delle Comunità cristiane di base italiane
Notevole
è stato il successo del 27° Incontro nazionale delle Comunità
cristiane di base italiane, che si è svolto a Formia dal primo
al 3 novembre, secondo il programma stabilito e in un clima di piena
condivisione - grazie all’impegno straordinario della locale Cdb - con la
partecipazione di circa quattrocento persone provenienti da 35 gruppi e comunità.
Particolarmente significativa la presenza di giovani di diverse città:
un’ottantina sia legati alle Cdb, sia provenienti da altre esperienze
ecclesiali e non.
“Chiamati alla speranza, oltre i confini di ogni fondamentalismo”: questo il tema che hanno affrontato i convegnisti nelle assemblee generali e nei laboratori, sulla base di documenti e schede preparate dalle Cdb responsabili per favorire un approfondito confronto su una problematica complessa e di particolare attualità.
Dopo il saluto
di Ciro Castaldo, della segreteria tecnica delle Cdb, e di Franco Brocco a nome
della Comunità di Formia venerdì mattina
l’incontro è iniziato con un forum in cui sei persone “esterne”, ciascuno/a
partendo dalla sua area culturale e/o religiosa di appartenenza, hanno
analizzato se e come il fondamentalismo incomba sulla propria stessa “area”.
Giulio Ercolessi (Felice Mill Colorni), di Critica liberale; Roberto Finelli,
docente di filosofia moderna all’università di Bari; Giorgio Gomel, consigliere
della Comunità ebraica di Roma; Salah Husein, un palestinese che vive a Genova,
ove è portavoce della locale comunità islamica; Antonio Thiery, storico, di
area cattolica; Erika Tomassone, pastora valdese a Pisa: questi relatori/trici
hanno mostrato, anzitutto, l’ambiguità della parola “fondamentalismo” per
descrivere fenomeni diversi che solo con una forzatura si possono porre sotto
lo stesso cappello. Storicamente, infatti, il “fondamentalismo” è nato negli
Stati Uniti d’America, agli inizi del Novecento, come reazione alla teologia
liberale, alla teoria evoluzionista (Darwin) accettata da molte Chiese, e alla
lettura storico-critica della Bibbia. Chi a ciò si opponeva volle riaffermare
quelli che per lui erano i “fondamenti” (tra essi la “inerranza” della Bibbia)
della fede cristiana. Era nato il “fondamentalismo”. Invece per l’ebraismo, ha
detto Gomel, oggi si potrebbe meglio parlare del pericolo dell’”estremismo
nazional-religioso” sorto in Israele dopo la vittoriosa “guerra dei sei giorni”
del 1967; mentre per l’Islam, ha rilevato Husein, per certi fenomeni si può
parlare di pericolo di “estremismo”.
Sollecitati
anche dagli spunti emersi dal forum, per approfondire l’argomento generale i
convegnisti si sono suddivisi in sei gruppi: 1/ la Bibbia come liberazione o
come origine dei fondamentalismi? (cdb Pinerolo) 2/ conformità e ricerca
critica nell’ambito delle ‘ religioni del libro’ (cdb S. Paolo); 3/ donne e
fondamentalismo; (cdb Oregina)4/ le religioni tra pace e guerra (cdb Isolotto);
5/ laicità oltre il laicismo (GCE Roma); 6/ giovani (red. di Oltre). I
lavori dei laboratori si sono svolti con diverse metodologie a partire dalle
schede preparate dai gruppi responsabili che in alcuni sono state completate
con relazioni di Barbero, Naso e Mazzi.
I giovani si sono divisi in tre gruppi, corrispondenti
alle elementari, alle medie e ginnasio, al liceo e università. I primi due
gruppi hanno esaminato la vicenda di san Francesco che, nel contesto della
quinta crociata, incontra il sultano d’Egitto, dialogando con lui; il terzo ha
riflettuto sulla leggenda del “Grande
Inquisitore” (che vorrebbe mandare al rogo Gesù, tornato a Siviglia, nel 1500,
a “disturbare” il lavoro del potere ecclesiastico), raccontata da Fiodor
Dostojevskij ne I fratelli Karamazov. I tre gruppi hanno poi espresso in forma
teatrale il tema affrontato.
