Paradisi fiscali con più tasse
di Luca Mazzucato
da www.altrenotizie.org
Proprio così: per avviare il vostro fondod’investimento alle Cayman, dovete pagare tremila dollari una tantumper l’iscrizione al registro imprese. Una volta fatto questo, non cisarà più alcun laccio o lacciuolo ad intralciare la vostra creativitàimprenditoriale. Il giro d’affari delle attività finanziarie si aggirasul trilione e mezzo di dollari, una volta e mezza il PIL italiano:tutto assolutamente, rigorosamente, incredibilmente esentasse.
Alle Isole Cayman non esiste alcuna tassa sui redditi delle persone o sui profitti delle aziende.
Ilpaese deve le sue entrate principalmente al turismo e alla dogana, chepreleva una tassa sull’import-export di merci (ma non di denaro). Finoad ora, questa geniale intuizione fiscale ha reso un ottimo servizioagli abitanti delle Cayman, che possono vantare il reddito pro-capitedi gran lunga più elevato dei Caraibi e il dodicesimo al mondo. Ma lacrisi finanziaria dello scorso anno ha messo in ginocchio il paradisofiscale. Una combinazione di minori introiti e spese eccezionali per lacostruzione di nuove scuole, ha creato una voragine nel bilanciostatale pari a seicento milioni di dollari, in rapida crescita.
LeIsole fanno parte del Commonwealth britannico e il Governatore,nominato da Sua Maestà la regina d’Inghilterra, detiene il potereassoluto sulla piccola nazione. Per graziosa concessione della regina,il Governatore lascia la gestione degli affari interni al capo delgoverno, eletto democraticamente. Ma questa volta il governo inglese èentrato a gamba tesa nella gestione dell’isola, promettendoduecentottanta milioni di dollari in prestito, a una condizione: che leCayman comincino ad imporre una qualche forma di tassazione.
Alcunedelle rivoluzionarie misure approvate dal Parlamento delle Cayman sono:l’innalzamento della tassa d’iscrizione per i fondi d’investimentomulti-miliardari, che passa dai ridicoli tremila agli altrettantoridicoli sessantamila dollari; svariati aumenti delle tasse legate alturismo, al commercio e ai permessi di lavoro; ma soprattutto, unatassa del due percento su tutte le transazioni monetarie, che potremmodefinire una sorta di Tobin Tax.
Intervistato dal New York Times,il Presidente W. Bush (omonimo dell’omologo ex-presidente americano!)ha voluto subito rassicurare gli investitori internazionali: “Nonabbiamo concordato nessuna tassa diretta sui redditi.” In sostanza, leCayman si guardano bene dallo scalfire seriamente la reputazione diparadiso fiscale. “Cinquant”anni fa – prosegue W. Bush – non c’eranomacchine, non c’era elettricità. Non torneremo a vivere sottoall’albero delle noci di cocco.” La ferma opposizione degli uominid’affari ad un reale cambiamento di rotta non lascia altra scelta algoverno. Piuttosto che introdurre tasse sui redditi, le Caymanfalceranno i servizi offerti ai cittadini, a partire dall’eccellente e(finora) gratuito sistema scolastico.
I finanzieri dunque nonintendono pagare un centesimo, nemmeno come forma di riconoscenza versoun’isola che permette loro guadagni stellari. L’unico a chiedere unpiccolo sforzo alle grandi banche è Desmond Seales, editore del Cayman Net News,giornale d’opposizione. Alla domanda se non sia preoccupato che letasse facciano scappare via i ricchi, Seales risponde laconico: “E dovediavolo andrebbero?”