Un gioco dell'oca per confrontarsi e riflettere

Marta Ricci

da Confronti giugno 2005

Curiosità, risa, perplessità, confronto, nostalgia, inquietudine, divisioni: tutto questo c’è stato la mattina del 24 aprile durante il XXIX incontro nazionale delle comunità cristiane di base.
Il motore di tutto ciò? Un semplicissimo gioco dell’oca, formato tabellone gigante, riveduto e corretto.
Le pedine: animali variopinti che rappresentavano piccole squadre da sette componenti ciascuna.
Il percorso del tabellone era costituito da caselle, contrassegnate ciascuna da parole,legate in qualche misura al tema del convegno: esclusione, amore, condivisione, divisione, comunità religiosa, fuga, gruppo classe, incontro, nostalgia, solitudine, chiusura, bibbia, rifugio, senso di appartenenza, tradizione, cammino, ruolo.
Ogni squadra ha avuto modo di discutere su tre fra le parole presenti sul tabellone (ovviamente le parole erano diverse da squadra a squadra!), raccontando aneddoti, ricordando episodi del passato che quelle parole rievocavano. Poi è cominciato il gioco vero e proprio: un dado gigante lanciato a turno da ogni squadra, muoveva la pedina che si andava a posizionare sulle diverse parole . A seconda delle parole dove si fermava la pedina, si alzava un membro della squadra che si era confrontata su quella parola e raccontava al resto del gruppo quanto emerso dalla discussione avvenuta all’interno della propria squadra. E così proseguiva il gioco.
Le squadre erano volutamente eterogenee: bambini, giovani, meno giovani e anziani si sono ritrovati a mettere in comune esperienze, ricordi, delusioni, speranze. Un tema che ha inaspettatamente coinvolto tutti, in forme diverse, è stato il rapporto di ciascuno di noi con la bibbia. Per alcuni giovani, forse i più scettici e distaccati, la bibbia era semplicemente un testo, un gran bel testo storico, pieno di favole e di aneddoti, ma pur sempre un testo; altri hanno espresso il desiderio che qualcuno lo raccontasse questo libro, qualcuno che sapesse stregarli come Giovanni Franzoni aveva fatto quando erano più piccoli, durante i pomeriggi al laboratorio. E’ emerso un rapporto un po’ ambivalente con questo testo, capace di suscitare fascino, curiosità, ma ancha senso di inesperienza e incompetenza . Alcuni veterani delle comunità di base hanno raccontato come sia stato importante per loro riappropriarsi ad un certo punto della loro vita del testo bilblico: leggere la bibbia direttamente, liberandosi dalle interpretazioni imposte dall’alto, spesso fatte di verità assolute e indiscutibili, ha significato riappropriarsi della Parola di Gesù, calata nella vita di tutti i giorni e sempre dalla parte degli esclusi e degli emarginati. Anche la parola “fuga” ha particolarmente ravvivato il dibattito. Fuga come rifugio nelle proprie idee per difendere i propri ideali, fuga come distacco dalla realtà, fuga come necessità, costrizione, come quella, per esempio, dei profughi, ma fuga anche come esodo, come processo di liberazione vrso la realizzazione di un mondo nuovo.
Giovani e meno giovani sono riusciti per un’intera mattinata a discutere su temi scottanti, stemperando tutti i pregiudizi e le sovrastrutture, mettendo in gioco le proprie emozioni, aspetattive, sogni. E’ successo qualcosa quella mattina. Per una volta non c’erano allievi e insegnanti, saggi e ingenui, esperti e inesperti, ma solo persone accomunate dal desiderio di parlarsi e ascoltarsi. Le squadre erano composte da uomini e donne di diverse età , esperienza, cultura e caratteri.
Ogni componente della squadra portava la sua testimonianza senza pregiudizi, né esitazioni.
I giovani e gli anziani si sono incontrati e quelle parole hanno permesso una sinergia , la creazione di una forza rara, speciale: la forza dell’ascolto, della tolleranza, dell’umiltà, della messa in gioco di noi stessi.

 

Marta Ricci