Ai convegnisti è stato distribuito a cura della Comunità
di Ancona un testo di Ortensio da Spinetoli, impossibilitato a partecipare, sul
tema del convegno. In una pausa dei lavori si è riunito il Comitato di
Collegamento delle Cdb italiane che ha deciso, tra l’altro, di integrare con
contributi straordinari le risorse della Segreteria tecnica nazionale e si è
convocato per il primo e due febbraio 2003.
La sera del primo
novembre la comunità del Cassano (Napoli) ha messo in scena “Bagliori di rogo”,
una rappresentazione – tutta ideata dalla stessa Cdb – della vita, delle opere
e del martirio di Giordano Bruno, mandato al rogo a Roma, sotto papa Clemente
VIII, il 17 febbraio 1600, in pieno giubileo. La repressione ecclesiastica di
allora è stata messa in rapporto con i vari atti di repressione con cui, anche
in questi ultimi anni, la Curia romana ha punito voci “dissenzienti”
all’interno della Chiesa cattolica.
Con una tavola
rotonda, nella sala del municipio, su “Frammenti di valori condivisi” –
relatori: Giovanni Franzoni (cdb S. Paolo, Roma), Franco Barbero (cdb
Pinerolo); don Vitaliano Della Sala, parroco di S. Angelo a Scala, Avellino;
Alberto Castagnola, economista rete Lilliput; ha coordinato Karen Cesarano (cdb
Formia) – le Cdb si sono presentate alla
cittadinanza di Formia. Domenica mattina nell’assemblea conclusiva
significativi sono stati l’intervento di Armando Marquez, delle Comunità del
Salvador, e la comunicazione di Enzo Mazzi sul seminario co-promosso dalle Cdb al
Social Forum di Firenze. L’eucarestia, che ha concluso l’incontro, è stata
curata dalla Comunità di Milano Nord.
In parallelo ad
esso si è svolta la riunione del Collettivo di collegamento delle Cdb europee,
a cui hanno partecipato oltre a Giovanni De Maria delle Cdb italiane,
rappresentanti del Belgio, Francia, Scozia, Spagna, Svizzera (francese e
tedesca). Affrontato il problema del rilancio delle iniziative per garantire
una maggiore interazione tra i diversi nuclei nazionali il Collettivo ha deciso
di convocare ad Edimburgo, in ottobre 2003, un incontro di rappresentanti delle
Cdb europee. Di questa convocazione la rappresentante della Svizzera francese
ha dato notizia nel portare il saluto delle Cdb europee nel corso
dell’assemblea conclusiva dell’Incontro.
Vale la pena di dedicare un po' di attenzione all'incontro
nazionale che le comunità cristiane di base hanno tenuto a Formia la settimana scorsa
(1-3 novembre). E' stato il loro 27mo incontro nazionale: più di un quarto di
secolo di vitalità, un dato che già di per se è significativo, in un tempo che
generalmente travolge con rapidità le iniziative e le speranze. Molti i motivi
per questo doveroso credito di attenzione. Doveroso anche perché la realtà
delle cdb non è di quelle che richiami i grandi titoli. Eppure il panorama sia
della società che della chiesa anche oggi, al tempo della prepotenza dei mass
media, non è privo di realtà che di tale panorama fanno parte essenziale: lo
arricchiscono, lo diversificano, gli permettono di attraversare tempi e luoghi.
Per le cdb, in particolare, i tempi sono questi decenni del dopo concilio che
sono già stati lunghi, per molte altre esperienze anche troppo lunghi. I
luoghi, poi, raggiungono tutti i continenti, se è vero che alle cdb italiane ed
europee corrispondono quelle, molto fiorenti, dell'America Latina. Una forma di
globalizzazione. Esperienze che non amano le linee di confine. Credenti e non; cercatori
di varie fedi. La fede come ricerca molto più che come appartenenza a un
gruppo. Non a caso l'eucarestia celebrata a Formia si apriva con questo testo
di Turoldo: «I confini dell'uomo di preghiera sono gli stessi confini di Dio,
cioè nessun confine...». L'esperienza delle cdb non vuole condurre a un gruppo
chiuso, con la porta di entrata e di uscita, con la tessera. Un'esperienza
molto interessante, in un tempo nel quale sembra necessario alle varie
esperienze, più o meno note, elevare muri, con porte e carte d'identità. Il
tema centrale è stato il fondamentalismo, non solo nel mondo musulmano. Questa
grande domanda ha attraversato tutto l'incontro: è possibile una religione che
sia profonda, che penetri il vissuto di ciascuno e che non sia interista,
integralista, fondamentalista? A quali condizioni?
