LA
CHIESA-ALTRA POSSIBILE DI SANT’ANGELO A SCALA
Sono trascorsi più di due anni dalla rimozione di don
Vitaliano e noi, fedeli laici di Sant’Angelo a Scala, non ci siamo arresi ai dictat
dell’Abate Ordinario di Montevergine.
Oggi ci raduniamo nella ex chiesa
del Rosario (una ex chiesa che abbiamo “occupato”, quasi certamente di proprietà del Comune, fino all’occupazione adibita a
deposito, non reclamata mai da nessuno!); per mesi ci eravamo radunati
in piazza; in quella piazza che ci ha visti protagonisti tante volte, di tante
battaglie per difendere la nostra dignità.
Stride, di fronte a questa occasione
clamorosamente mancata da parte delle autorità ecclesiali, quanto il Concilio
Vaticano II aveva affermato nella Costituzione sulla Chiesa Lumen Gentium,
a proposito dei rapporti tra i laici e la gerarchia: i laici “hanno la facoltà, talora anche il dovere, di
far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa”.
Dall'8
dicembre 2002 non siamo più entrati nella chiesa parrocchiale, la nostra chiesa
che con sacrifici e lotte avevamo ricostruito fisicamente e spiritualmente. La
parrocchia era il centro, il fulcro della comunità, il luogo dove condividere
la gioia e il dolore che la vita riserva a tutti, dove chiedere consigli per le
vicissitudini familiari, relazionali, economiche, dove impegnarsi per
l'accoglienza e per la solidarietà verso i naufraghi della vita, dove sentirsi
membri di una comunità viva. Ora questo deve essere ancora possibile: il seme
gettato deve germogliare e crescere. E’ il tempo di cominciare a camminare da
soli, come fedeli laici maturi, come cittadini, come persone.
Non
andare più in Chiesa è stata una scelta dolorosa, sofferta, lacerante ma
spontanea. In un primo momento, il sabato pomeriggio o la domenica chi poteva
partiva per partecipare alla messa nella parrocchia dell'Annunziata di
Mercogliano, dove era stato relegato a celebrare don Vitaliano.
Intanto, ci radunavamo in piazza ogni pomeriggio per
recitare il Rosario. Si è formato così, in modo spontaneo, il gruppo di
preghiera “Padre Pio”, per dimostrare di esserci come fedeli che pregano e
lottano, rifiutando ogni imposizione e chiedendo sempre di poter essere
soggetti e non oggetti nella vita della Chiesa. Il gruppo “Padre Pio” (dal nome
della piazza in cui ci radunavamo) è composto da più di un centinaio di
persone, in maggioranza donne, tra i 15 e i 90 anni; questo diventa più
numeroso in occasione di particolari circostanze. Inoltre il gruppo ha, da
subito, organizzato una serie di iniziative (estrazioni, pesca di beneficenza,
piccolo mercatino ecc.) per autofinanziarsi e per continuare a sostenere, con
un modesto aiuto economico, il Villaggio della Concordia nello Sri Lanka. Così,
itinerando di piazza in piazza, di chiesa in chiesa, noi santangiolesi ci siamo
riappropriati della dimensione propria dei fedeli laici, quella della preghiera
libera e spontanea. Di piazza in piazza, ogni giorno più consapevoli della
maturità della nostra scelta e della ricchezza spirituale e umana che ne
deriva. Popolo di Dio ingiuriato, vilipeso, sorvegliato, sfrattato, deprivato,
emarginato, ma vivo e palpitante, certo di incarnare l’affermazione di don
Primo Mazzolari che “la Chiesa non è un dormitorio ma è un campo di battaglia”.
Nei mesi precedenti la rimozione di don Vitaliano erano
tenute in parrocchia varie riunioni per concretizzare la possibilità e la
voglia di creare un organismo di sinergie che si occupasse di attività
ricreative, sportive, culturali, teatrali e che coinvolgesse giovani e meno
giovani. Ma poi ci fu la rimozione.
Così durante l'estate 2003, per continuare il discorso
iniziato, si è costituito "’o Ruofolo" un'associazione
culturale, sportiva e ricreativa aperta a tutti, senza pretese, se non quella
di testimoniare e condividere l'essere comunità in cammino. Nello statuto si
legge: “Noi siamo ‘o Ruofolo (il grillotalpa) che da sottoterra
rosicchia radici; abbiamo imparato a guardare il mondo, la Chiesa, la stessa
realtà in cui viviamo da un punto di vista altro; ci avete costretti a guardare
le cose da angolazioni scomode, dalle quali nessuno si mette mai ad osservare,
ma ci siamo resi conto che da qui è più bello, si notano cose che dal vostro
scontato e noioso punto di vista non vedrete mai, si scoprono sfumature a voi
invisibili e, soprattutto, si osserva con curiosità e con libertà, senza che ci
sia nessuno a dirti come e cosa devi guardare. Abbiamo imparato ad avere
rispetto di noi stessi e a difendere con dignità il nostro punto di vista. Vi
invitiamo nel nostro mondo “sottosopra” forse anche voi non vi scandalizzerete
più tanto facilmente!”.
