Peppino Coscione

 

da Liberazione del 22 aprile 2005

 

Cara Liberazione,

nei giorni 23-24 e 25 aprile le Comunità cristiane di base terranno a Chianciano Terme il XXIX incontro nazionale sul tema : “Comunità: segni di convivialità nella storia- Percorsi conciliari a 40 anni dal Vaticano II”. Nate nel clima del ’68, le ragioni della loro nascita e della loro permanenza nella chiesa e nella società sono tuttora valide; il loro vivere l’esperienza religiosa in una prassi di convivialità, libere da ogni vincolo di potere ( si riuniscono nelle case o in spazi che pagano di tasca propria senza alcun finanziamento pubblico ) e di privilegio è più che mai profetico.

Sono comunità piccole ma aperte, ospitali, in ricerca, sempre oltre i recinti, attente al nuovo che matura nelle dinamiche della vita sociale, politica, culturale religiosa; non c’è una casta maschilista a detenere il monopolio della parola, dei sacramenti , dei ministeri e dei carismi; sono  comunità che vivono nel territorio l’impegno a costruire una città accogliente e solidale in collegamento con la rete dei gruppi e dei movimenti che in questi ultimi anni annunciano l’alba di un nuovo giorno, come dice il profeta Isaia.  Sono comunità diverse per composizione sociale, per orientamento culturale e politico, per ricchezza di vita interna ed esterna, che vivono questa diversità come ricchezza dove ognuno/a vale come unico/a, con un volto, un nome proprio,  una storia, una libertà per amare ed essere amati/e : non ci sono “ padri e maestri” ma solo fratelli e sorelle che si sostengono nel cammino di fede e nella pratiche sociali .Organismi leggeri e non gerarchici come il colleganemto nazionale e una segreteria tecnica le tengono unite negli obiettivi e nelle azioni democraticamente condivise.

Non sono mancate  e non mancano difficoltà, incomprensioni e conflitti ma tutto è stato possibile finora vivere e superare nella reciproca accoglienza.

Le nostre comunità non vogliono presentarsi come modello anzi non smettono di  interrogarsi sulla parzialità del  proprio essere e fare comunità e tuttavia sentono di essere in sintonia con coloro che pur in contesti diversi avvertono che il futuro dell’umanità sta nella costruzione di una vasta rete di comunità.

Il segretario provinciale del partito della Rifondazione comunista di Genova nella relazione fatta all’ultimo congresso il 18 febbraio  ha detto: “Dobbiamo provare ad essere comunità larga, ospitale. La vera prova che dovevamo sostenere è quella di mantenere inalterato questo senso di comunità, di riconoscimento che –seppur diverso-anche tu, come me, ti interroghi e provi a rispondere alle mie stesse domande, come superare questo modello di società”.

La compagna Rina Gagliardi nel commento che dedicava al congresso nazionale il giorno 6 marzo parlava del partito come di “una comunità riunita, in cui c’è qualcosa che altrove, nella politica non c’è”.

Il compagno direttore Piero Sansonetti nell’editoriale del 22 febbraio sosteneva: “ Dobbiamo cominciare a pensare a una società che considera il mercato un fatto secondario e che si raduna, trova la sua forza, cresce attorno all’idea di comunità”.

Un compito per tutti/e, anche per noi che da quarant’anni facciamo esperienza di comunità non solo per noi ma per la società, perché pensiamo e pratichiamo la comunità non come un luogo particolare, chiuso, separato, un’illusoria scappatoia alla solitudine del cittadino globale, alla moderna liquidità di cui parla Baumann ma come consapevolezza che è la parola chiave dell’avventura comune, del  viaggio collettivo; un viaggio che, come ha scritto Paul Zumthor, mette in gioco la nostra capacità di superare un limite per affrontare un’alterità, superando atteggiamenti egemonici, integristi, costruendo relazioni di amicizia, al di là di funzioni, di ruoli e di eventuali gerarchie esistenti. Per riuscire in questo occorre talora cambiare cultura e linguaggio; sviluppare per esempio, come dice il filosofo Roberto Mancini, una sana allergia per tutto quello che è dominativo, violento, distruttivo, innaturale per la dignità  creaturale umana, vivere con gratitudine l’ospitalità, mantenersi pronti a consolare le vittime della mancanza di pace, nutrire la fiducia nel progresso possibile e lasciare che l’arco del desiderio personale e collettivo sia tenuto teso dalla speranza di una comunione universale, di un’economia essenziale e solidale libera dal delirio del capitalismo globale.

 

Peppino Coscione