Fra le altre, lo spazio prezioso, insostituibile, della
laicità. Le cdb, da quando sono nate, sono impegnate a custodirlo, allargarlo,
difenderlo da tutte le forme di clericalismo nonché del fondamentalismo suo
alleato.
La tavola rotonda aveva questo titolo significativo:
«Frammenti di valori condivisi». Frammenti, dunque, modestamente e senza
pretese totalizzanti. Ma frammenti di valori e di valori condivisi. Una
solidarietà positiva, tale da unire i frammenti nella speranza. Il titolo
generale dell'incontro era, infatti: «Chiamati alla speranza oltre i confini di
ogni fondamentalismo». Vale a dire che non c'è bisogno delle ancore pesanti dei
fondamentalismi per vivere e alimentare la speranza cristiana e umana. Un bel
messaggio. A rafforzarlo e vivificarlo, le donne, nelle cdb (e anche a Formia)
presenti e attive molto di più di quanto non avvenga in genere nelle realtà ed
esperienze sia politiche che ecclesiali. Fra gli interrogativi dibattuti a
Formia: quale ruolo svolgono i miti e le narrazioni sacre nel sancire
l'inferiorità delle donne in nome di un dio?
Come è logico, le cdb sono presenti, con una loro
rappresentanza, al Social Forum di Firenze.
2)
AL DI LÀ DI OGNI INTEGRALISMO.
CONVEGNO DELLE COMUNITÀ CRISTIANE DI BASE
"Chiamati alla speranza contro ogni
fondamentalismo" è stato il titolo del 27° incontro delle Comunità
cristiane di base svoltosi a Formia dall'1 al 3 novembre. L'incontro, molto
partecipato (circa 400 persone di cui molti giovani), si è aperto, diversamente
dalle altre edizioni, non con relazioni interne ma con un forum che ha posto a
confronto varie voci su un tema che, come ha affermato in apertura Ciro
Castaldo della segreteria nazionale, "è quasi un obbligo per noi che
abbiamo sempre avanzato una proposta di fede liberante, contro ogni
integralismo che abbiamo sempre combattuto, tanto più oggi in cui i
fondamentalismi impongono soluzioni che impediscono la liberazione specie dei
più deboli e anche di intere popolazioni". Una proposta, ha tenuto a
precisare Castaldo, che, com'è nella tradizione delle Cdb, è vista in un'ottica
unificante, volendo impermeare il sociale e il contesto in cui si vive.
"Siamo contro ogni fondamentalismo, ma siamo consapevoli del rischio di
essere travolti in spirali di indifferente adeguamento. Noi non ci vogliamo né
fermare né adeguare. Vogliamo, invece, confrontarci e sentire le altre voci,
poter riflettere e proseguire il nostro cammino".
E le voci a confronto non hanno mancato di dare contributi
interessanti ai convenuti. Nella tavola rotonda di apertura, coordinata da
Luigi Sandri, il tema del fondamentalismo è stato trattato come deriva
possibile in ogni impostazione culturale e in ogni religione.
Giulio Ercolessi, della rivista Critica liberale, ha
affrontato il tema della laicità, intendendo per essa la neutralità dello stato
e delle istituzioni, unico vero strumento garante della libertà di culto e
dell'espressione delle varie istanze culturali presenti in una società.
"Uno strumento - ha detto - da riaffermare senza sconti davanti alla
tracotante volontà di dominio sulle vite altrui di cui si sono fatti interpreti
alcuni settori della Chiesa in tema di diritto familiare, bioetica,
finanziamento della scuola privata". Anche l'importazione di istanze
autoritarie derivate da altre culture può minacciare la laicità delle
istituzioni. Tuttavia, la laicità stessa non è esente dal rischio di
fondamentalismi, rintracciabile, per esempio, "nella contrapposizione tra
l'universalismo dei diritti e altre visioni culturali, con una pretesa della
centralità occidentale in questo ambito".
