APPUNTI DAL LABORATORIO “ CHIESA: COMUNITA’ E ISTITUZIONE “


Il Concilio Vaticano II° con la Lumen Gentium cambia la prospettiva allargando a tutto il popolo di Dio il ruolo sacerdotale. A questo proposito porsi il problema del sacerdozio femminile non ha alcun senso: siamo tutti sacerdoti.
La non applicazione del Concilio è stata la causa scatenante del movimento delle Cdb. Al suo interno può avere una funzione il “ pastore “, ma non il sacerdote consacrato. L’eucarestia è legittima da chiunque è celebrata.

Dobbiamo accettare il dato di essere chiesa minoritaria con il compito di proseguire nel cammino di fede indipendentemente dalle posizioni della gerarchia ecclesiastica. A noi compete un terreno di “ resistenza “ che non significa scendere in trincea, ma al contrario farsi carico di tanti credenti che sono in sofferenza a causa di questa gerarchia. Comunicare la nostra gioia di fede pur essendo consapevoli che la istituzione – chiesa gerarchica ha una grande forza e attraverso la sua potenza economica e lo sfruttamento dei media comunica sicurezza psicologica e conforta il generale sentimento di solitudine. D’altra parte è pur vero che la chiesa vaticana è un’istituzione che non riesce a incide sulle altre istituzioni statali. Non ha ottenuto risultati sulla condanna della guerra, sulla tematica carceraria, ….è piuttosto al servizio dei poteri statali.
Lo specifico delle nostre comunità è quello d’essere “ autoconvocate “ e in questo sta la nostra originalità che ci distingue da tutte le altre esperienze comunitarie comprese quelle delle parrocchie più avanzate e dei movimenti ecclesiali perché presuppongono pur sempre una delega.

L’organizzazione è necessaria , anche solo una riunione di tre persone implica un’organizzazione., ma questa deve essere un servizio e garantire il rispetto delle diversità. Ogni passato tentativo di omogeneizzare le esperienze delle nostre comunità è fallito. Comunque è essenziale un collegamento nazionale delle comunità ed è auspicabile un intensificarsi degli scambi fra comunità ed un maggiore coinvolgimento di ciascuna comunità con le realtà locali.

Per quanto riguarda la visibilità del Movimento e la preoccupazione di garantirgli un futuro, le opinioni sono differenti.
Alcuni sostengono la necessità di porsi il problema del rafforzamento ai fini di una efficace, anche se pur debole , contributo alla costruzione del Regno. E’ un dovere nei confronti delle logica evangelica coinvolgere altre persone per edificare una società di pace e di giustizia: un altro mondo è possibile. Quindi non solo gruppi-comunità di “ resistenza “, ma anche di “ promozione “.
A tal fine è necessaria un’ autocritica, si fa pochissima autocritica tra noi. E’ evidente una certa carenza interna alle nostre comunità che ci preclude l’interessamento dei giovani. Non basta lo studio biblico e anche la nostra ritualistica probabilmente non è sufficientemente coinvolgente.

Il Movimento in assenza d’un ricambio generazionale non ha garantita una sopravivenza nel futuro.

A queste considerazioni c’è chi risponde che la visibilità è un problema secondario e insieme la sopravivenza futura delle Cdb. La nostra caratteristica è la “ precarietà “ , che è poi la condizione di vita della stragrande maggioranza dell’umanità. L’umanità è nata in quanto tale quando ha scoperto la propria morte e ha avuto bisogno di esorcizzarla fondando il tempio e uccidendo per sopravivere.
Per costruire un mondo nuovo è necessario accettare la propria finitezza in modo gioioso.
Alcuni pensano che non possiamo sapere cosa ci riserverà il futuro, comunque non è nostro compito costruire una nuova chiesa, né una nuova teologia. Più che la militanza dobbiamo privilegiare l’essere, testimoniare con l’essere.
La comunità è un contesto fertile per ciascuno di noi, è necessaria e utile a noi, oggi. E’ inutile preoccupaci del futuro. Non siamo un Movimento assimilabile ai francescani o a Comunione e Liberazione, ecc… che hanno prevalente il compito di resistere nel tempo e di espandersi.

Silvestro Reimondo