Giovani, i
penultimi?
“Quando si
avvicina per i nostri figli il tempo del lavoro, inizia per tutti noi,
donne e uomini del Sud, l’ansia, l’angoscia per un’attesa lunga,
interminabile, spesso amara. E in questa attesa si consumano tante volte
i grandi guasti umani e sociali della devianza, della disperazione,
della criminalità giovanile”.
Questa frase è contenuta in un mio
intervento-testimonianza svolto nel 1989 durante l’Eucaristia al
Convegno Nazionale delle CdB “Donne ed uomini per una Terra di
Speranza”. Mai avrei immaginato che quella frase, fortunatamente per la
sua sola prima parte, mi avrebbe così fortemente riguardato. Già allora
avevo quattro figlie (tre) e figli (uno). Oggi, a distanza di circa 20
anni, tre di loro vivono ancora con noi genitori ed una vive da sola; la
prima di 35 anni, dall’anno scorso lavora stabilmente, a 12 anni dalla
laurea; la seconda, laureata da 11 anni, è ancora precaria della scuola;
la terza, laureata da 3 anni, è inoccupata; il quarto, è uno studente
universitario forzoso, dopo aver tentato di lavorare, senza successo. E
alle grandi difficoltà dell’inserimento lavorativo si accompagna anche
una precarietà delle relazioni sentimentali perché quasi sempre i
partners sono ragazzi che vivono le stesse difficoltà e quando un
rapporto si prolunga per molti anni e la ricerca snervante e sfibrante
di un lavoro non approda a nulla e, quindi, non si creano le minime
condizioni per programmare un comune futuro, può succedere, come spesso
è successo, che, quantomeno come concausa, il rapporto si logori e si
esaurisca.
E’ un bilancio molto amaro per uno come me che
ha cominciato a lavorare a 20 anni, che sin dai primissimi anni di
lavoro (fine anni ’60) si è impegnato in una militanza sindacale
pressoché totalizzante, al punto che dalle sue buste paga si potrebbe
ricostruire la storia degli scioperi generali in Italia e a livello
locale. E’ un bilancio molto amaro per uno che ha creduto
nell’educazione all’onestà, alla legalità, alla solidarietà e che ad un
certo punto, aprendo gli occhi, ha visto crescere i propri figli come
agnelli in mezzo ai lupi, perché il mercato del lavoro dalle nostre
parti è un mercato selvaggio, è un far west dominato dalle pratiche
consociative e clientelari dei vari circuiti di potere, legale e
criminale.
Questo bilancio, purtroppo, non riguarda solo me
ma tantissime persone. Che è successo? Dovremmo interrogarci sulla
condizione giovanile oggi, a partire da quella generazione forse più
spiazzata, quella cresciuta negli anni ’70 in famiglie di lavoratori
dipendenti, quando le lotte di quegli anni avevano determinato per
questa classe sociale condizioni salariali e un diritto del lavoro
all’avanguardia in Europa. Generazione che si è poi trovata a vivere un
doppio declino: quello dei propri genitori lavoratori che via via
perdevano potere, diritti, salario e quello proprio del lavoro umano,
sempre più scarso e svalorizzato dai processi di globalizzazione
dominati da culture liberiste e mercantili. E quando è venuto il suo
turno ha impattato un mercato del lavoro completamente stravolto,
contrassegnato dalla precarietà delle prestazioni e da una radicale
cancellazione di diritti contrattuali e legislativi.
Su una rivista di quartiere che si realizza a
Scampia “Fuga di notizie”, animata dal padre gesuita Fabrizio Valletti,
il nostro Aldo Bifulco della Comunità del Cassano, che vi collabora da
anni, in una interessante conversazione ha definito “i penultimi” questa
realtà giovanile (vedi www.cdbcassano.it). Aldo così spiega: -Il termine
“penultimi” non l’ho mutuato da altre letture o da altri autori. E’ nato
di impatto, di fronte alla serie di suicidi di giovani verificatisi
anche nel nostro quartiere che non hanno fatto rumore, né fatta emergere
la necessità di analisi approfondite dentro e fuori il nostro
territorio. Ma anche perché la mia condizione di docente (avrò
incontrato migliaia di giovani in questi decenni), di genitore e di
amico mi ha messo in relazione con la sofferenza interiore, carsica, di
giovani che malgrado l’impegno, la dedizione, la buona volontà sono
stati scarsamente considerati dalla società: molto di essi sono
diventati “pietre scartate”-.
Vogliamo provare noi a rompere questo silenzio?
Noi adulti e loro, le ragazze e i ragazzi di questa difficile
transizione storica.
Gennaro Sanges
Comunità di base del Cassano
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NOTA:
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necessariamente della comunità di appartenenza di chi scrive, tanto
meno del movimento delle CdB, ma punti di vista personali
dall’interno delle comunità su argomenti di attualità che ciascuna/o
ritenga di dover proporre in primo piano come oggetto di
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