Rimanendo nell'ambito culturale, anche il marxismo ha
vissuto le sue derive fondamentaliste. "Marx - ha spiegato Roberto
Finelli, docente di filosofia moderna presso l'Università di Bari - ha
individuato nel cuore della modernità il fondamentalismo totalizzante del
capitalismo, solo apparentemente mosso dagli uomini, ma in realtà mosso da
meccanismi astratti finalizzati all'accumulazione della ricchezza e
all'incremento del profitto fine a se stesso". Se il marxismo ha ancora
oggi una sua validità, come metodo di analisi e di critica del capitalismo,
inadeguata risulta invece la proposta antropologica cui ha dato luogo. "Un
fondamentalismo marxista è l'aver valorizzato solo un valore, l'uguaglianza, al
di fuori dei valori della libertà e delle differenze. L'antropologia marxista
ha visto l'essere umano solo in una dimensione, quella materialista. Così come
l'ideologia liberale ha visto nel soggetto solo il referente di un contratto,
il marxismo ha esasperato il comunitarismo ai fini del soddisfacimento dei
bisogni materiali, giustificando anche la violenza per imporlo". Passando
all'ambito delle religioni, tutti i relatori hanno individuato nella
intangibilità dei testi sacri di riferimento e spesso nell'identificazione tra
stato e religione le cause principali del fondamentalismo. Giorgio Gomel, della
comunità ebraica di Roma, ha riferito che nell'ebraismo "antidoto" al
fondamentalismo siano stati due elementi, fondanti di questa religione:
l'interpretazione dei testi sacri, importante quanto la Torah, e la mancanza di
volontà di proselitismo e di conversione. "Tuttavia - ha affermato Gomel -
l'assassinio di Rabin nel 1995 da parte di un integralista ebreo ci ha posto di
fronte alla presenza di un fondamentalismo ebraico, o, meglio, di un estremismo
nazional-religioso, sorto in seguito alla vittoria israeliana del 1967, che fu
letta da molti movimenti, nazionalistici e religiosi, come il compimento di una
missione divina". Tale ideologia, che ha finito per identificare stato e
religione, si è sempre più consolidata nello stato di Israele mentre è rimasta
più debole tra gli ebrei della diaspora, maggiormente abituati a rapportarsi in
maniera laica alle istituzioni dei paesi di accoglienza e ad entrare in un
rapporto d'interazione e di reciproco arricchimento con le culture locali.
"Se assumiamo come criterio del fondamentalismo
l'infallibilità dei testi sacri, allora il 99% dei musulmani è fondamentalista",
ha perentoriamente affermato il palestinese Salam Hussein, portavoce della
comunità islamica di Genova. Ma anche in questa religione, ha precisato, è
presente una sorta di revisionismo continuo, data l'infinità di interpretazioni
con cui ogni musulmano deve confrontarsi, per cui tale deriva si ha quando
"si tengono in considerazione solo le interpretazioni più rigide e non
equilibrate". "Inteso in questa maniera - ha aggiunto - in tutte le
culture è presente il fondamentalismo. Il fatto poi che si diffonda o no
dipende dall'esistenza di fattori sociali che lo possono alimentare".
Infine, il cristianesimo. La pastora valdese di Pisa,
Erika Tommasone, ha ricordato che il termine "fondamentalismo" è nato
nel mondo protestante come una corrente teologica che ha preso forma alla fine
dell'Ottocento negli Stati Uniti, in opposizione alle tendenze della teologia
liberale già manifestatasi in Europa. Il dibattito non rimase confinato
nell'ambito teologico, ma ebbe una vasta eco nel mondo dei credenti delle
chiese evangeliche, offrendo materia concreta di conflitto sociale e
ideologico. I teologi conservatori statunitensi, allora, presero ufficialmente
posizione contro le nuove "mode" interpretative del testo biblico in
una conferenza che si tenne nel 1985 a Niagara Falls. In quell'occasione essi
redassero un documento che costituisce l'atto di nascita del fondamentalismo
protestante, in cui si ribadirono cinque punti, i cinque "fondamenti"
(da cui il termine "fondamentalismo") della fede: assoluta inenarranza
della Bibbia, affermazione della divinità di Cristo, sua natività verginale, la
salvezza universale garantita dalla morte di Cristo, la resurrezione della
carne e la certezza del ritorno di Cristo.
