 2012

La polemica aperta con la puntata de «Gli intoccabili» su La7: ecco come la Santa Sede indagò sugli episodi citati dall’attuale nunzio negli Stati Uniti

C’è un episodio non detto nella polemica che da giorni riguarda le accuse rivolte dall’allora segretario del Governatorato, il vescovo Carlo Maria Viganò, nominato nunzio negli Stati Uniti dopo aver scritto drammatiche lettere al Papa e al Segretario di Stato Tarcisio Bertone, nelle quali si parla di episodi di «corruzione» in Vaticano. Le lettere riservate del prelato – la cui vicenda venne rivelata da Vatican Insider lo scorso 26 giugno – indirizzate a Benedetto XVI e al suo principale collaboratore, sono state esibite dal giornalista Gianluigi Nuzzi durante la puntata della trasmissione d’inchiesta di La7 «Gli intoccabili».

In quelle lettere, Viganò al quale era stato ormai comunicata la decisione del Papa di nominarlo nunzio negli Stati Uniti che lo allontanava (promuovendolo) dal Governatorato dopo neanche due anni e dopo innegabili risultati di moralizzazione e di tagli alle spese, si diceva vittima di un complotto, che era passato anche attraverso alcuni articoli anonimi pubblicati su «Il Giornale», e indicava nomi e cognomi degli ispiratori, citando come ispiratore ultimo monsignor Paolo Nicolini, delegato per i settori amministrativo-gestionali dei Musei Vaticani.

In una lettera inviata l’8 maggio 2011 al cardinale Bertone, Viganò attribuisce alla responsabilità di Nicolini «contraffazioni di fatture» e ammanchi, una «partecipazione di interessi» in società inadempienti verso il Governatorato «per almeno due milioni duecentomila euro e che, antecedentemente aveva già defraudato “L’Osservatore Romano”, per oltre novantasettemila Euro e l’Apsa, per altri ottantacinquemila». Inoltre Viganò accusava Nicolini di «arroganza e prepotenza nei confronti dei collaboratori che non mostrano servilismo assoluto nei suoi confronti, preferenze, promozioni e assunzioni arbitrarie fatte a fini personali».

Nella replica alla trasmissione di La7 che il giorno successivo padre Federico Lombardi ha reso nota su mandato della Segreteria di Stato, sono state fornite indicazioni dalle quali risulta che l’innegabile opera moralizzatrice e risanatrice della gestione Viganò sui bilanci – il presepe in piazza San Pietro, ad esempio, è passato da un costo di 550.000 euro a 300.000 – è stata un merito non attribuibile soltanto al suo impegno, ma anche a quello del suo superiore diretto, il cardinale Giovanni Lajolo, come pure alla gestione più oculata dei Musei Vaticani: tutto ciò ha permesso ai conti di tornare in attivo di qualche milione di euro, mentre in precedenza di registrava un pesante deficit.

Quello che non è stato rivelato dal comunicato della Santa Sede, è che sulle accuse di Viganò a Nicolini è stata svolta un’inchiesta interna, affidata a una commissione disciplinare, presieduta da un ex uditore della Rota Romana, monsignor Egidio Turnaturi. La commissione ha ascoltato i testimoni citati nelle drammatiche lettere del prelato. Per quanto riguarda gli articoli anonimi su «Il Giornale», si è concluso con l’«indimostrabilità» delle attribuzioni messe nero su bianco da Viganò, mentre dopo le indagini si sono rivelate non fondate altre accuse relative a monsignor Nicolini, anche se la commissione ha ritenuto riscontrati i rilievi riguardanti il suo carattere e ha suggerito di prendere provvedimenti.

Questo tassello è importante per ricostruire la vicenda, perché altrimenti si potrebbe essere indotti a pensare che le segnalazioni di irregolarità o di reati rimangano senza seguito Oltretevere. «Ovviamente – spiega a Vatican Insider un’autorevole fonte vaticana – monsignor Viganò ha fatto il suo dovere denunciando riservatamente ai superiori ciò che riteneva necessario denunciare. Ma non si deve immaginare che le sue denunce siano state considerate carta straccia o prontamente archiviate».

La decisione del Papa, messo a conoscenza degli esiti dell’inchiesta e consultati Bertone e Lajolo, è stata di nominare l’arcivescovo nunzio apostolico negli Stati Uniti: innegabilmente un «promoveatur ut amoveatur», se è vero che al prelato era stata in qualche modo «promessa» la successione ai vertici del Governatorato con annessa porpora cardinalizia. La decisione è stata presa a motivo del clima di tensione che si è venuto a creare nello Stato della Città del Vaticano. E le parole di Lombardi sulla piena fiducia nutrita dal Pontefice verso Viganò, sta a indicare il riconoscimento dei suoi meriti nel processo di risanamento.

Certo, ci si potrebbe anche domandare per quale motivo, se si sono considerate tutte infondate le accuse rivolte dal prelato nelle lettere, lo si è considerato poi degno di ricoprire un incarico delicato e di prestigio qual è quello di capo dell’ufficio diplomatico di Washington, responsabile dei rapporti con la Casa Bianca e stretto collaboratore del Papa nella scelta della classe dirigente della Chiesa statunitense. Un incarico che richiede equilibrio, riservatezza e ottime capacità diplomatiche.

