DI FRONTE A SCELTE ETICHE TRA
LA VITA E LA MORTE
Siamo chiamati/e a un referendum che non avremmo voluto in quanto, in
una democrazia, la funzione di legiferare - soprattutto su grandi temi
che hanno ricaduta sulla vita personale e sulle coscienze individuali
- dovrebbe avvenire senza pregiudizi ideologici, cercando soluzioni
che possano rappresentare regole condivise da tutte/i perché
tutelano i diritti costituzionali di ogni cittadino/a.
Molte/i di noi hanno partecipato con altre cittadine/i alla raccolta
delle firme per questo referendum in quanto le decisioni prese con la
legge 40 sono espressione di una visione etica parziale e di parte e
si traducono in limitazioni autoritarie della libertà individuale
e della libertà di ricerca scientifica.
Oggi prendiamo la parola come donne e uomini delle comunità
cristiane di base dopo le ripetute prese di posizione della gerarchia
cattolica italiana che invita all'astensione dalla votazione al fine
di far fallire i referendum con il mancato raggiungimento del quorum.
A quarant’anni dal Concilio Vaticano II, che sembrano essere trascorsi
invano, la gerarchia cattolica italiana mostra ancora una volta il suo
comportamento autoritario non riconoscendo il ruolo e l’autonomia
del popolo di Dio, donne e uomini invitati da quel Concilio a confrontarsi
con “i segni dei tempi” in libertà, senza barriere
ideologiche e nel riconoscimento del contributo che può venire
da tutte/i nella diversità di lettura di nuovi segni.
E’ possibile per la gerarchia imporre a credenti e non credenti,
divieti per ragioni di “peccato ”, secondo una pratica sanzionatoria
tipica del confessionale? Dove si colloca lo Stato laico in difesa di
chi non è credente o non aderisce alla Chiesa cattolica?
Vale la pena vietare o è preferibile educare all'uso responsabile
della scienza e dei rimedi che offre alla cura di malattie? Come si
può impedire alla scienza di progredire?
E' cristiano rifiutare alle persone sterili di avere figli, quando sarebbe
possibile dare un aiuto ad una maternità e paternità desiderata
ma difficile?
E’ giustificato un atteggiamento repressivo e punitivo nei confronti
delle donne che ricorrono alla fecondazione imponendo limiti all’impianto
degli ovuli fecondati e l’accettazione di embrioni con gravi malformazioni
accertate?
La possibilità di generare ha un ruolo determinante nel processo
di costituzione dell'identità femminile, ancora oggi influenzata
da archetipi biblici e antropologici; la maternità è in
molti casi vissuta come necessità e destino. Di conseguenza,
il corpo privato di tale possibilità viene sentito come un corpo
colpevole e perciò "punito": sicuramente un corpo infelice.
La medicina impegnata a rimuovere gli ostacoli al concepimento non può
essere liquidata come "medicina del desiderio", quasi che
il desiderio così umano di avere figli fosse equivalente ad un
qualsiasi altro desiderio ( secondo gli insegnamenti della chiesa istituzionale
spesso il desiderio è stato equivalente al peccato!).
Il desiderio di maternità e quello di paternità costituiscono
sempre un esercizio di libertà nei confronti della vita e non
possono essere legati ad una concezione di famiglia fondata soltanto
sul legame di “sangue”, riproposta nella legge con il divieto
della fecondazione eterologa.
Le donne sanno bene la differenza tra una cellula fecondata e un ovulo
e uno spermatozoo separati: solo l’accoglimento nell’utero
e la partecipazione della donna fa divenire attraverso la gravidanza
(e non essere) l’embrione persona! Due fattori, tempo e spazio,
sono imprescindibili: gravidanza =tempo, donna=spazio.
Si può osservare che anche numerosi/e filosofi/e, scienziati/e,
teologi/e cattolici/e e intellettuali laici, seguendo del resto il diffuso
comune buon senso non inquinato da pregiudizi ideologici, non ritengono
che l'embrione possieda fin dai primi istanti le caratteristiche di
una piena individualità umana, ma che questa sia acquisita gradualmente.
Legittimare la personalità dell'embrione ha – sicuramente
– una ricaduta sulla legge 194 che tutela l’interruzione
della gravidanza e non afferma il diritto all’aborto, legge per
la cui salvaguardia si sono schierate molte cattoliche e molti cattolici
.
Nella legge 40, al divieto delle analisi sull’embrione prima dell’impianto
nell’utero della donna, viene opposta, nel caso della possibilità
di trasmissione di malattie genetiche, l'ipocrita possibilità
di abortire, “rimedio” che, pur applicando quanto previsto
dalla legge 194, è sempre una pratica notoriamente più
invasiva e traumatica.
Altra conseguenza sarà il ritorno alla messa sotto tutela del
corpo della donna: se una donna lavoratrice subisce un "aborto
bianco" sarà colpa sua o dell'impresa presso cui è
occupata? e se le piace fare sport e questo viene giudicato come un'imprudenza
per il nascituro?
E' risaputo, d'altra parte, che anche in natura molti embrioni si sfaldano
naturalmente prima di impiantarsi stabilmente nell'utero: quale status
avranno? Si dovrà riformare l'articolo del codice civile sulla
persona?
La Chiesa italiana si pronuncia oggi dopo che i primi nati con la fecondazione
assistita – omologa ed eterologa - vanno all'università
e sono milioni nel mondo: come si pone nei loro confronti? e nei confronti
di quei paesi che hanno legiferato in altro modo, in particolare nei
confronti delle leggi europee che sempre più dovrebbero assimilarsi
fra loro? Scomunicherà chi, potendo, andrà all’estero?
Sappiamo che - nel caso di abrogazione degli articoli della legge 40
attraverso il SI ai quesiti referendari - la ricerca di nuove regole
condivise dovrà fare i conti con acquisizioni ed interrogativi
della comunità scientifica e di quella giuridica ma innanzitutto
dovrà, finalmente, prendere atto del patrimonio di riflessione
che viene dai luoghi delle donne e ad esse rispondere, non solo tutelando
la loro salute ma salvaguardando il principio all’autodeterminazione
scritto innanzitutto nella legge 194. Potrà essere un primo passo
verso una democrazia compiuta, che assuma cioè la dualità
dei soggetti della cittadinanza in un confronto aperto e senza principi
superiori imposti dall’alto.
Gruppi donne delle comunità cristiane
di base