"Ciò che fa problema oggi - ha commentato la pastora
- non sono gruppi o chiese che leggono la Bibbia, si richiamano allo Spirito
Santo e credono nella venuta di Cristo, ma le lobby di pressione sulla Casa
Bianca, che vedono come unico modo per imporre la civiltà cristiana quello di
occupare la vita politica. Lo stesso George Bush è molto vicino a uno di questi
movimenti".
Fondamentalista è stato per secoli anche il cristianesimo
cattolico. Lo ha affermato lo storico e saggista Antonio Thiery che ha
ricordato come nei primi secoli della sua esistenza il cristianesimo si sia
espresso in molti modi e abbia saputo parlare a molte culture, così come si
evince anche dai Vangeli, scritti per comunità di diversa ispirazione
culturale. Tale ricchezza fu poi azzerata dalla teologia nata con Costantino e
che impose, tra l'altro, il criterio di far entrare nel canone solo i vangeli
scritti in greco, eliminando, per esempio, quello di Tommaso che non era in
greco e si rivolgeva a comunità orientali, induiste e buddiste. "Da allora
è prevalsa l'idea di crociata, divenuta fondativa della cristianità e che, come
hanno fatto anche emergere gli studi di alcuni storici musulmani, è stata
rivolta non solo contro ebrei e musulmani ma anche contro i cristiani
stessi".
"Occorre, dunque - ha affermato in conclusione -
riprendere uno studio approfondito della cristianità e non solo del papato,
ricostruendo questa koiné che si è persa e di cui poco si sa". In tempi
moderni - ha continuato lo storico - "l'unica vera risposta alla
richiesta, da più parti avanzata, di una fede che tenga conto delle diversità
culturali e religiose è venuta dalla Pacem in terris, che ha tentato di
ridefinire una chiesa nuova a partire da un mondo nuovo. Ma già la seconda
parte del concilio Vaticano II ha riproposto una visione Occidentale che è
stata imposta a tutta la chiesa".
Il XXVII incontro nazionale delle Comunità Cristiane di
Base svoltosi a Formia) più che dare parola e spazio ai soliti relatori di
convegni e seminari, ha sperimentato il metodo del coinvolgimento totale dei
singoli partecipanti nella discussione dei temi e nella formulazione di testi
che venivano elaborati nei gruppi di lavoro, le cui piste di riflessione erano
state così preparate dalle singole comunità: la Bibbia come liberazione o
origine dei fondamentalismi (comunità di Pinerolo), conformità e ricerca
critica nell'ambito delle religioni del Libro (comunità San Paolo, Roma), donne
e fondamentalismo (comunità Oregina, Genova), le religioni fra pace e guerra
(comunità Isolotto, Firenze), laicità oltre il laicismo (Controinformazione
ecclesiale, Roma), giovani (redazione di "Oltre").
Giovanni Franzoni: frammenti di valori condivisi. Esistono
delle difficoltà di dialogo perché anche all'interno di una stessa area ideologicamente
forte vi sono delle differenziazioni; le parole non hanno lo stesso significato
per tutti, anche se sono inflazionate come accade, ad esempio, per la parola
pace. Più che di fronte a frammenti di valori condivisi spesso ci si trova -
anche nell'ambito della società civile - ad una sorta di spezzettamento e c'è
un evidente rischio etico in ciò. Hans Kung ha proposto la costruzione di
un'etica universale, condivisibile da credenti di varie religioni e non
credenti. È un incoraggiante invito a lavorare proprio su spezzoni di valori
che possono essere condivisi. Concretamente, si può considerare il caso
dell'infanzia: arrivare a riconoscere nei bambini non degli oggetti sotto
patria potestà, ma dei soggetti dotati di potenzialità (chi mai potrebbe
affermare che sia lecito considerare un bambino merce per adozioni o commercio
di organi?): questa potrebbe costituire una base condivisa. Eppure, alcuni dei
diritti dei bambini sono stati formulati su misura dei bambini occidentali. La
soglia minima dell'età lavorativa, ad esempio, vale chiaramente per l'infanzia
dei Paesi occidentali. Procedendo nell'illustrazione di questa idea con altri
esempi, si può considerare l'idea dell'universale destinazione dei beni della
terra. Quale delle religioni creazioniste potrebbe negarla? Eppure l'iniqua
distribuzione dei beni è sotto i nostri occhi ed è già allo studio la maniera
di accaparrarsi le risorse che non sono ancora state sfruttate. Bisognerebbe
lavorare alla costituzione di una comune piattaforma in modo non violento o
dogmatico, ma a partire da concrete esperienze di costruzione. Per questa
ragione sono stati invitati a intervenire a questa tavola rotonda relatori
concretamente impegnati in un settore di una possibile piattaforma comune di
valori condivisi.
