Crearsi un proprio ambito...
Sono Carlo Rubini, un vecchio amico delle Comunità di Base, che
considero compagne di strada nella fase della mia formazione etica e
politica soprattutto nei miei anni '70. Ne ho preso un po' le
distanze, già da molto tempo direi, anche perchè mi pareva che non
riuscivano a dare le risposte alle domande che finalmente, come
nell'articolo di Anna Cavallaro, vengono riproposte.
Resto convinto che la Chiesa Cattolica Romana abbia da sempre
fornito una sua
interpretazione del Vangelo e della Bibbia, e che tuttavia molte
altre ve ne siano state e ve ne possano essere ancora e che ciascuna
per esprimersi liberamente debba farlo prescindendo dalla Chiesa
Cattolica medesima.
Non necessariamente in modo alternativo ad essa, ma più
semplicemente aggiungendo una voce e una esperienza ad altre voci e
ad altre interpretazioni. In una sfera totalmente gratuita come
quella della fede l'essere alternativi non avrebbe senso. Ognuno in
fondo in questo campo dovrebbe essere libero di dire, esprimere e
manifestare quello che più ritiene giusto nei modi e nelle forme che
più gli si addicono, senza chiedere il permesso. Se altre esperienze
vogliono fare diversamente, lo facciano, qui lo spazio dovrebbe
essere veramente illimitato.
In
definitiva il principio di laicità per cui tutti si possono
esprimere senza privilegi e senza preclusioni dovrebbe valere anche
in questo caso. O no?
Se
invece prevale la logica istituzionale tutto è più contradditorio.
Per esempio il doversi sempre riferire all'istituzione, seppure per
contestarla, finisce poi per legittimarla e per giustificare
storicamente la sua presenza e il suo ruolo. Inoltre il contestare
l'istituzione per proporre internamente un altro punto di vista , si
muove nella logica delle guerre di religione, mentre i punti di
vista e le interpretazioni sono liberi.
Quando, per esempio i vescovi intervengono sui temi etici nei modi
e con i contenuti che conosciamo, siccome parlano a chi li vuole
ascoltare, chi ha una propria comunità cristiana esterna ad essi,
non dovrebbe minimalmente sentirsi coinvolto . Risponderà loro da
libero cittadino, qualora, come fanno sovente, travalichino i limiti
di una opinione e tentino di imporsi. Ma questo è normale. Tutti
devono intervenire nel dibattito politico e dare giudizi di tipo
politico e se la Chiesa cattolica politicamente è un avversario,
politicamente la si combatte. Ma altra cosa è starci dentro, quando
le visioni del mondo sono così diverse. In ogni caso anche standoci
fuori, non è come " altra " chiesa che la si deve combattere.
Il
privilegio che la Chiesa Cattolica gode con il Concordato va, per
esempio, combattuto politicamente perchè è un privilegio a
prescindere dai contenuti che essa esprime attraverso di esso. Il
privilegio andrebbe combattuto anche se i contenuti ci andassero
bene. Ma, ripeto, la mia , la nostra, dovrebbe essere una battaglia
politica fatta da cittadini italiani laici, senza etichette
ecclesiali, perchè le Chiese dovrebbero occuparsi di altre cose.
D'altra parte la Chiesa Cattolica è per sua natura antidemocratica e
verticistica. Scelta sua. La Chiesa Cattolica non è lo Stato che nei
tempi moderni e comunque in Italia
deve
costituzionalmente essere democratico. La democrazia negli ambiti
non pubblici non è un obbligo, ognuno dovrebbe regolarsi come gli
pare, nel suo ambito. Noi possiamo ben dire che l'autoritarismo e il
verticismo contraddice il Vangelo di Gesù, ma questo è un problema
loro.
Chi non si riconosce in questo metodo antidemocratico e verticistico e
vuole una Chiesa basata sulla condivisione dovrebbe trarne le
conseguenze e crearsi un ambito proprio per essere perfettamente a
suo agio, naturalmente con una propria dialettica interna
imprescindibile, come abbiamo visto che accade nelle comunità
protestanti e in quelle ebraiche.
Anche l'Ecumenismo dovrebbe riflettere su questi aspetti, perchè da
quando esiste coltiva il mito dell'unità. Insisto: nell'ambito della
fede non si dovrebbe inseguire l'obiettivo che invece a livello
mondiale inseguiamo come addirittura necessario, cioè il governo
mondiale. Se la fede vive della sua gratuità e si riferisce comunque
a qualcosa che non esiste storicamente e materialmente, che senso ha
inseguire l'unità , che significa poi anche unità interpretativa?
Non è più ricco e fecondo che ciascuno o ciascuna comunità faccia
esperienze diverse e autonome ,
visto che non ci sono obiettivi storici da raggiungere, ma
professare un credo su qualcosa che trascende l'esperienza terrena?
Mi rendo conto che poi ci sono le ricadute etiche del professare e
qui il dialogo interreligioso ha forse qualcosa da dire, ma è un
dialogo sempre possibile da uomini liberi a uomini liberi, in cui si
confrontano i punti di vista etici, senza entrare nel merito dei
propri presupposti di fede.
CARLO RUBINI
Direttore responsabile della rivista trimestrale Esodo , Venezia
Chi vuole inviare
un commento sul Primo Piano pubblicato può
inviarlo qui
al sito delle CdB
NOTA:
Ricordiamo che questi interventi rappresentano “punti di vista” non
necessariamente della comunità di appartenenza di chi scrive, tanto
meno del movimento delle CdB, ma punti di vista personali
su argomenti di attualità che ciascuna/o
ritenga di dover proporre in primo piano come oggetto di
riflessione.
I corsivi delle settimane precedenti sono reperibili
in Archivio di "In Primo Piano"