SULLA SOBRIETA’ IN ECONOMIA
LETTERA DEI GIOVANI ALLE COMUNITA’ DI BASE
Uniamo talenti spirituali e talenti culturali per garantire i bisogni fondamentali tutti con il contributo di tutti.
Sentiamoci parte del sistema, una parte viva.
Ascoltiamo dal basso. Non ci si deve sentire fuori dai problemi altrui
Non facciamo elemosina e solo beneficenza, ma attraverso la responsabilità di tutti noi, il tempo che ritagliamo per gli altri, le speranze che riusciamo a condividere, incitiamo i rapporti interpersonali dove ognuno porta qualcosa e prende qualcosa: un po’ come diceva Gesù, partiamo da cose semplici (es. cena a casa dove ognuno porta qualcosa) per valorizzare lo scambio e la condivisione.
Cerchiamo di costruire un sistema politico ed economico più equo d’accordo con l’esperienza globale.
Come si concilia tutto questo con il principio meritocratico?
Qualcuno purtroppo è giunto alla conclusione che per avere il contributo di tutti non basti premiare chi è meritevole, ma sia necessario punire chi sfugge ai propri doveri.
Prima di garantire i bisogni fondamentali a tutti, bisogna stabilire e controllare chi sono questi tutti: controllo e regolamentazione delle nascite. Poi trovare una giustificazione all’esistenza umana: se si vuole consumare si deve prima produrre valore aggiunto in pensiero, consapevolezza e creatività.
Speriamo di impegnarci di più a lavorare ognuno il proprio orto e di indurre altri a fare questa esperienza.
Che senso ha avere una risorsa mineraria e non trasformarla sul proprio territorio?
E’ necessario regolamentare meglio l’attività delle imprese a livello globale e locale, applicare le regole, le norme e i patti già esistenti; ed esercitare un maggiore controllo.
Ci piacerebbe che ci fosse un ritorno di tutte quelle imprese che offrono servizi di riparazione (scarpe, mobili, ecc.) ma in un’ottica nuova, creativa e non speculativa.
Ultimamente qualcuno ha visto un aumento di attività che offrono il servizio di riparazione e rammendo degli abiti, segno che sempre più la gente ripara anziché buttare.
E’ considerata buona prassi anche la produzione di farmaci anti-AIDS in Sudafrica che viola i brevetti.
Proponiamo una campagna popolare che spinga il governo ad istituire una commissione di controllo sulla “responsabilità sociale” delle imprese.
Imparare a gestire le risorse del pianeta come beni comuni non significa solo non depredare i più poveri, ma anche costruire le condizioni per una pace vera e duratura. E questo riguarda tutti.
Auspichiamo che si crei una forte autorità politica sopranazionale (mondiale) democratica, che gestisca razionalmente e con giustizia l’economia e che diminuisca la grande fetta di mercato che hanno i commerci internazionali, altrimenti la grande concorrenza (competizione) non porterà mai ad una situazione di equità perché il miglioramento continuo viene visto solo per i grandi capitalisti (i ricchi).
Perché non andare un po’ più spesso al negozio del commercio equo e solidale che ha le cose buone e non è neanche troppo lontano da casa?
Perché non recuperare pane e frutta da tutte le mense (almeno quelle “pubbliche”) per portarli alla mensa Caritas, come avviene in qualche scuola?