Da

Il manifesto 1), Liberazione 2), Adista 3)/1 ,3)/2

 

 

1)
Comunità fuori dal coro
Filippo Gentiloni

Da il manifesto 7.12.2003


In un tempo come l'attuale, in cui ogni religione cerca di gridare più forte delle altre, è logico che il «divino» si occupi , invece, dell'impegno di chi non grida. Non tanto perché «piccolo è bello», quanto perché spesso le voci sommesse e discrete sono le più autentiche. Anche se è difficile sentirle. Fra le altre, le voci delle comunità cristiane di base (cdb) che in questi giorni celebrano a Montesilvano (Pescara) il loro incontro nazionale. Numero - udite, udite! - 28: quasi tre decenni, una storia, un percorso a ostacoli davvero invidiabile.

Il tema di quest'anno, infatti, guarda insieme al passato e al futuro: «Memoria e progetto». Protagoniste alcune comunità di base: fra le altre, «Luogo Pio» di Livorno, «San Paolo» di Roma, «Viottoli» di Pinerolo, «Cassano» di Napoli, «Oregina « di Genova, «Isolotto « di Firenze, «La porta» di Verona, la comunità di Olbia ed altre.

Il sottotitolo dell'incontro collega insieme i due versanti dell'impegno delle cdb: «Condivisione eucaristica e partecipazione politica fuori dai recinti». L'impegno religioso si può incontrare con quello sociale e politico senza dar luogo a integrismi, purché la sede dell'incontro sia non al di dentro ma al di fuori dei «recinti»: al di fuori dei «palazzi» e delle loro bandiere.

Al di fuori delle mura.

Il momento che stiamo vivendo - lo possiamo constatare quotidianamente - è particolarmente difficile per la democrazia. Enzo Mazzi, ben noto ai lettori de il manifesto: «L'ambito religioso, per chi ci vive ed opera - per chi si dice cristiano o musulmano, ebreo o altro - deve essere anch'esso investito al suo interno dal processo di riappropriazione della democraticità dal basso. I modi e i tempi sta ad ogni realtà e persona stabilirli. Ma il processo deve essere tenuto vivo.... Le cdb sentono e vivono da sempre un tale problema».

E citano questo bel testo del profeta Isaia (11): «Il lupo dimorerà presso l'agnello, la tigre si accovaccerà accanto al capretto, il vitello e il leone pascoleranno insieme e un bambino piccolo li condurrà; la mucca e l'orsa staranno insieme al pascolo e i loro piccoli si sdraieranno accanto, il leone come il bue mangerà il fieno, un bambino lattante giocherà nel covo dell'aspide e dentro la tana della vipera un bambino appena svezzato stenderà la mano». Purchè fuori dai recinti. Uno dei principali appuntamenti dell'incontro di Mantesilvano recita, infatti: «Tempo di intrecci e di contaminazioni. Confronto per una convivialità delle differenze»: un bel programma.

Le cdb ripetono, così, il loro arruolamento con le forze religiose e politiche che cercano di affrettare l'arrivo del giorno di cui parlava Isaia.


2)

L'assemblea nazionale delle comunità cristiane di base discute di eucarestia e partecipazione politica

La comunione in "movimento", le coscienze pure

Fulvio Fania

Da Liberazione 7.12.2003

 