Franco Barbero: per una Chiesa in cui nulla vada perduto.
Vorrei proporre una riflessione a partire da una reminiscenza: il mio incontro
del 1979 con il vescovo di Pinerolo che, manipolando il Crocifisso, mi disse
che le frange e i frammenti non contano nulla e mi invitò a stare con la grande
Chiesa perché se uno non è nella grande istituzione è solo assenza. L'idea dei
frammenti mi ha richiamato un brano evangelico, mi riferisco al racconto
contenuto nel Vangelo di Giovanni che in latino suona: colligite fragmenta e
nell'originaria formulazione greca vuol dire: "fate che camminino i
frammenti, fate andare verso di sé i frammenti" e poi si aggiunge:
"affinché nulla vada perduto".
Io devo constatare che tutto ciò che ritrovo nelle mie
mani e nel mio cuore di amore, di fede e di solidarietà è nato in un cammino di
condivisione: insieme nella correzione, nella preghiera, nella lettura biblica,
senza livellamenti e cancellazione delle differenze. Insieme dal gruppo biblico
al Social Forum. Sulla Rivista Internazionale di Teologia campeggia questo
titolo: "La Chiesa in frammenti". Prima della definizione del Canone
e della sua successiva fissazione al Concilio di Trento esisteva nella Chiesa
una bella frammentarietà; purtroppo il discorso sull'universale si è trasformato
nell'estinzione del singolare. Oggi non è realistico pensare che le Chiese
accettino di essere frammenti tra altri frammenti. Sono lontane dal dire: non
ho oro né argento, ma quello che ho te lo do: in nome di Cristo alzati e
cammina!. Invece che ontologia dovremmo fare antologia, lavorare ad
un'ecclesiologia che cancelli il centralismo strutturale-dogmatico. Non più
Chiesa mater et magistra ma Chiesa discepola e compagna. Una Chiesa della
pienezza e della totalità funge da scandalo, troneggia in solitudine anche se
convoglia masse.
Quando si spezza il pane si frantumano anche le nostre
presunzioni di totalità e pienezza. Chiediamo a Dio di spezzare queste
risorgenti presunzioni che non appartengono solo agli altri ma anche a noi. Nel
Vangelo di Giovanni incontro una suggestione che mi tocca profondamente. A
proposito dei pani e dei pesci, diversamente che negli altri Vangeli, qui si
parla di un fanciullino con due pesciolini: così mi piace pensare alla Chiesa,
così essa dovrebbe autocomprendersi, come un fanciullino che ha soltanto due
pesciolini, piuttosto che transatlantico della verità, carrozza della salvezza.
Vitaliano Della Sala: partire dalle comunità per
abbracciare l'umanità globale. Posso comunicarvi una mia esperienza, che nasce
probabilmente senza una grande progettualità: sono forse un po' simile al
ragazzino di cui ha parlato Franco Barbero. Sono cresciuto in seminario, a
Montevergine e poi a Benevento, lontano dai gruppi e dai grandi movimenti che
hanno percorso la Chiesa negli anni '70, eppure già a quel tempo provavo
disagio all'idea che la Chiesa possedesse tutta quanta e tutta intera la
verità. Il Concilio Vaticano II mi ha trasmesso l'amore per i lontani, ma
rimaneva per me irrisolto il problema di quanto essi fossero esclusi dal possesso
di una qualche verità. Arrivai, fresco di teologia, a fare il parroco in un
paesino di montagna. Partii con l'idea di insegnare e invece ho imparato. Ho
incontrato frammenti di valori, come quello dell'ospitalità. La gente l'ha
tirato fuori quando abbiamo ospitato in parrocchia gli extracomunitari
clandestini. Eppure, sentivo stretto il confine parrocchiale: "la mia
parrocchia vasto mondo", diceva Congar. E allora ho vissuto questo
allargamento di confini, come il condividere i valori dell'indio chiapaneco.
