Di
profeti, profezie e falsi maestri
Esternare profeticamente può essere stato
rischioso, faticoso, talvolta frustrante, ma a nessuna generazione è
mancato l’entusiasmo progettuale di chi dichiarava battaglia a
schemi ideologici, poteri costituiti e paludate verità di comodo.
Di contro alla bandiera squillante brandita dal
profeta si punta generalmente l’accusa (gradita ai più) del cattivo
maestro, del seminatore di discordia, del provocatore. Di qua e di
là s’accampano le schiere dei sì, va bene ma…, eppure…, a
pensarci bene veramente…
Molto più difficile organizzare sentimento e
ragione intorno a parametri concreti; le durezze della realtà, con
le scelte affettive e sociali dirompenti e difformi dalla
tradizione, le nuove frontiere della vita e della morte, oltre che
della malattia, la debolezza delle strutture politiche tradizionali
e la fragilità delle nuove forme di sensibilità sociale, le ardue
declinazioni della solidarietà, propongono all’etica – su scala
planetaria – l’assunzione di responsabilità complesse, che
difficilmente risolvono l’interrogativo del che fare sulla scorta di
slogan, parole d’ordine, rivelazioni, ma richiedono, pur nella
rielaborazione degli insegnamenti della memoria, l’aiuto delle umili
risorse esperenziali di ciascuno.
A mio avviso, solo la proposta condivisa,
l’intuizione sofferta, il coraggio del quotidiano: in breve, la
serena accettazione della parzialità, ha oggi voce di profezia.
Rosaria de Felice
Gruppo di controinformazione ecclesiale - Roma
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