Che cosa c'entra l'eucarestia con i movimenti "per un nuovo mondo possibile"? Per trovare il nesso basta raggiungere, durante questo ponte festivo, Montesilvano in provincia di Pescara, dove trecento donne e uomini delle Comunità base cristiane confrontano le loro esperienze. Accade quasi ogni anno, fin dal 1971 quando il "dissenso" dell'Isolotto di Firenze, di San Paolo a Roma, di Oregina a Genova e di molti altri posti d'Italia si ritrovò a discutere su come dare corpo al Concilio Vaticano II opponendosi al vento gelido che stava per ibernarlo. «Il primo punto che rendeva difficile la dialettica tra autorità e fedeli - ricorda Marcello Vigli - fu individuato nei rapporti tra istituzioni ecclesiastiche e poteri politici». Da allora ogni comunità ha compiuto il proprio cammino, «senza elaborare teologie» ma praticando un nuovo modo di essere chiesa, non tralasciando l'impegno sociale. Le due facce dell'esperienza si ripresentano nel tema dell'attuale appuntamento: "Condivisione eucaristica e partecipazione politica". Ieri mattina tre comunità di base - San Paolo, Livorno e Pinerolo - hanno raccontato per ore le proprie esperienze di comunione: gli interrogativi dei romani fin da quando le gerarchie vietarono la celebrazione a dom Franzoni o viceversa la ininterrotta presenza di don Barbero (sospeso solo di recente) nella comunità piemontese. Ovunque, la partecipazione delle donne, la rotazione di gruppi che presiedono l'eucarestia, forme diverse ma tutte ispirate - come la definisce Enzo Mazzi - ad «una riappropriazione dal basso». E appunto qui sta il nesso con «il bisogno di riprendere il bandolo della partecipazione» e il «segno dei tempi» rappresentato dal variegato movimento per la pace.

La 28a assemblea delle comunità è finita vicino a Pescara con l'intenzione di confrontarsi proprio con una realtà di movimento locale, «non vertici difficili da individuare» - spiega Vigli - ma la "Rete non violenta" che riunisce vari organismi politici o di volontariato. Una tavola rotonda ha messo a confronto Mazzi con Lisa Clark di "Beati i costruttori di pace" e due voci ambientalista (Edvige Ricci) e "new global" (Maurizio Acerbo). Gli organizzatori ritengono che, in fondo, nella multiforme realtà dei cristiani di base che restano collegati senza disperdere le proprie identità, il "movimento dei movimenti" potrebbe trovare qualche suggerimento per regolare i rapporti interni. Il collegamento tra le comunità è assicurato da una segreteria tecnica - Cristoforo Palomba, Benedetto Busacchia, Gennaro Sanchez - che ha dovuto raccogliere il testimone dopo la scomparsa di Ciro Castaldo, esponente storico della comunità napoletana di Cassano.

 

I cristiani di base non si sentono né isolati né "reduci" di tempi gloriosi. L'età media a Montesilvano è sui quaranta ma tre gruppi di lavoro sono composti dai giovani, che ogni anno organizzano un raduno nazionale. L'ultima volta a Formia hanno discusso su come le canzoni parlano di Dio. Ma soprattutto le comunità avvertono di non essere sole sulla scena del rinnovamento delle chiese («perché anche la luterana non scherza», osserva Peppino Coscione). Tocca a Franzoni raccontare le tante occasioni in cui saltano quotidianamente le barriere vaticane all'ospitalità eucaristica tra diverse confessioni cristiane o al ruolo della donna e del "popolo di Dio". Il caso del Kirchentag, incontro tra cattolici e protestanti in Germania, è stato solo il più rumoroso. «L'accelerazione della storia - osserva Vigli - ha reso irrilevanti le censure e le sospensioni delle gerarchie; oggi si è puniti domani si potrà essere riabilitati». Lo "spirito" del Concilio è più vivo di quanto si creda.

 

3)/1

 

Eucaristia e democrazia in difetto di condivisione.

L'alternativa delle comunità di base

Da Adista n. 1.2004

 

