Bioetica. Corte di Giustizia UE stabilisce la nozione di “embrione umano”
Preoccupazione della Commissione bioetica della Tavola valdese
Roma (NEV), 19 ottobre 2011 – La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (UE) ieri si è espressa in merito a come debba essere intesa la nozione di “embrione umano”, interpellata in via pregiudiziale in merito all’interpretazione della Direttiva 98/44/EC sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, disposizione che considera non brevettabili le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali.
Nello specifico la Corte ha stabilito che costituisce un “embrione umano” qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e a svilupparsi. Inoltre, la Corte ha affermato che non può essere oggetto di brevetto l’utilizzazione di embrioni a fini di ricerca scientifica, ma solo l’utilizzazione per finalità terapeutiche o diagnostiche che si applichi all’embrione umano e sia utile a quest’ultimo.
“Come Commissione bioetica della Tavola valdese crediamo di dover esprimere la nostra preoccupazione per una simile presa di posizione, che intendendo la nozione di ‘embrione umano’ in modo estensivo, come ente umano con potenzialità di sviluppo, a prescindere dalla fecondazione gametica, e accordando a tale entità protezione giuridica, rischia di avere pesanti ricadute sulla ricerca biomedica su cellule staminali embrionali, creando inoltre un crescente divario tra i Paesi europei e le altre nazioni in questo settore”, ha dichiarato oggi la giurista Silvia Rostain, membro della Commissione bioetica della Tavola valdese.
La Commissione della Tavola valdese per i problemi etici posti dalla scienza (Commissione Bioetica) è composta da una dozzina di teologi, giuristi, medici, scienziati e ricercatori valdesi, metodisti e battisti. Ne è il coordinatore il filosofo Luca Savarino.
Mi sembra che si possa leggere anche così:
1) la Corte di Giustizia, richiesta di dire ciò che intendesse normare con l’accezione di “embrione” ha spiegato cosa intendeva, quale era precisamente oggetto dell’intervento normativo. E ha risposto che intendeva parlare di “qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e a svilupparsi”.
2) La ricerca scientifica non è impedita. E’ impedita la brevettabilità e la commercializzazione della ricerca. Sicuramente la ricerca procede spedita se a spingerla sono interessi venali, ma stiamo parlando di cellule umane predisposte per la nascita di persone e dunque bisogna andarci con calma e con intendimenti non proprio venali.
3) Ci sono Paesi che su questo punto si fanno meno scrupoli. Dove sono arrivati? Curano i malati di Parkinson con il frutto delle ricerche brevettate? E chi sono le persone che curano? Ci sono i figli dei Paesi emergenti? E quanto costano queste cure?
Magari, senza brevetti andiamo con più calma ma andiamo anche nella direzione giusta. E’ possibile? E’ possibile ripensare il sistema dei brevetti adesso che stiamo mettendo le mani su materiale umano tanto sensibile in un contesto dove dall’oggi al domani ti dicono che hanno clonato una pecora e tu non ti immaginavi neppure che si potesse fare? E renderci tutti più partecipi e informati sullo stato dell’arte?