“L’anima e il suo destino”
Il libro di Vito Mancuso “L’anima e il suo
destino”, del quale tanto si è parlato in questi ultimi mesi, ha
alcuni meriti indubbi: primi fra tutti avere elaborato una risposta
ragionevole all’antica domanda circa le nostre origini, il
nostro essere e il nostro destino ed avere rimosso, per aprire
questa strada, cumuli di macerie ideologiche. Il tutto con un
linguaggio accessibile anche a non specialisti e con una trama ben
intessuta, che coinvolge il lettore.
Intendiamoci, il discorso di Mancuso non è tutto
originale (e quale libro, oggi, lo è?) ma nuovo è l’incastro dei
diversi dati di partenza (storici, scientifici, filosofici,
religiosi) e originale è – per quanto mi risulta – la via di uscita
da lui proposta verso una possibile continuità dell’essere oltre la
morte. Questa via naturalmente sarà accettata o no dal lettore, ma
è comunque assai più plausibile di quelle finora proposte e dai più
rifiutate per la loro evidente assurdità. Del resto, anche se alla
fine il lettore non si sentirà convinto dalla prospettiva futura,
sarà comunque grato all’autore per quanto costui ha fatto con questo
libro per la libertà della nostra vita presente.
Se il ragionamento sulle cose “metafisiche” è
infatti plausibile (assai più plausibile di certi nichilismi
pregiudiziali) ma resta in ultima istanza opinabile, assai meno
opinabile è la critica di Mancuso alle proposte di soluzione fin qui
avanzate e imposte dalla tradizione cattolica. Non reggono, di
fronte alla sua costruzione logica, né il mito della creazione
contenuto nella Genesi (e questo era già chiaro dopo Darwin) né
quello, connesso, del peccato originale, né tutto il castello dei
novissimi (ciò che ci attende dopo la morte), né l’idea, ancora
dominante in moltissime manifestazioni private e pubbliche del mondo
cattolico, di possibili interventi di Dio nella storia. L’unico
intervento di Dio, secondo Mancuso, è anticipato all’inizio della
creazione, come potenzialità evolutiva della materia primordiale
esplosa con il big-bang, fino alla comparsa della nostra
specie che, unico esempio nell’universo conosciuto, è non solo
oggetto, ma anche soggetto dell’evoluzione.
Il fatto che Dio – secondo questa ricostruzione
– abbia affidato se stesso, sotto forma di energia creata e
creativa, alla materia per ritrovarsi problematicamente in noi,
espressione più alta di quell’energia, anticipa in un certo senso
l’incarnazione di Gesù, la quale non diventa inutile, ma assume un
carattere “rivelatore” di Dio, e di un certo tipo di Dio, più che
essere “costitutiva” di salvezza. Se questo è vero, a maggior
ragione la Chiesa (tutte le Chiese e tutte le religioni) non sono
necessarie ma possono essere utili tutte le volte che
aiutano l’essere umano, rispettandone la libertà, a sintonizzare la
propria energia sull’onda creativa e non su quella distruttiva
entrambe presenti nell’evoluzione, cioè ad impegnarsi positivamente
nella storia, nella quale e nei cui protagonisti, uomini e donne, è
il trascendente. Se vi pare poco!
Quello di Mancuso è dunque un libro che va letto
per fare il punto (provvisorio) della nostra situazione e riprendere
coraggio nella navigazione tra tanti scogli antichi e nuovi.
Di fronte a tale ricchezza di suggestioni, mi
pare che passino in secondo (o terzo, o quarto) piano alcune
singolarità del personaggio, come il fatto che scriva sul “Foglio”,
cioè, secondo noi, in partibus infidelium, o che ogni tanto
si spenda in lodi di papa Ratzinger e della sua pretesa accettazione
dell’importanza della ragione come ancella della fede. Proprio
questo libro dimostra dove porta la ragione, se esercitata senza
pregiudizi: in luoghi dove un tempo ci sarebbe stata una bella
abiura o un bel rogo (si fa per dire).
Antonio Guagliumi
CdB di San Paolo - Roma
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