LABORATORIO N. 2 :
Eucaristia ospitale, terra di
benedizione e di pace
Relazione dei lavori
svolti nel giorno 7 dicembre 2003
Il
numero dei partecipanti al laboratorio è stato mediamente di 20 persone, in maggioranza
donne, provenienti dalle seguenti città : Genova, Torino, Firenze, Napoli,
Roma, Livorno, Pinerolo (TO), Chieri (TO), Albino (BG), Pescara, Alba (CN),
Verona, Avellino, Milano ; parecchi/e di noi sono o sono stati/e coinvolti/e
nell’esperienza delle cdb, alcuni/e provengono da altre esperienze ecclesiali,
qualcuno/a per la prima volta partecipa ad un incontro nazionale delle cdb.
Tutti/e nella presentazione iniziale abbiamo l’opportunità di parlare delle pratiche vissute
individualmente e comunitariamente: comitati e scuole di pace, associazioni di
solidarietà, fori sociali, associazioni ambientaliste, botteghe solidali,
gruppi di controinformazione ecclesiale e/o ampiamente culturale, ecc…
La
gran parte di noi dichiara di non
praticare più, come singolo/a e/o come comunità, la celebrazione eucaristica ogni settimana
per evitare che la prassi eucaristica si possa
trasformare in una pratica ritualistica, priva di reale condivisione.
I/le partecipanti
dichiarano di aver scelto il laboratorio perché fortemente stimolate/i
dal tema e dalle riflessioni suggerite dalla scheda di presentazione che viene
letta in modo collettivo e ad essa spesso facciamo riferimento come punto di
partenza per gli approfondimenti che
sono venuti dagli interventi di tutte/i .
Le parole chiave del laboratorio che provocano
maggiori riflessioni sono:
v Condivisione
v Ospitalità
v Accoglienza
v Gratuità
v Memoria attiva
v Speranza
v Cura del creato
v Valorizzazione dei piccoli gesti
Peppino di Genova: espone
sinteticamente il lavoro compiuto dalla comunità di “Oregina”
di Genova e tradotto nella scheda
di presentazione del Laboratorio; fa una rapida presentazione dei testi che
sono stati uno strumento utile nell’elaborazione del tema proposto ed apre la
discussione.
Anna Maria di Roma: sottolinea che manca una diffusa
coscienza dello sviluppo storico del
cristianesimo nei suoi riti, nel significato attribuito ai riti e questo
facilita l’opera di restaurazione che viene dall’alto della gerarchia
ecclesiastica, come ci attesta l’enciclica “Ecclesia de Eucaristia”; di qui il
compito che hanno le cdb di comunicare
il senso antropologicamente universale del banchetto vissuto nella famiglia,
nella comunità, aperto a tutte/i anche al “figliuol prodigo”; banchetto come comunione tra le
generazioni se non vogliamo la perdita della dimensione comunitaria della vita.
Riccardo di Roma: sottolinea che siamo di fronte a poteri che
operano per espropriarci
dell’informazione, della partecipazione, dei beni della terra;
l’eucaristia deve essere vissuta come
offerta di speranza e chiamata ad
un impegno a vivere nella quotidianità, nei luoghi dove si lavora, dove
possiamo gettare i semi della comunità
messianica annunciata da Gesù di Nazareth.
Gabriella di Albino: trova molto
bello il tema dell’ospitalità che ritiene di poter collegare al tema della
Tavola della pace, della Tavola dell’ONU dei popoli, ma sottolinea la
difficoltà ancora oggi di tessere una rete che metta in comune le
diverse realtà.
Letizia di Pescara: parla delle esperienze vissute nelle diverse realtà,
dalla parrocchia ai movimenti ambientalisti, all’ultima dei girotondini, per
soffermarsi sul lavoro che oggi compie nella scuola sulla tematica ecologica,
con particolare riferimento alla critica del concetto dominante di benessere.
Lorenzo di Pinerolo: impegnato
in Emergency, parla della crescita personale maturata nella comunità intorno
alla mensa eucaristica vissuta come momento di spezzamento della propria vita,
di intreccio di relazioni interpersonali, oltre i ruoli tradizionali.
Laura di Livorno : fa riferimento per la storia della comunità del Luogo
Pio Livorno a quanto già testimoniato da gruppo nella mattinata di sabato e
sottolinea l’esperienza del loro vivere soprattutto fuori del tempio la solidarietà e la condivisione eucaristica.
Antonia di Roma: parla
dell’esperienza della comunità Aurelia, esperienza negli ultimi anni
molto travagliata, e sottolinea l’intreccio tra partecipazione alle
manifestazioni a Roma sui temi della pace, del lavoro, della scuola con la
partecipazione alla mensa eucaristica, come spazio di ricerca e di
coinvolgimento.
Nelle ore pomeridiane le riflessioni si sono intrecciate con le
problematiche sollevate dalla scheda
predisposta da Catti di Genova che, con ottica femminista, ha evidenziato la
differenza fra una concezione dell’eucaristia come sacrificio discriminante
tipico della cultura religiosa patriarcale, ed una concezione dell’eucaristia
come condivisione inclusiva a cui aspirano i gruppi di cristiani/e di
base in una comunità paritaria.
Spunto
per una riflessione critica sulla cena eucaristica inclusiva e quindi sulla
significatività dei momenti evangelici di condivisione comunitaria in cui le
donne non sono escluse, discende dalla descrizione della cena di Betania ove è
protagonista la donna che unge il capo di Gesù: in tale cena si compie la più
significativa ed esemplare donazione
gratuita e “con spreco” di una bene naturale il profumo, usato, in quel
caso, per la cura e l’amore per lo stesso Cristo.
