Il territorio interpella il carcere
“Ero in carcere e
siete venuti a trovarmi” (Mt. 25, 26)
Il territorio è la dimora dove l’io ed il noi si definiscono in
rapporto alla persona, in rapporto alla realtà, agli avvenimenti.
Essere sul territorio significa dare voce a questa realtà, a questi
avvenimenti, alla storia vera della gente. Leggendo il Vangelo,
notiamo che questo abitare il territorio significa, riferito alle
persone, “essere con, essere dentro, essere tra”, cioè questo
rapporto con chiunque incontriamo sul cammino della nostra vita:
“Venite e vedrete” (Gv. 1, 35-39)
Le persone che abitano il territorio dovrebbero essere tutte con
uguale dignità; ma la condizione esistenziale di molte è assai
diversa; sono persone povere, sole, abbandonate, ai margini,
sofferenti nel corpo e nella psiche, dipendenti da sostanze, donne
sulla strada, minori senza riferim4enti significativi, disoccupati,
nomadi, immigrati, usciti dal carcere. Storie di persona con
problemi da incontrare; storie nelle quali alcuni criteri della
cultura dominante incidono in modo decisivo, dove la legalità è
questione decisiva per la salvaguardia dei diritti fondamentali di
ciascuna persona, e punisce chi viola le legge che salvaguarda
questi diritti. Chi sbaglia è chiamato “a pagare”. E per le
espiazioni delle pene ci sono le carceri: luoghi totalmente
segregati dal territorio in cui vi si abita.
Il recente indulto ha sottolineato questa separazione. Pur riducendo
in modo significativo questo “abitare il carcere”, le 23.000 persone
liberate hanno trovato sul territorio una indifferenza, una
emarginazione, un abbandono che hanno tolto loro un futuro, una
speranza. Il carcere ha interpellato il territorio.
Ci pare di capire che la com-passione con il coinvolgimento
nell’attenzione, nella premura, nella cura, nell’accompagnamento è
fra le esperienze più significative dell’appartenenza al Regno di
Dio. L’accostamento del carcere con il territorio provoca in noi
profonde perplessità, esigenza di analizzare meccanismi sociali,
culturali, religiosi, politici; di denunciare diffusa disumanità, di
proporre percorsi e segni concreti di cambiamento, incoraggiati
dalle esperienze positive in atto, anche dai volontari.
Non c’è altro modo di dimorare sul territorio: farsi prossimo.
La comunità cristiana di base di Gorizia
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NOTA:
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necessariamente della comunità di appartenenza di chi scrive, tanto
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su argomenti di attualità che ciascuna/o
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