TorinoPride: lettera all’Arcivescovo di Torino
All’Arcivescovo di Torino
e per conoscenza:
Al Presidente del Consiglio regionale del Piemonte
Gentile Signor Arcivescovo,
abbiamo preso visione, con enorme stupore ed allarme, di una lettera firmata dal Centro cattolico di Bioetica dell’Arcidiocesi di Torino, indirizzata al Presidente del Consiglio regionale del Piemonte, nella quale, in merito alla proposta di legge n. 79 in materia di lotta alle discriminazioni, si afferma che ” … Né, stante la libertà di ricerca, venga discriminato, censurato o ostacolato (anche nell’accesso a eventuali finanziamenti) chi con metodo scientifico coltiva la tesi che l’omosessualità sia curabile“.
Tralasciando tutti gli altri punti della lettera ampiamente discutibili, urge soffermarsi sulla frase citata perché sotto le mentite spoglie di una dichiarazione di libertà, cela ben peggiori realtà di ignoranza e pervicacia ideologica, con la conseguenza di pregiudizio e discriminazione che l’accompagna.
Continuare ad affermare oggi, nel 2011, che c’è qualcuno che sta studiando “con metodo scientifico” la possibilità di curare l’omosessualità equivale a sostenere che sia possibile che qualcuno possa studiare “con metodo scientifico” l’inesistenza dei campi di sterminio o la teoria che il sole giri intorno alla terra. Queste posizioni sono pure forzature, che tutti coloro che praticano scienza (od anche solo il senso comune e l’osservazione della realtà) hanno da tempo abbandonato a coloro che per cieco ideologismo, vogliono continuare a credere che i campi di sterminio non esistono, il sole giri intorno alla terra e l’omosessualità sia una malattia. Non è un caso che nel mondo questo tipo di posizione è rimasto appannaggio unicamente dei peggiori regimi totalitari.
Se si trattasse solo del rigurgito di singoli che non intendono accettare la realtà, ci sarebbe solo da sorridere. Purtroppo l’infondata tesi sta scritta su carta intestata dell’Arcidiocesi che, in questo modo, contribuisce ad aggiungere ignoranza e sofferenza nei confronti delle migliaia di adolescenti e delle loro famiglie che credono nel magistero della Chiesa e cercano di vivere appieno la propria identità.
Questa, infatti, è la parte peggiore di quella lettera: non è infatti l’ignoranza che ci stupisce, e nemmeno il pregiudizio, quanto la cattiveria spacciata per bontà, il perverso relativismo spacciato per libertà di espressione, il pregiudizio ideologico nascosto dietro il “metodo scientifico”.
Signor Arcivescovo, forse sarà stato informato che nel 2006, anno in cui si svolse il Pride nazionale a Torino, il Coordinamento Torino Pride lgbt iniziò un confronto serio con i rappresentanti di tutte le confessioni religiose. Particolare rilievo ebbe l’incontro con il cardinal Poletto, primo Cardinale italiano ad incontrare delegazioni ufficiali di gruppi di gay, lesbiche e transessuali.
Da quell’incontro nacque un lavoro di confronto e scambio molto proficuo con alcuni autorevoli rappresentanti della Curia: noi e loro abbiamo sempre creduto nel dialogo e nel confronto, come unica strada per comprendere e, magari, cambiare vecchie, polverose e dolorose prese di posizione. Quel lavoro diede anche qualche frutto che, secondo noi, è rilevante non solo per la comunità di persone omosessuali cattoliche. Questa posizione rischia di cancellare anni di pazienza e di lavoro, in nome, peraltro, di non si comprende quale diritto.
Come forse saprà dal 26 al 30 ottobre prossimi Torino ospita la XV Conferenza annuale di ILGA-Europe, la federazione che accoglie tutti i gruppi di gay, lesbiche e transessuali in Europa. Un evento di grande rilievo politico e sociale che, forse per questo, ha ottenuto il patrocinio del Ministero delle Pari Opportunità, del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, oltre che del Comune di Torino e della Provincia di Torino.
