Una riforma
incompiuta
A partire dalla convocazione e celebrazione del Concilio
Ecumenico Vaticano II il problema della riforma della Chiesa si
propone come la questione centrale nella vita della comunità
cristiana che vuole annunciare al mondo d’oggi il vangelo di
Gesù di Nazareth. È su questo prospettiva che si confronta
tutta la vita e l’ attività della Chiesa credente.
In questi giorni la gerarchia ecclesiastica italiana è invece
sempre più impegnata a discutere ed annunciare le esigenze del
diritto naturale in relazione alle questioni della vita
matrimoniale.
La proclamazione della Chiesa Popolo di Dio, affermata dal
Concilio, dovrebbe suggerire soprattutto per questi temi un
percorso di riforma che deve ancora essere tracciato. I problemi
della vita matrimoniale sono di naturale competenza dei laici e
richiedono per loro natura una consultazione dei fedeli che
manca completamente nella vita della Chiesa cattolica. Devono
ancora essere progettati e discussi i luoghi di pronunciamento e
di verifica del diritto di parola dei fedeli in una Chiesa
intesa come Popolo e dopo il Vaticano II la gerarchia cattolica
rimuove continuamente queste esigenze. La gestione della vita
comunitaria è sempre e solo affidata ad una impostazione
piramidale della autorità. La rimozione messa in atto dalla
gerarchia è ancor più grave se si tiene presente che il diritto
di parola ai fedeli è implicitamente riconosciuto e richiesto
anche dalla crisi del sacerdozio ministeriale che sempre più si
manifesta nella vita della Chiesa cattolica e che la stessa
gerarchia non smette di segnalare. Al centro di tutta la vicenda
sta il dato storico della relazione fra potere e sacerdozio
ministeriale. Qualunque potere in questa società globale snatura
il servizio. La comunità credente è invitata a leggere come
segni dei tempi le esigenze e le prospettive poste dalla
democrazia moderna.
Rocco Cerrato
Gruppo Ardizzone -
Bologna
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