Un’altra domanda riguarda la continuazione o l’eventuale rallentamento, del processo di risanamento operato da Viganò. E su questo dovrebbe rimanere alta l’attenzione, fuori e dentro le mura, per evitare che si ripetano o continuino episodi oggettivamente scandalosi, tanto più un periodo di grave crisi economica come quello che stiamo vivendo. È stato scioccante apprendere che un presepe composto di una stalla o di una grotta ricostruita in Piazza San Pietro costava tanto quanto una bifamiliare nella campagna romana. Quest’anno, il primo dopo la «cura Viganò», il presepe è costato come l’anno precedente, 300.000 euro, e secondo alcune indiscrezioni si starebbe lavorando per dimezzarne il costo nel 2012.

Di certo, anche se nel comunicato padre Lombardi tendeva a stemperare le tensioni affermando come non corrisponda alla realtà presentare il Vaticano attraversato «da liti, divisioni e lotte di interessi», l’immagine che esce dalle lettere e dal fatto che le lettere siano state divulgate, è invece proprio quella. È innegabile che la vicenda Viganò si inserisca in un panorama più ampio: quello dei persistenti problemi di governo interni alla Segreteria di Stato guidata dal cardinale Bertone. La diffusione delle lettere scritte appena qualche mese fa, sta a indicare che queste lotte ci sono state, ci sono, e prevedibilmente continueranno.

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Stato della Città del Vaticano
Governatorato
Il Segretario Generale

A Sua Santità
Papa Benedetto XVI

Città del Vaticano, 7 luglio 2011

Beatissimo Padre,

con profondo dolore e amarezza ho ricevuto dalle mani dell’Em.mo Cardinale Segretario di Stato la comunicazione della decisione di Vostra Santità di nominarmi Nunzio Apostolico negli Stati Uniti d’America. In altre circostanze tale nomina sarebbe stata motivo di gioia e segno di grande stima e fiducia nei miei confronti ma, nel presente contesto, sarà percepita da tutti come un verdetto di condanna del mio operato e quindi come una punizione.

Nonostante la grave lesione alla mia fama e gli echi negativi che questo provvedimento provocherà, la mia risposta non può essere che di piena adesione alla volontà del papa, come sempre ho fatto durante il mio ormai non breve servizio alla Santa sede. Anche di fronte a questa dura prova, rinnovo con profonda fede la mia obbedienza assoluta al Vicario di Cristo.

L’incontro concessomi da Vostra Santità il 4 aprile scorso mi aveva recato grande conforto, così come la successiva notizia che il Papa aveva istituito una speciale Commissione “super partes”, incaricata di chiarire la delicata vicenda in cui sono stato coinvolto; e così pure mi era sembrato ragionevole sperare che ogni eventuale provvedimento a mio riguardo sarebbe stato preso solo a conclusione dei lavori di detta Commissione, anche perché non apparisse punito chi, per dovere d’ufficio, aveva segnalato al suo immediato Superiore, il Card. Giovanni Lajolo, fatti e comportamenti gravemente riprovevoli che, del resto, S.E. Mons. Giorgio Corbellini, Vice Segretario Generale, aveva invano più volte già riportato e documentato al medesimo Superiore – molto prima della mia venuta al Governatorato – e che, in mancanza di un intervento del medesimo Cardinale, si era sentito in dovere di riferire anche in Segreteria di Stato.

Mi ha poi ancor più addolorato il sapere, a seguito dell’udienza con l’Em.mo Cardinale Segretario di Stato il 2 luglio corrente, che Vostra Santità condivide il giudizio sul mio operato nei termini in cui era stato anticipato il 26 giugno scorso in un blog di Andrea Tornielli, che cioè io sarei colpevole di aver creato un clima negativo al Governatorato, rendendo sempre più difficili le relazioni tra la Segreteria generale e i responsabili degli uffici, tanto da rendere necessario il mio trasferimento.

Al riguardo, desidero assicurare Vostra Santità che ciò non corrisponde minimamente alla verità. Gli altri Cardinali membri della Pontificia Commissione del Governatorato, che sanno bene come ho agito in questi due anni, potrebbero informarLa con maggiore obiettività, non essendo essi parte in causa in questa vicenda, e provare facilmente quanto siano lontane dal vero le informazioni che Le sono state riferite sul mio conto, che sono state il motivo della Sua decisione nei miei confronti.

Mi angustia poi il fatto che, dovendo purtroppo prendermi cura personalmente di un mio fratello sacerdote più anziano, rimasto gravemente offeso da un ictus che lo sta progressivamente debilitando anche mentalmente, io debba partire proprio ora, quando ormai intravedevo di poter risolvere in pochi mesi questo problema familiare che tanto mi preoccupa.

Santità, per le ragioni sopra esposte, mi rivolgo a Lei con fiducia per chiederLe, a tutela della mia buona fama, di rinviare per il tempo necessario l’attuazione della decisione da Lei già presa, che in questo momento suonerebbe come un’ingiusta sentenza di condanna nei miei confronti, basata su comportamenti che mi sono stati falsamente attribuiti, e di affidare il compito di approfondire la reale situazione di questa vicenda, che vede coinvolti anche due Em.mi Cardinali, ad un organo veramente indipendente, quale ad esempio la Segnatura Apostolica. Ciò permetterebbe di far sì che il mio trasferimento possa essere percepito come un normale avvicendamento e di consentirmi, altresì, di trovare più facilmente una soluzione per mio fratello sacerdote.

Qualora Vostra Santità me lo concedesse, desidererei ardentemente, ad onore del vero, poterLe fornire personalmente gli elementi, necessari a chiarire questa delicata vicenda, di cui certamente il Santo Padre è stato tenuto all’oscuro.

Con profonda venerazione, rinnovo a Vostra Santità sentimenti di filiale devozione

in X.to Signore
+ Carlo Maria Viganò