Il 21 ottobre prossimo, proprio in vista della Conferenza, abbiamo organizzato una iniziativa pubblica in Piazza Vittorio, dalle 19 alla mezzanotte, dove presso alcuni locali che si sono offerti di ospitare le nostre associazioni si potrà discutere e informarsi sulla realtà lgbt italiana e torinese, e su quali sono i diritti che a tutt’oggi sono negati. Il titolo della serata richiama il titolo della Conferenza “Traditional value and human rights: clash or dialogue?”. Ecco, a noi pare che la lettera citata sia ancora dalla parte del clash, dello scontro, della chiusura dialettica.
Noi continuiamo a pensare che invece il dialogo non sia solo utile, ma necessario. Quindi la invitiamo a partecipare alla serata: avremo modo di accoglierla e parlare della nostra vita vera, senza le falsità che pseudo scienziati continuano a promuovere.
Andrea Fino
Presidente Coordinamento Torino Pride LGBT
Roberta Padovano
Vice Presidente Comitato ILGA Europe Torino 2011
Comitato ILGA Europe Torino 2011
Via Santa Chiara 1, 10122 – Torino
segreteria@ilgaeuropetorino.eu
www.ilgaeuropetorino.eu
Coordinamento Torino Pride LGBT
Via Santa Chiara 1, 10122 – Torino
segreteria@torinopride.it
www.torinopride.it
Grazie a Cristiano e SiBa…
Dice bene Cristiano: se uno si sente a casa in un luogo ci entra senza chiedere nessun permesso, le regole rigide di qualche “magistero” esistono solo per i moralisti (cattolici e no) e per gli impauriti (cattolici e no).
Gli altri si sentono a casa in una comunità che vive una fede (basata sulla Parola, naturalmente!) e fanno azione politica, se lo ritengono opportuno, in modo conseguente alla propria fede.
Il mio modo di fare politica, con tutti i miei difetti, essendo cattolico mi sembra che sia sotto gli occhi di chi legge questa lista. Ribadisco solo che il mio impegno per i diritti LGBT nasce dal fatto di essere cattolico ed è coerente con i principi del cattolicesimo.
Andrea
Modestamente ho l’impressione che dovremmo dare un sguardo obiettivo sulla questione.
Dovremo ricordare e ricordarci che chi vive una relazione con un compagno\a, detta in forma more uxorio, è di fatto fuori dalla prassi sacramentale della chiesa cattolica.
Almeno, che io sappia, non ci sono privilegiati su questo frante.
D’altra parte lo sappiamo in che simile condizione viene a trovarsi chi ha divorziato, chi pur essendo etero convive senza il suggello del matrimonio.
Dunque dialoghiamo. Dialoghiamo con chi ha come riferimento il catechismo, e con questo alla mano ci “indica” con il magistero cosa è bene o non bene per la nostra propria coscienza.
Certamente appare curioso come sia possibile riconoscersi un una compagine religiosa quando di fatto questa nega nei suoi documenti ufficiali la legittimità di un nostro modo di essere.
Io ho l’impressione che molti e molte di queste persone che sostengano la chiesa cattolica con tanta pervicacia non siano dei cretini bisognosi di liberazione; credo piuttosto che la prassi liberante sia invece necessaria nel cammino di fede, e che a questo cammino bisognerebbe dedicarsi.
Ma la liberazione, almeno nella mente delle gerarchie cattoliche, non è un argomento che ha felice cittadinanza; non è il caso di disturbare gli storici per confermarlo.
Invece dialogare è possibile con chi al posto del catechismo mette di fronte la Parola; e mettendosi questa davanti sa che viene a trovarsi inadeguato e terribilmente lontano dalle sollecitudini che questa propone.
Apriamo gli occhi gente!! Diamoci una trapanata e guardiamo la realtà da credenti adulti!
Fortifichiamo la prassi evangelica, non perdiamo tempo dietro il frusciar delle vesti ecclesiastiche. E’ tempo sprecato, meglio lasciare questi commercianti del potere.
Se ci sentiamo veramente a casa nostra non è consuetudine chiedere permesso per entrarvi; se non ci sentiamo a casa nostra lasciamo senza remore queste mura che non ci appartengono e che dopotutto non vogliono includere\ci.
E’ bello abitare luoghi che ci siano più famigliari, più aperti.
La libera cittadinanza non è sottoposta a questioni di dialogo, è una dignità alla quale abbiamo diritto.
Un saluto cordiale a tutti e tutte,
Cristiano
Grazie per il tuo intervento Andrea.