Una delle eucaristie più belle della mia vita l'ho celebrata in Chiapas, con
indios, catechisti e ragazzi dei centri sociali che non si pongono il problema
di Dio nello stesso modo in cui ce lo poniamo noi, eppure erano lì e
condividevano qualcosa. "Vivi la vita come fosse un viaggio e non dire mai
sono arrivato", diceva Jim Morrison; io sento che questo ci riguarda. La
mia comunità, quindi, non è più soltanto la mia comunità, ma tutti quelli che
condividono un frammento di valore con noi e io mi sento frammento in mezzo
agli altri.
Da seminarista osservavo il mio parroco pulire con cura la
patena dopo la celebrazione dell'eucaristia. Perché farlo? I frammenti che
restano sulla patena sono i più importanti, perché sono i più piccoli, gli
invisibili. Da qui nasce l'attenzione a quelli che la società considera e rende
frammenti: il chiapaneco, l'irakeno sotto embargo, il no global che viene
stigmatizzato come "il cattivo" e che invece ha tanta voglia di mondo
nuovo. E allora, cerchiamo il più possibile di condividere. Se davvero
condividiamo, le parole non restano tali e si trasformano in cose.
Al convegno nazionale delle comunità cristiane di Base tenutosi a Formia, esperti della cultura laica e religiosa a confronto sulle diverse forme di estremismo politico e confessionale
«Chiamati alla speranza, oltre i confini di ogni
fondamentalismo» è stato il tema del 27° incontro nazionale delle Comunità
cristiane di base (www.cdbitalia.it) svoltosi a Formia dall'1 al 3 novembre. Un
tema che, come ha ricordato Ciro Castaldo della segreteria nazionale, «è quasi
un obbligo per noi che siamo nati con l'obiettivo di dare una proposta di fede
liberante, contro ogni tipo di integrismo religioso e culturale». Le voci di
confronto non hanno mancato di offrire contributi per la riflessione ai circa
300 partecipanti al convegno. A partire dai fondamentalismi di matrice non
religiosa. Giulio Ercolessi, della redazione di «Critica liberale», ha trattato
il tema della laicità e le derive fondamentaliste possibili, «rintracciabili
nella contrapposizione tra l'universalismo dei diritti e altre visioni
culturali, con una pretesa della centralità occidentale in questo ambito». Ciò,
tuttavia, non invalida la laicità, intesa come «la neutralità dello Stato e
delle istituzioni rispetto alle varie confessioni religiose», da riaffermare
senza sconti «davanti alla volontà di dominio sulle vite altrui di cui si sono
fatti interpreti alcuni esponenti della chiesa in tema di famiglia, bioetica e
scuola». Anche il pensiero marxista non è stato esente da integralismi. «Nel
cuore della modernità - ha spiegato Roberto Finelli, docente di filosofia
presso l'università di Bari - Marx ha colto il fondamentalismo totalizzante del
capitalismo, finalizzato all'accumulazione della ricchezza». Se il marxismo ha
ancora oggi una sua validità, come metodo di analisi del capitalismo,
inadeguata risulta la proposta antropologica che ne è storicamente scaturita. «Un
fondamentalismo marxista è l'aver valorizzato solo un valore, l'uguaglianza,
avulso dai valori della libertà e delle differenze» ha affermato Finelli. Ciò
che è mancato è il «il riconoscimento dell'altro da sé attraverso cui il
soggetto cresce». Passando all'ambito delle religioni, tutti i relatori hanno
evidenziato come i rischi di
fondamentalismo nascano dall'indiscutibilità dei testi sacri e
dall'identificazione tra Stato e religione. Nell'ebraismo, ha esordito Giorgio
Gomel, della comunità ebraica di Roma, esistono due aspetti fondanti che hanno
funzionato da «antidoto» a questa deriva, l'interpretazione dei testi sacri, il
Talmud , e la mancanza della volontà di proselitismo. «Tuttavia - ha affermato
-, l'assassinio di Rabin ci ha posto di fronte alla presenza di un
fondamentalismo ebraico, o, meglio, di un estremismo nazional-religioso, le cui
origini sono da rintracciare nella vittoria israeliana del 1967, che fu letta
da molti movimenti, nazionalistici e religiosi, come il compimento di una missione
divina». Per il palestinese Salam Hussein, portavoce della comunità islamica di
Genova, «se assumiamo come criterio l'infallibilità del testo sacro, allora il
99% dei musulmani è fondamentalista». Ma anche qui, ha evidenziato, esiste
un'infinità di interpretazioni con cui ogni musulmano deve confrontarsi, in una
sorta di revisionismo continuo, per cui tale deriva si ha quando «si tengono in
considerazione solo le interpretazioni più rigide e non equilibrate» ed
esistono fattori sociali che la possono alimentare. Infine, il cristianesimo.