Questo animaletto del sottosuolo, che infesta le nostre
campagne, ‘o Ruofolo, il grillotalpa, diventa il simbolo e la sintesi di
oltre due anni di resistenza a un’ingiustizia subita dalla comunità. Resistenza
pacifica e nonviolenta fatta di manifestazioni, di sciopero della messa, di
muri costruiti alla porta della chiesa, di processioni “alternative”, di
rivendicazioni di diritti che appartengono alla gente. Una resistenza che a
volte diventa sabotaggio nonviolento, proprio come il grillotalpa che mangia le
radici senza farsene accorgere dal contadino, il quale si rende conto del danno
quando è ormai troppo tardi. Ma non c’è solo resistenza e sabotaggio nel
grillotalpa, c’è anche la possibilità positiva di guardare le cose da un altro
punto di vista, dove il sotto diventa sopra e viceversa: è il mondo capovolto,
lo stesso, medesimo mondo, ma capovolto.
Durante l'estate 2003 e 2004 ‘o
Ruofolo organizza la tradizionale fiaccolata in onore di San Silvestro e
quella in onore di San Michele, sorvegliate da agenti Digos e dai Carabinieri.
Vengono organizzate gite e pellegrinaggi alle quali la partecipazione è
massiccia. In modo autogestito e autofinanziato, si organizzano serate
ricreative.
Durante le festività natalizie 2003
viene messo in scena e replicato, uno spettacolo sul tema "Pregiudizio e
discriminazione", argomento questo sentito e utile spunto di riflessione e
di educazione, soprattutto per i giovani, al vivere civile e lontano dai guai.
Oltre alle attività teatrali e culturali del Ruofolo,
si è deciso insieme di sostenere la squadra di calcio di Sant’Angelo a Scala,
nominando don Vitaliano presidente.
Il 22 novembre 2003 ha avuto luogo la “fiaccolata della
dignità” per ricordare il primo anniversario della rimozione, le strade
intraprese con ragionevolezza e autonomia, il percorso fatto, la maturità
raggiunta, la via per proseguire.
Prima del Natale 2003 la comunità, dopo lunga discussione
(ormai le assemblee sono una costante per decidere sul da farsi), ha preso una
decisione importante: è stato invitato un prete sposato a celebrare
l’Eucaristia; la domenica prima di Natale, in piazza viene celebrata la messa.
Un incontro toccante, commovente, partecipato da oltre 250 persone. Nella chiesa
parrocchiale, raccontano i giornali, erano presenti appena 11 persone. Quella
Messa in piazza per molti è stata la Messa di Natale. L’esperienza si è
ripetuta ancora con altri sacerdoti che si sono resi disponibili a celebrare
per questa comunità “disobbediente”, che ha scoperto che si può anche fare a
meno del prete per celebrare e da allora, ogni settimana, si celebra insieme
l’Eucaristia.
Il 6 gennaio 2004 abbiamo
organizzato una fiaccolata nella giornata scelta insieme per riflettere e
preghare per la pace.
Le
risposte che arrivano dalla Curia sono invece assai poco pacifiche e per niente
paterne e materne: una querela per l’occupazione dell’ex chiesa del Rosario,
all’amministratore parrocchiale viene vietato di rilasciare i nulla osta ai santangiolese che
intendono ricevere i Sacramenti in altre parrocchie, tramite la stampa si
minaccia continuamente l’interdetto.
Intanto continuiamo a riunirci e a stare nella ex chiesa del
Rosario che ormai consideriamo la nostra chiesa, continuiamo a recitare il
Rosario – che fu inventato nel medioevo come riappropriazione “laica” della
preghiera, diventata esclusiva proprietà del clero – e a celebrare
l’Eucaristia, continuiamo a vivere insieme momenti di aggregazione, ludici,
culturali e di catechesi; continuano a sentirci parte viva della Chiesa, ma
liberi di dissentire quando questa prende decisioni sbagliate e ingiuste.
Soprattutto stiamo meditando sul
sacerdozio comune dei fedeli, mentre continuiamo a percorrere vie inesplorate,
spesso dolorose, a volte gioiose, ma sempre positive, ricche di insegnamenti e
cariche di dignità ritrovata.
Comunque andiamo avanti,
caparbiamente, come popolo che, alla maniera zapatista, sa “camminare
domandando”.
Le sorelle e i fratelli di
Sant’Angelo a Scala