Dove comincia il
rispetto per la vita…
Il dibattito sorto a proposito della “moratoria sull’aborto”,
inteso come campagna per promuovere una diversa sensibilità
collettiva riguardo al diritto alla vita, sembra arenarsi su
bizantinismi e ridicole disamine di sapore medievale, nella
pretesa di definire quando abbia inizio l’esistenza umana.
Problema mal posto e assolutamente irrisolvibile, senza ledere
il fondamentale diritto della donna a decidere del suo corpo e
della sua salute. Diritto, questo sì, calpestato e violentato
nei secoli da un pregiudizio patriarcale che voleva il rischio
della gravidanza problema tutto femminile (quando addirittura -
e avveniva spesso- l’inseminazione non era violenza tout court…)
e l’accettazione della paternità libera scelta maschile…
Troppo spesso poi le chiese hanno fatta propria questa
ideologia. Ora però, accertata ormai la distinzione tra l’inizio
dell’embrione (dato biologico) e la presenza di una persona
(progetto di vita umana), si impone una diversa normativa etica,
che separi sessualità da procreazione e orienti un’educazione
sessuale rivolta ad una maternità/paternità consapevole.
Molte chiese invece, quella cattolica in primo luogo, condannano
la contraccezione come un delitto contro la comunità, e per di
più -in passato da noi, al presente in molti luoghi della terra-
infischiandosene del rischio di vita connesso o della
responsabilità di una gestione difficoltosa e traumatica di
figli indesiderati. La stessa educazione sessuale è stata spesso
trascurata a favore di una generica e biliosa demonizzazione del
sesso. In generale, si può ben dire che per
la popolazione maschile il problema del contraccettivo è
diventato socialmente importante solo in considerazione del
rischio di AIDS!
Con quale diritto allora si continua a consentire che una morale
ottusa, e collusa con ideologie patriarcali felicemente adattate
al catechismo, possa simulare interesse per una vita in germe,
avendo trascurato, violato e snaturato per tanti secoli le
esigenze di una vita in atto: quella femminile? Per quale scopo
si continua a confondere il piano della sessualità, su cui si
voluto per troppo tempo esercitare un controllo fobico, con
quello della maternità e della paternità responsabilmente
decise?
Si consideri poi che i tempi dell’evoluzione etica sul piano
dottrinale ed ideologico sono lunghissimi, mentre la rapidità
delle scoperte scientifiche e della ricerca farmacologica, la
pervasività della loro divulgazione e l’effetto sul piano
dell’evoluzione del costume dovrebbero suggerire ben altre
modalità di approccio con la complessa problematica, consentire
scelte più aggiornate e razionali, per evitare umiliazioni e
sofferenze inutili alle donne, oltre che pratiche cliniche
aberranti e destinate a produrre esiti mostruosi.
Rosaria de Felice
(Gruppo di Controinformazione ecclesiale - Roma)