Mi permetto solo di aggiungere alcune note alla mia riflessione.
Ognuno è libero di professare la fede, la religiosità, di avere le
credenze che preferisce e di vivere la propria vita nella comunità che
gli è più congeniale. Cosi’ come ognuno è libero di non avere la
necessità di alcun tipo di religiosità e spiritualità o di averla in
modo molto “eccentrico”.
A differenza tua non credo che la religiosità sia insita nell’uomo e
rivendico il diritto a scegliere di vivere la mia vita nell’ateismo o se
preferisco nell’agnosticismo senza che qualcuno mi indichi “l’unica via
giusta” e si metta a pontificare sui miei bisogni interiori.
Io credo di conoscere i MIEI di bisogni e desideri (che comunque sono
continuamente in mutamento) e parlo per me, ascoltando i bisogni e i
desideri degli altri e confrontandomici, non partendo da certezze
assolute generalizzandole all’intera umanità.
Non reputo qualcuno cretino solo perché crede in una divinità o perché
si da’ risposte non razionali a domande “di senso”. Anche io credo in
cose che a molti potrebbero sembrare “strane” e ho una mia etica e un
mio insieme di valori (tra l’altro continuamente in evoluzione).
Allo stesso modo non reputo cretino chi crede nella fatina dei denti,
nei fantasmi, che la terra sia piatta, il mondo si sia formato 4000 anni
fa, i dinosauri non siano mai esistiti, la pena di morte in alcuni casi
sia giustificabile, l’uomo sia stato creato da dio, l’aborto e la
contraccezione siano omicidio, i gay vadano curati, le donne siano
inferiori agli uomini, …
Credo però che alcuni di questi atteggiamenti e convinzioni siano
pericolosi per il tipo di società a cui io miro e per la mia libertà (e
incolumita’) personale o quella delle persone che mi sono care, che
vadano repressi e osteggiati in ogni modo e che non meriti neanche
un’ora della mia vita il dialogo con alcune delle persone che più
attivamente le promuovono e agiscono poichè entrino a fare parte del
“sentire comune” e delle leggi della società in cui vivo.
Non credo che queste persone siano cretine, credo siano molto
pericolose. Quando Jerry Falwell [1] morì qualche anno fa la mia
reazione fu di gioia e mi rallegrai che un pericoloso stronzo in meno
avesse modo di diffondere le sue idee di odio e di discriminazione sulla
terra. Non pensai certo che era morto un cretino.
Il mio punto sulla questione è chiaro: ognuno creda quel che vuole ma
quando una struttura gerarchica, potente e ben organizzata come la
chiesa cattolica cerca di influenzare radicalmente in modo negativo la
mia vita e le mie possibilità di scelta io la combatto, non ci dialogo.
Cosi’ come faccio notare a chiunque faccia parte di una realta’ simile
che danno mi stia facendo supportando (economicamente, socialmente e
politicamente) quella realtà. Tutto questo senza neanche entrare nel
merito di una riflessione (che sicuramente sarebbe lunga e non credo
abbia senso in questa lista) sul senso di essere all’interno di una
comunità che ti considera malato e da curare e provare a cambiarla
dall’interno.
A differenza di buona parte delle realtà che si adoperano per diffondere
la loro religione nel mondo io rispetto il modo di vivere di tutti e le
loro scelte ma pretendo di poter essere ugualmente libero di poter fare
le mie di scelte e di vivere la mia vita secondo i miei valori e le mie
credenze, di dire che non condivido alcune cose e, se lo voglio, di
poter sbeffeggiare, fare satira, contestare o prendere in giro qualunque
idea e convinzione (esattamente come chiunque può farlo – e lo fa – con
le mie credenze ed opinioni) [2]
Questo non è sicuramente facile in una società come la nostra ma di
certo l’influenza delle gerarchie religiose non facilita per nulla
questo lavoro di mediazioni tra le persone che vivono nella stessa
comunità. Provo ad immaginarmi un mondo in cui le persone vivono la
propria eventuale fede e religiosità senza il bisogno di gerarchie e
dialogando maggiormente con le persone che non la pensano come loro e lo
vedo decisamente migliore (e più interessante) per tutt*.