Oggi l'eucaristia è "malata" così come è "malata" la politica. Tocca a Enzo Mazzi lanciare la provocazione al tavolo del confronto per una convivialità delle differenze, che ha rappresentato uno dei momenti forti della prima giornata del 28° incontro nazionale delle Comunità cristiane di base italiane, svoltosi a Montesilvano (Pescara) dal 6 all'8 dicembre scorsi. "Lupo e agnello vanno insieme all'altare per cibarsi delle stesse ostie - ha detto l'esponente della Comunità dell'Isolotto di Firenze -, ma non c'è condivisione: il lupo non mette a rischio il proprio corpo, mentre l'agnello è spinto a sublimare nel sacrificio". E proprio la logica del sacrificio impedisce di vivere l'eucaristia nella sua dimensione autentica e liberante di condivisione, che coinvolge tutta l'esperienza umana: corpo e anima, carne e sangue. Allo stesso modo la politica vive un momento di crisi: la guerra in Irak ha dato un colpo mortale alla democrazia, perché sono state negate non delle regole formali, ma il buon senso della maggioranza dell'umanità, rendendo abissale la distanza tra governati e governanti. I processi decisionali escludono oggi anche un minimo barlume di partecipazione e controllo popolare. È necessario salvare sia la democrazia che l'eucaristia attraverso un processo di riappropriazione di ambedue partendo dal basso, dal luogo dove esiste un pozzo fecondo di solidarietà. Un processo in cui è essenziale il confronto delle diverse realtà, delle esperienze, delle frustrazioni, dei progetti. Nella capacità di contaminarsi fra diverse realtà, di mettersi in discussione, di non considerarsi autosufficienti. "Nel mondo globalizzato - ha concluso Mazzi - tutti dipendono da tutti. Questo crea angoscia, e per sedarla siamo tentati di rinchiuderci nella nostra tana. E se invece la risolvessimo uscendo dai nostri gusci e affrontassimo la dipendenza, che si alimenta di competizione globalizzata, rovesciandola in relazioni positive?".

Sta proprio qui la novità di Seattle per Maurizio Acerbo, esponente del Movimento dei movimenti, che mette in guardia da chi invita il movimento stesso a "non fare politica", ricreando di fatto le divisioni precedenti a Seattle, insite nell'ideologia degli anni Ottanta, "quando ci raccontavano che dovevamo impegnarci in singole battaglie settoriali al di fuori dei grandi movimenti sociali complessi", anche se resta essenziale "confrontarsi con la politica istituzionale senza farsi inglobare". Un nodo, questo, che ha aperto un confronto serrato con chi, impegnato in politica, come Paolo Ferrari, della Comunità "La Porta" di Verona, invita invece il movimento a contaminarsi senza essere troppo geloso della propria "purezza". E se Lisa Clark, dei Beati costruttori di pace, sostiene che non basta più solo scendere in piazza, Edvige Ricci, del Movimento ecologista, ricorda come oggi i grandi temi su cui confrontarsi devono integrare la dimensione della giustizia sociale e dell'equità con quella dell'ecologia in una realtà in cui, con la globalizzazione, salta ogni differenza tra centro e periferia.

Il convegno si era aperto, la mattina del 6 dicembre, con l' "eucaristia raccontata" dalle comunità del Luogo Pio di Livorno, di San Paolo di Roma e di Pinerolo e Piossasco. Tre esperienze che, nella loro diversità, rappresentano un percorso di riappropriazione del momento eucaristico come segno "laico" di condivisione e di memoria della vita di Gesù spesa per gli altri, contro ogni retorica del "sacrificio". Memoria, condivisione, accoglienza e impegno a fare come Gesù, che pongono l'eucaristia come un momento forte e fondante della vita stessa della comunità.

Ma per Giovanni Franzoni, della Comunità di San Paolo, non va dimenticata la dimensione di "ordalia", di "giudizio" che rileva nel gesto eucaristico: lo spezzare il pane come segno di condivisione ma anche di "minaccia" nei confronti di chi viene meno all'impegno della parola data, come monito "a non banalizzare lo scontro tra bene e male". Dio è un padre misericordioso ma anche rigoroso ed esigente.

La prima giornata dell'incontro nazionale è stata anche caratterizzata dalla memoria di Ciro Castaldo, scomparso il 7 marzo 2003. Non una relazione scritta, solo alcune immagini di un video girato al precedente incontro di Formia alla fine dello spettacolo "Bagliori di rogo": sequenze emozionanti così come lo sono state le parole del fratello, Gennaro Castaldo: "Ciro - ha detto - era circondato da un affetto veramente eccezionale. Il nostro dolore è stato enormemente alleviato dalla partecipazione ai vostri incontri. Ciro continua ad essere vivo ad opera vostra. Non è scomparso ma continua a vivere".

Durante il convegno, l'assemblea ha anche approvato tre brevi documenti. Fa seguito un commento di Enzo Mazzi.

