INVITO A PRANZO
«Abbiamo 5 pani e 2 pesci…Fateli
sedere…Mangiarono e furono sazi e raccolsero di avanzi 7 ceste
di pane» (Mc 6,30-42). Questi miracoli avvengono quando inviti
a pranzo un orfano, una vedova o uno straniero. Capita a tutti ed è
capitato anche a me. Una pubblicità progresso, appesa alla vetrata
della sede giovani, raffigurava un marocchino presso un semaforo che
puliva il lunotto di una macchina e il suo “inquilino” che
sbuffava infastidito. Sotto la foto una scritta: «Invece di mandarlo
a quel paese, invitalo a pranzo». Choc nella mia testa, che “predicava”
ai ragazzi l’accoglienza, che acquistava dai “vu cumprà”,
ma che non aveva mai pensato a un incontro ravvicinato di questo tipo.
Il giorno dopo incontrai Amadou per strada, gli comprai le calze d’inverno
e lo invitai a pranzo. Sorridente e sconosciuto. Due giorni dopo mi
telefonò il cugino Aly che mi chiese la sua regolarizzazione
come colf/giardiniere. Così Amadou entrò nella mia casa
abitandola col sorriso e col francese. E Aly entrò nella mia
vita. Da questa frequentazione nacquero una scuola di alfabetizzazione
con 150 immigrati e 25 insegnanti, un ambulatorio medico per stranieri
irregolari (ma non solo) e tante iniziative sul territorio per l’integrazione
dei due popoli: gli indigeni e gli immigrati.
La quotidianità della vita, certo, ci parla più frequentemente
di guerre, terrorismi e bombe intelligenti, di stupri tra l’indifferenza
dei passanti, di migranti bambini galleggianti sulle acque del Mare
Nostrum, di una Chiesa all’attacco della laicità dello
Stato e dei suoi politici ad essa prosternati, del lavoro precario e
dell’esercito dei senza lavoro… “Sarà sempre
così, non cambierà mai”, senti dire per strada.
E a te, “impegnato”, viene la tristezza. Ma «tutto
è possibile per chi ha fede!» (Mc 9,23).
La felicità, io credo, è un seme che, caduto in un terreno
buono, produce «chi il 30, chi il 60, chi il 100 per uno»
(Mc 4,8). E «se aveste fede piccola quanto un granello di senape
– che è il più piccolo dei semi - spostereste le
montagne e un albero si pianterebbe in mezzo al mare» (Lc 17,6;
Mc 11,23). La speranza di una comunità radicata nel Dio di Gesù
di Nazareth crea sempre una mensa imbandita con i poveri vicini e lontani
(Lc14,21 ). La felicità è creare piccole mense imbandite
e coltivare semi di speranza. Oggi. Adesso.
Tonino Cau
della CdB di Olbia
NOTA
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