L’eucaristia
viene quindi vista come momento particolarmente significativo di donazione di
sé e quindi come gesto femminile materno, ed infine come momento di benedizione
e riconciliazione con la terra con la natura con gli altri esseri viventi.
Aprendosi la discussione sono
intervenuti:
Paolo di Pinerolo: afferma che occorre guardare all’eucaristia
comunitaria come invito alla cura del creato; il gesto di Gesù che dona il suo
corpo e il suo sangue è impegno a spezzare la vita sentendosi parte del creato e ponendo
quindi attenzione alla natura oltre
che alle persone; nello stravolgimento
degli schemi, quel simbolo è un condensato dell’esperienza di Gesù. Per noi un
immergersi pieno nella vita quotidiana, nelle relazioni.
Peppino di Genova: richiamandosi all’eucaristia ritiene che della
memoria spesso si ha una concezione banale ed inadeguata come semplice ricordo
di qualcosa che non è più; invece la memoria va intesa in maniera attiva,
qualcosa che deve sempre dinamicamente realizzarsi e ciò è vero dal punto di vista filosofico come
biblico.
Silvia di Alba: si
domanda perché questa banalizzazione;
l’eucaristia ha perso il suo vero significato, è divenuta come un
obbligo; questo da parte ecclesiastica è stato un atteggiamento violento al contrario di quello
che dovrebbe essere. L’eucaristia deve essere un tutt’uno che dà gioia,
trasmette la nostra appartenenza, aiuta a trovare una soluzione alle angosce di
tutti i giorni; la condivisione auspicata deve partire dalle piccole cose.
Adriano di Roma: Gesù non fece da solo l’eucaristia ma con un gruppo
di amici; nel momento in cui si fa memoria questa è una memoria che viene anche
da altri. Pur nei nostri limiti, ricerchiamo il momento di condivisione
eucaristica come elemento comunitario. (Riferimento a Dario Fo in “Mistero
buffo”: socializzare i problemi).
Aldo di Napoli: L’eucaristia
è costruire la comunità la dove si è, occorre la disponibilità sia ad
accogliere che ad essere accolti/e . L’eucaristia è condivisione universale,
gratuità in alternativa alla logica
dello scambio, cura del creato, lotta
contro i bisogni indotti, l’attenzione agli ultimi e alle ultime.
Francesco di Roma: sottolinea l’attenzione ai bisogni primari: per lui
a volte può non aver senso fare il gesto dello
spezzare il pane quando migliaia di persone sono prive di questo bene
primario o quando sono coinvolte in una
drammatica situazione di guerra…
Tina di Firenze: ricorda un episodio: una sua amica, che si definiva
non credente, un giorno durante l’Eucaristia in piazza all’Isolotto, affermò
che pur non credendo in quel gesto di memoria, “credeva in chi crede
nell’Eucaristia”. In questo senso accentuò il momento di condivisione, anche da
non credente, e di fiducia nei confronti di chi crede condividendone gli
ideali.
Riccardo di Roma: ritorna
sul tema della nonviolenza, non in senso banale ma come superamento delle
contraddizioni, come riscoperta della
dimensione spirituale che supera tutte le violenze e cita una frase della scheda di gruppo che per
lui è particolarmente significativa: “Una
dimensione spirituale (quella eucaristica) che comprende anche tutte quelle
lotte, sfide, ricerche per ritornare alle condizioni paritarie, dove vengono superate le violenze il dominio dei più forti sui più deboli, le
oppressioni, il potere gerarchico ecc… Una dimensione che guarda alla terra
degli uomini e delle donne come origine e destino nostro”.
Gabriella di Avellino: con riferimento alla lettura della scheda di
riflessione da un ottica femminista, sottolinea l’esigenza di essere portavoce
di tante istanze con sensibilità a tante aspettative che vengono dal
basso, per esempio l’istanza di dignità
nostra (delle donne) come legittima e giusta esigenza di rappresentanza
femminile.
Sandra di Torino: Trova
molto bella l’immagine dell’ Eucaristia come gesto materno, di donazione di
corpo e sangue, in una ottica semplice e naturale per le donne: quella della
maternità.
Titina di Roma: testimonia
del lavoro compiuto dalle donne di S. Paolo nella preparazione delle eucaristie
comunitarie che in occasione del trentennale sono state raccolte in un unico
fascicolo.
Ausilia di Chieri: afferma che la dimensione comunitaria è
irrinunciabile. Nella pratica
dell’essere accolti/e si
sperimenta il bisogno di essere. Ha senso che nel mondo ognuno faccia la sua parte
e la condivisione dei nostri pezzi è
qualcosa di più della semplice
sommatoria di essi.
Anna di Verona: considera
il lavoro del gruppo molto arricchente: ritiene importante la valorizzazione
anche delle piccole cose e il condividere tutto nei gruppi anche i momenti di
dolore; in particolare ricorda l’esperienza che la loro comunità ha fatto del vivere insieme con
Natale Scolaro dal quale ognuno/a ha ricevuto.
Questa
ultima riflessione di Anna costituisce da una parte la positiva chiusura dell’attività del
laboratorio e dall’altra l’invito a rimettersi a camminare domandando.
a cura di Catti e Peppino della Comunità cristiana di base di
Oregina di Genova