 

3)/2

Quando Ppinocchio fa il miracolo

Enzo Mazzi

 

Chi l'ha detto che i miracoli non esistono più? Forse è vero per l'evento soprannaturale calato dall'alto, irruzione di una divinità concepita come totalmente esterna alla natura e alla vita. Nella società secolarizzata l'onnipotenza divina è surclassata dall'onnipotenza della tecnologia. Dio ha scoperto la televisione. Non ha più bisogno del miracolo per impressionare e dominare le coscienze. I miracoli soprannaturali sono ormai ridotti a stanche e burocratiche certificazioni nei processi di santificazione.

Ma allora, non più abbagliati dal miracolo sovrumano, possiamo riscoprire il miracolo come espressione profetica, manifestazione di una forza che anima dal didentro la natura e la vita, fucina mai spenta di creatività in un mondo omologato, capacità di resistere alle pressioni dell'onnipotenza. Non è enfatico questo discorso. E' la realtà vista alla rovescia.

Non è forse da considerare come un vero miracolo il movimento pacifista mondiale contro la guerra? E non è un miracolo la sua resistenza nonostante il massiccio bombardamento della disinformazione mediatica? Tanti sono oggi i miracoli di questo tipo: sospensioni delle leggi ferree dei poteri che dominano il mondo e controllano le coscienze.

Uno di questi miracoli, piccolo miracolo senza visibilità, è avvenuto a Montesilvano-Pescara nei giorni dal 6 all'8 dicembre. O meglio, è stato un insieme di minuscoli miracoli.

Primo miracolo: trecento persone delle comunità cristiane di base e anche senza comunità, di ogni parte d'Italia, persone "normali", prive di inquadramenti cogenti e incentivanti, di parole d'ordine e appartenenze forti, si sono incontrate a prezzo di viaggi in qualche caso al limite dell'eroismo (pensate al viaggio in nave e in treno da Cagliari o da Pinerolo o da Palermo!) per scambiarsi esperienze, confrontare punti di vista, scoprire un cammino "fuori dai recinti". Nei convegni in genere la quantità della partecipazione è proporzionale alla qualità mediatica dei relatori. Qui non esistevano "relatori", ma solo "persone in relazione" e in atteggiamento di confronto circolare. Qualche leader più o meno carismatico c'era, ma nulla a confronto del leaderismo mediatico che c'invade. Com'hanno fatto a trovarsi in trecento?

Secondo miracolo. Sapete di cosa parlavano? Dell'intreccio fra democrazia partecipativa e condivisione eucaristica. A chi può mai venire in mente di avvicinare democrazia ed eucaristia? La democrazia è il governo del "demos", il popolo, l'eucaristia è sottomissione al governo di Dio. Sono agli antipodi. Questo è il sentire assai comune nell'epoca della secolarizzazione. La democrazia si occupa della salvezza e dannazione dei corpi, l'eucaristia della salvezza e dannazione delle anime. Ognuna delle due deve stare rigorosamente al suo posto. Ma è proprio vero che la democrazia è il governo del popolo e l'eucaristia il governo di Dio? Forse siamo tutti vittime di un grande storico imbroglio. Le trecento persone dell'incontro di Pescara, pur con accenti diversificati, hanno assunto il coraggio di tentare di demistificare tale imbroglio.

L'hanno guardata questa democrazia dai luoghi della loro esperienza di vita a contatto con le rottamazioni sociali. E l'hanno vista malata. Si sentivano sorretti da tanti altri rivoli di esperienze e punti di vista più o meno fuori dai recinti. La guerra in corso in Iraq sembra aver dato il colpo finale alla democrazia. Sono state rispettate tutte le regole formali della democrazia, così ci dicono perfino alcuni politici di sinistra per i quali questa guerra è "sbagliata ma non illegittima". È visibilmente cresciuta però la divaricazione fra governanti e governati. È diventata una voragine.