Erika Tommasone, pastora valdese di Pisa, ha evidenziato come il termine
«fondamentalismo» sia nato in ambito protestante per tutelare i cinque
«fondamenti» della fede da parte di teologi conservatori. «Ciò che fa problema
non sono gruppi o chiese che leggono la Bibbia e credono nella venuta di Cristo
- ha commentato - ma le lobby di pressione sulla Casa Bianca, che vedono come
unico modo per imporre la civiltà cristiana quello di occupare la vita
politica». Antonio Thiery, storico cattolico, ha ricordato, infine, come nei
primi secoli il cristianesimo si esprimesse in molti modi e parlasse a molte
culture, e come tale ricchezza sia stata azzerata dalla teologia, nata con
Costantino. «Da qui anche l'idea di crociata, fondativa della cristianità e
rivolta anche contro i cristiani stessi». L'auspicio è quello di «riprendere
uno studio della cristianità e non solo del papato» e approfondire la linea
della Pacem in Terris, unico e vero momento di riconoscimento delle diversità culturali
Non è facile, di questi tempi, per i cattolici camminare per quella via stretta che evita, da una parte, gli appiattimenti, dall'altra i fondamentalismi. Ma è proprio questa la via che percorrono ormai da decenni le comunità cristiane di base (cosiddette cdb) che - di questa via - hanno parlato e teorizzato, nei primi giorni di novembre, nel corso din un incontro nazionale svoltosi a Formia. E vale la pena sottolineare che si tratta addirittura del loro ventiquattresimo incontro: una realtà, questa delle comunità cristiane di base, che ha dunque attraversato un trentennio di storia della società e della chiesa in Italia. Società e chiesa: un intreccio che le comunità di base hanno sempre voluto mantenere stretto e vitale, pur negli spazi angusti che società e chiesa di volta in volta venivano loro concedendo.
Da una parte, dunque, la contestazione a quegli
appiattimenti e quelle omologazioni che hanno caratterizzato, nei recenti decenni,
la larga maggioranza del cattolicesimo italiano: appiattimenti sulle posizioni
sia della gerarchia che della politica. Dall'altra, rifiuto dei fondamentalismi
oggi molto comuni non soltanto nell'islam, ma anche in parecchi gruppi,
associazioni e comunità del nostro cattolicesimo. Il tema dell'incontro di
Formia è, infatti, significativo: «Chiamati alla speranza oltre i confini di
ogni fondamentalismo».
Si è partiti da un «confronto sui fondamentalismi», a più
voci (religiose e laiche). Quindi il confronto si è articolato in vari
«laboratori» che hanno affrontato la Bibbia (liberazione o origine dei
fondamentalismi?), le donne, la pace, la laicità, i giovani. A conclusione, una
tavola rotonda dal titolo volutamente modesto ma dalle grandi prospettive:
«Frammenti di valori condivisi» (Franco Barbero, Alberto Castagnola, Vitaliano
Della Sala, Ettore Masina). (f. g.)