Sinistra e (prelati) cattolici
Aldo Zanca
www.italialaica.it
20.10.2011 – Facendo un rapido calcolo, cioè sommando gli aderenti alle organizzazioni di ispirazione cattolica che hanno partecipato al convegno di Todi, che sono 11.050.000, dovrebbero essere disponibili per difetto almeno 20-25 milioni di voti, considerando che ogni aderente tiene famiglia. Quindi l’inesausta caccia al voto cattolico rimane più che mai aperta, specialmente dopo Todi dove laicato e gerarchia lì presenti (quelli fuori non si sa) si sono dichiarati contro il governo Berlusconi e contro Berlusconi stesso (checché lui ne dica).
E quindi la sinistra, in testa il PD, rilancia il frusto “dialogo con i cattolici”, che si penserebbe essere il dialogo con i milioni di cattolici, più o meno praticanti e forse più o meno cattolici. Invece no. È il dialogo (?) con la gerarchia, oggi allargato ai vertici di organizzazioni secolari, come è stato sempre fin dai tempi di Togliatti e dell’Assemblea costituente.
Adesso però si vogliono fare le cose per benino. Non si tratta di individuare punti di incontro, un minimo comun denominatore, un accordo che John Rawls chiama “per intersezione”, a partire da cui consolidare e rendere più efficienti le regole della convivenza civile in una visione laica dello spazio pubblico, il che significa cercare di mettersi in sintonia con i milioni di cattolici, di cogliere i loro umori più veri, di porgere loro, con chiarezza ed onestà, i contenuti della cultura laica, che ormai altro non è se non la cultura della democrazia liberale, in cui convivono le più disparate visioni etiche e religiose. (Ma non ci sono molti altri verso cui bisogna fare la stessa operazione?).
Secondo i nuovi ideologi del dialogo si tratta, invece, di prendere per oro colato le posizioni espresse, con fastidiosa insistenza, da Benedetto XVI e dal cardinal Bagnasco, assumendole come ragionevoli e condivisibili da tutti. Si prendono quattro intellettuali “etichettati” e gli si fa firmare una lettera messa in giro come ballon d’essai per vedere l’effetto che fa. Questa lettera di Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti e Giuseppe Vacca espone “brevi cenni sull’universo” e occorrerebbe almeno lo spazio di un saggio per replicarla. Ma il senso politico di capitolazione di fronte al Vaticano è evidente, essendo un’adesione esplicita alle tesi di Benedetto XVI e del cardinale Angelo Bagnasco.
«Il terreno comune – si dice – è la definizione della nuova laicità». Il nocciolo sta nell’aggettivo: la laicità deve smetterla di essere quello che è e diventare “nuova” o anche “sana” o “vera”, insomma un’altra cosa e deve andare a braccetto non con la religione o con le religioni, ma con la religione cattolica così come essa si esprime nell’attuale dottrina. Si auspica il superamento del «bipolarismo etico che in passaggi cruciali della vita del Paese ha condizionato negativamente la politica democratica». Ma chi stava dalla parte del progresso e chi della reazione? E poi si può, oggi come oggi, parlare di bipolarismo etico o non è più corretto parlare di multipolarismo etico? In una moderna democrazia liberale sono ammesse tutte le opzioni etiche, alla sola condizione che non pregiudichino le regole del vivere comune.
Secondo la lettera, sarebbe appannaggio dei soli cattolici, ovviamente sotto la guida della gerarchia, l’impegno per la realizzazione di un “umanesimo condiviso”, impegno che solo ora starebbe interessando anche i non credenti, e quindi si auspica da parte laica la promozione «dell’iniziativa politica e culturale volta non solo a interloquire con il mondo cattolico, ma anche a cercare forme nuove di collaborazione con la Chiesa», dove si capisce benissimo che cosa significa “collaborazione con la Chiesa”, ma un po’ meno “interloquire con il mondo cattolico”. Perché non si fa un sondaggio su cosa ne pensano i cattolici del caso Eluana Englaro?
Segue poi la parte più gustosa, dove si trova una strabiliante interpretazione della condanna del relativismo etico che «non travolge il pluralismo culturale», ma si rivolge solamente a insignificanti posizioni nichiliste. Perché allora tanta ossessiva insistenza sull’argomento? Dove si trova anche l’incredibile affermazione che il concetto di valori non negoziabili «non nega l’autonomia della mediazione politica», cosa che è apparsa lapalissiana in alcune recenti occasioni (fecondazione assistita, testamento biologico, unioni non matrimoniali e omosessuali e via continuando).
Che cosa sia il “determinismo scientistico del centrosinistra” (di D’Alema? di Fioroni? o forse di Di Pietro?) proprio non si riesce a comprendere.
Comunque a raggelare il sacro fuoco dei quattro mandati in avanscoperta ci ha pensato il cardinale Bagnasco in persona con il suo discorso a Todi, mettendo in riga i laici cattolici. Il prelato ha chiarito quali sono questi essenziali valori non negoziabili, niente meno le sorgenti stesse dell’uomo: «l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la donna nel matrimonio, la libertà religiosa ed educativa». Cioè: niente aborto, niente autanasia, matrimonio solo tra un maschio e una femmina e scuole private. Ecco in che cosa consiste la famosa dottrina sociale della chiesa.
C’è dell’altro, è vero, ma sono chiacchiere. Tali valori, secondo il cardinale, determinano «un ordine e una gerarchia costitutiva […]formano la ’sostanza etica’ di base del nostro vivere insieme». Su di essi non c’è nulla da dire, essi «non sono oggetto di negoziazione». Prendere o lasciare. E chiuso il discorso. La chiesa cattolica continua ad esprimere una posizione indiscutibilmente antimoderna ed antiliberale, nella misura in cui pretende di imporre a tutti alcuni divieti e non accetta che su alcune materie la legge consenta di operare una scelta che altri si sentono eticamente obbligati a non fare.
Se la lettera ballon d’essai voleva sondare se si poteva fare una bella alleanza elettorale per beccare un po’ di voti cattolici, offrendo in cambio l’accettazione dei valori non negoziabili e della condanna del relativismo etico, magari con qualche edulcorazione, lor signori sono serviti.