La fame nel mondo ignorata dai dirigenti nordamericani
di Peter Phillips
da www.cdbitalia.it
Un recente rapporto della Banca Mondiale, datato 2 settembre 08, riconosce che, nel 2005, tre miliardi 140 milioni di persone vivevano con meno di 2,5 dollari al giorno, di cui il 44% con meno di 1,25 dollari.
Davanti una situazione che colpisce un così grande numero di individui, soprattutto nelle aree urbane, si resta annichiliti. Beni di uso comune come il telefono, l’alimentazione , le vacanze, la televisione, le cure mediche e dentarie, sono inaccessibili per miliardi di persone.
Starvation.net registra il crescente impatto della carestia mondiale e della totale privazione di alimentazione. Ogni giorno, 30.000 persone, per l’85% bambini con meno di 5 anni, muoiono per malnutrizione, malattie guaribili e fame. Il numero di decessi che si sarebbe potuto evitare negli ultimi 40 anni, supera i 300 milioni.
Sono le persone che David Rothkopf, nel suo libro intitolato Superclass, chiama “sfortunati”: “Se siete nati nel posto sbagliato, come nell’Africa sub-sahariana … non avrete possibilità”. Rothkopf descrive come il 10% delle persone in cima alla scala mondiale detenga l’84% della ricchezza e come la metà delle persone più povere ne possegga solo l’1%.
Ma questa disparità finanziaria è “sfortuna” o non è piuttosto il risultato di politiche adottate dall’élite politica per garantire una minoranza a scapito di tutti gli altri?
La produzione agricola mondiale sarebbe sufficiente per nutrire adeguatamente l’intera popolazione del pianeta, per esempio il grano ha raggiunto il record di 2,3 miliardi di tonnellate nel 2007, con un aumento del 4% rispetto all’anno precedente. Ciononostante miliardi di persone soffrono la fame ogni giorno.
Grain.org descrive, in un recente articolo titolato Making a Killing from Hunger (La carestia che uccide), le ragioni fondamentali di questa infinita carestia: mentre gli agricoltori coltivano a sufficienza per nutrire il pianeta, gli speculatori e i grandi commercianti come Cargill controllano i prezzi mondiali dei prodotti alimentari e la loro distribuzione.
La domanda fa salire i prezzi e la carestia è vantaggiosa per le imprese: Cargill ha annunciato che gli utili, nel primo trimestre del 2008, sono superiori dell’86% a quelli del 2007. Tra il giugno 2007 e il giugno 2008, i prezzi mondiali sono aumentati del 22% e gran parte della crescita è determinata da speculazioni (circa 175 miliardi di dollari). Gli aumenti e i ribassi vertiginosi dei prezzi che conseguono alla speculazione, generano condizioni di insicurezza alimentare diffusa e persistente.
Per una famiglia molto povera, un piccolo aumento dei prezzi diventa una questione di vita o di morte. Ciononostante i candidati alle presidenziali degli Stati Uniti d’America non hanno dichiarato guerra alla fame, hanno invece posto l’accento sulla sicurezza nazionale e sulla guerra al terrore, come se questo fosse il problema prioritario: l’11 settembre 2001 sono morte dieci volte più persone per la fame che tra le vittime del World Trade Center.
Dov’è il Progetto Manhattan contro la fame nel mondo? Dove l’impegno unilaterale per la sicurezza nazionale in materia di aiuti contro la carestia? Dove l’indignazione dei mezzi di comunicazione che tuttavia mostrano le foto di bambini agonizzanti? Dove la rivolta contro chi trae profitto dalla carestia?
Il popolo statunitense vorrebbe stornare lo sguardo dai bambini affamati pensando che, a parte la beneficenza che solleva dal senso di colpa, non si possa fare altro per loro. Ma la carità non è sufficiente, dobbiamo chiedere che gli aiuti alimentari diventino parte della politica nazionale nel prossimo mandato presidenziale.
Per chi, come noi, appartiene alla nazione più ricca del mondo, è un dovere sacrosanto dar vita a un movimento politico per il miglioramento delle sorti dell’umanità e per la lotta alla fame che colpisce miliardi di persone . La fame nel mondo e le disuguaglianze sono determinate da politiche che si possiamo cambiare. Non ci sarà sicurezza nazionale negli Stati Uniti, se non si risponde al fabbisogno alimentare mondiale.