Il
cardinale ed il violentatore
Stante la notizia comparsa su Adista n° 61 del
9 settembre scorso, a cui rimando per ogni dettaglio, il cardinal di
Bogotà in Colombia, Alfonso Lopez Truillo intervistato in
merito ad un aborto procurato, alla fine del mese di agosto, ad un
ragazzina di 11 anni violentata ripetutamente dal patrigno fin
dall’età di 7 anni, avrebbe attribuito una scomunica automatica per
“l’uccisione di un innocente” ai famigliari e all’equipe medica
dell’ospedale ove è avvenuta l’interruzione di gravidanza, senza
minimente pronunciarsi sull’operato del violentatore o evidenziare
la brutalità subita dalla ragazzina in così tenera età, né tanto
meno preoccuparsi della sua salute.
Sicuramente il primario Carlos Lemus e i
medici cattolici che hanno applicato la legge colombiana, che
consente l’interruzione di gravidanza in casi come quello citato,
hanno operato in modo giusto ed hanno, per questo, ricevuto tante
testimonianze di stima e solidarietà. Grazie a loro è stata
restituita, alla piccola vittima, un sorriso, una dignità ed una
speranza di vita futura: il loro è stato anche un gesto d’amore
oltre che professionale!.
Mi domando: come fanno a sentire la coscienza a
posto gli ecclesiastici (e se è vero che la responsabilità nella
Chiesa a livello dottrinale è condivisa sono coinvolti tutti gli
ecclesiastici) che dall’alto della loro “cattedra” calano il
diritto canonico sulle persone, senza il minimo “dubbio” o
ritegno? Come hanno fatto a scomunicare chi è stato dalla parte
della violentata e a non proferire parola sul violentatore?
La mia risposta è la denuncia di una possibile
“complicità” tra il cardinale ed il violentatore, uniti da una
forma mentis comune: quella che vede le donne di qualsiasi età
(è il caso di dirlo!) tutte accomunate dalla condizione di
subalternità, schiavitù, sottomissione ai voleri e piaceri degli
uomini. Quella stessa forma mentis che condanna
aprioristicamente e ipocritamente l’aborto prescindendo delle
concrete condizioni delle donne, persone con prioritari diritti e
dignità.
Le logiche della dominanza generano guerre e
violenze: a nulla valgono tante belle parole, il richiamarsi
astrattamente all’amore, se non è tradotto in denuncia chiara dello
sfruttamento, in prese di posizione nette contro la violenza sulle
donne, in condanne delle varie e perverse forme di sessualità
esercitata sui più indifesi e mettendo in gioco apertamente la
propria maschilità e parzialità.
Catti Cifatte, della CdB di Oregina
Genova 12 settembre 2006
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NOTA:
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