SiBa
[1] Alcune delle citazioni più odiose di questo ultra fondamentalista
cristiano si possono trovare qui http://thinkexist.com/quotes/jerry_falwell/
[2]
https://www.examiner.com/images/blog/EXID44168/images/atheist-respect.gif
Credo che, quando si parla di religione, lo scontro sia possibile (talvolta inevitabile), ma il dialogo sia senza dubbio il metodo più fruttuoso.
La religiosità è una componente insita nell’uomo e oggi sappiamo bene che essa si esprime in molte forme, spesso in modo personale e senza inserirsi in un’organizzazione più ampia.
Alcuni stili di vita che molti di noi seguono hanno una chiara componente di religiosità, di spiritualità e servono a dare una risposta non razionale alle “domande di senso” (perchè vivo? perchè c’è il male? cosa c’è dopo la morte?…).
Quando si tratta con le organizzazioni in cui molte persone si riconoscono, all’interno del proprio cammino di fede, non bisogna mai, a mio parere, cadere nell’errore di pensare che queste persone siano dei minorati, degli anti-scientifici, dei retrogradi.
Chi si riconosce nella chiesa cattolica, come nell’Islam o nella chiesa valdese o in qualunque altro movimento o chiesa, non è un cretino che va “liberato” dall’influenza di questo o quel magistero, come molti adesso sembrano pensare.
I cristiani, gli ebrei, i musulmani, gli indù sono persone degne del vostro rispetto, che non si possono ridurre a un gruppo di deboli, di mentalmente influenzati, di fanatici a cui è stata inculcata una superstizione…
La stragrande maggioranza di noi credenti vive una fede sincera e matura e si occupa, all’interno della propria tradizione religiosa, di difendere questa fede e i suoi principi che sono sempre, per ogni religione che mi sia capitato di conoscere, improntati all’amore per l’uomo basato sull’amore della divinità per la sua creatura.
Combattere la chiesa cattolica in modo cieco e facendo di tutta l’erba un fascio significa solo isolare al suo interno le voci critiche e dare forza alle voci intolleranti (come quella del comitato bioetico).
Con le tradizioni religiose, a mio parere e come parte in causa che conosce l’ambiente di cui ora si parla, è molto più utile dialogare: il dialogo spegne il megafono dei fanatici e da coraggio ai veri fedeli, a coloro, cioè, che pensano che una divinità, comunque la concepiamo, non può che approvare l’amore tra le sue creature.
Prima di sparare a zero sulla chiesa cattolica pensiamo che chi ha firmato la lettera che ora molti lodano (che è farina del sacco di Enzo, che ringrazio ancora pubblicamente per questo!) è un cattolico praticante, cioè parte viva di quella chiesa.
Scusate lo sfogo e il tono pontificale :o)
il dialogo non è obbligatorio, nemmeno lo scontro.
Personalmente non ho paura ne dell’uno nè dell’altro, ma nel caso specifico dell’arcivescovo so per certo che dentro alla chiesa cattolica ci sono molti, forse la maggioranza, che non la pensano come il comitato bioetico. Quindi cercare di stanare l’arcivescovo significa dar spazio a queste voci. Attaccare soltanto rialza gli steccati.
Quindi niente dialogo obbligatorio, si al dialogo necessario.
E poi se qualcuno vuole lo scontro che scontro sia….
Forse quest’ennesima presa di posizione dell’arcidiocesi (che non è per
nulla una novità, ne’ a livello nazionale ne’ a livello internazionale)
aprirà finalmente gli occhi a chi vuole ancora dialogare con le
gerarchie cattoliche.
Le gerarchie cattoliche si combattono attivamente, non ci si dialoga.
Ogni volta che leggo dichiarazioni che invitano al dialogo con chi ci
considera malati e curabili mi sembra che il movimento glbt italiano sia
affetto da una profondissima sindrome di stoccolma…
Io con chi mi considera malato e ha tutto il potere (mediatico,
economico e politico) per provare a far valere le sue tesi e
condizionare la società in cui vivo non voglio avere nulla a che fare e
lo considero un pericolo contro cui battermi e da denunciare con forza,
non un possibile interlocutore.
Confrontiamoci con chi vuole confrontarsi realmente con noi e
combattiamo chi ci vuole eliminare, curare o rinchiudere. Io non porgo
l’altra guancia.
SiBa