E l'eucaristia? È malata anch'essa. Non è un mistero. Lo sanno tutti. Il lupo e l'agnello vanno insieme all'altare a cibarsi della stessa ostia sacra. Ma non è condivisione. Il lupo non condivide il proprio corpo, il proprio sangue e la propria vita. Anzi, usa l'eucaristia per candeggiare la propria anima macchiata dal sangue dell'agnello. E l'agnello non trova nell'eucaristia una spinta per tendere al proprio riscatto storico. Trova per lo più uno strumento di sublimazione del proprio sacrificio con la consolazione del riscatto nella vita eterna. Con l'aggiunta delle briciole della carità. La malattia dell'eucaristia è ormai cronica. Ridotta già da molto tempo a una manifestazione quasi magica del potere sacro del ministro ordinato, espressione emblematica del governo assolutista della casta del clero. E non è malato solo il rito per eccellenza della Chiesa cattolica. Tutte le religioni muoiono per l'invadenza del clero, comunque si chiami o si vesta, e per l'assenza di condivisione, o meglio assenza di spartizione, come qualcuno ha notato. Sopravvivono come agenzie di assicurazione sulla vita eterna, tanto per il lupo quanto per l'agnello, o come centrali di fanatismo integralista. E con le religioni muore una dimensione non secondaria della esistenza umana.

E siamo all'emergenza, in Italia e nel mondo, sia nel campo della vita politica sia nel campo della vita religiosa.

Ma siamo anche al bisogno di tante persone di incurvarsi tutti insieme in un grande sforzo per salvare la democrazia e per salvare l'eucaristia. È la riappropriazione della democrazia e la riappropriazione della simbologia religiosa dal basso.

Il popolo del "nuovo mondo possibile" conosce bene un tale grandioso processo storico. Ma non sempre si ha la consapevolezza piena della sua articolazione. Tutti gli ambiti del convivere infatti ne sono investiti. Ed è importante che siano investiti proprio tutti, nessuno escluso, perché il cancro che viene sradicato da una parte o anche da molte parti importanti dell'organismo sociale non rientri attraverso qualche metastasi periferica.

Terzo miracolo. Tre comunità di base hanno raccontato e analizzato criticamente le loro esperienze a trent'anni dalla propria nascita: una di Livorno, una di Roma e una di Pinerolo. Ma come si fa a vivere trent'anni nella più assoluta precarietà, nella strada o quasi, senza organizzazione, senza mezzi, senza ideologia, senza obbiettivi? Come si fa a campare trent'anni scontrandosi ogni giorno con le contraddizioni, i contraccolpi, le ferite di relazioni umane non mediate da istituzioni e autorità? Come si fa a reggere trent'anni senza visibilità e senza l'ombra di proselitismo o di propaganda?

Quarto miracolo. C'erano all'incontro di Pescara, con un proprio senso di partecipazione attiva e di protagonismo, diverse decine di adolescenti e giovani. Che miracolo è mai questo? Lo è se si tiene conto che le comunità di base, chi più chi meno, ha escluso la cooptazione dei figli e nipoti ed eredi. Non vogliono la clonazione ideologica. Seminano eccome, ma al vento. L'esperienza delle comunità di base vuol produrre frutti ma nella libertà dello Spirito. Non intende istituzionalizzarsi per riprodurre se stessa. Cosa pensare di questa partecipazione giovanile?

Quinto miracolo. Il più impressionante. Pinocchio ha giocato il gatto e la volpe, il burattinaio Mangiafuoco, i gendarmi, gli assassini, il guidatore del carro del paese dei balocchi, il pescecane e tutta la serie dei personaggi che lo vogliono fottere. E non è un miracolo? Egli è un insignificante burattino dalla identità incerta. È e non è burattino perché è di legno ma non ha i fili. Geppetto è e non è il suo babbo. E chi è la "bella bambina dai capelli turchini"? Una fata, una sorellina, una mamma, un segreto amore? E via di questo passo. Tutti vorrebbero afferrarlo e quasi ce la fanno, ma nessuno infine ci riesce. Non riescono a ingabbiarlo proprio perché sfugge alle definizioni. Vede e vive la realtà al di fuori dagli schemi.

È una metafora assunta come spunto da uno dei "laboratori" nei quali si è articolato l'incontro delle comunità di base a Pescara per definire la condizione di chiunque cerca un luce nella notte della democrazia e della eucaristia. E forse è anche un po' una metafora complessiva delle comunità di base.

È soprattutto un messaggio di speranza.