XXXII incontro Nazionale delle Comunità di Base Torino 30 ottobre 2010 Le comunità cristiane di base si confrontano su
con Rosy Bindi, Luciano Guerzoni, Monica Lanfranco, Paolo Ribet, Sergio Tanzarella (*)
Il confronto introduce il lavoro dei diversi e compositi gruppi che nei giorni successivi analizzeranno i tanti temi e le complesse problematiche che si intersecano nel nodo critico della radicale novità offerta dalle migrazioni di massa, dalle novità epocali che ha investito la nostra società nell’ultimo ventennio (migrazioni di massa, incontri/scontri multiculturali, difficoltà nell’ottenimento delle cittadinanza degli immigrati, pluralità delle confessioni religiose nello stato e nei luoghi di lavoro, ecc.). In questo contesto le Comunità Cristiane di Base, che sulla scelta della laicità hanno costruito il difficile e liberante cammino che dura ormai quattro decenni, spesso in conflitto con poteri ecclesiastici e politici, confermano quello stesso valore come fondativo di un nuovo modo di credere e al tempo stesso come criterio regolativo delle relazioni personali e di gruppo dentro la società. Guidati da questa bussola e non certo disposti a facili transazioni, compromessi e “concordati” quando da più parti si rivendica il diritto a legislazioni improntate a paradigmi confessionali, i cristiani di base sono qui per interrogarsi su idee e prassi che devono al tempo stesso riaffermare il valore della laicità dello Stato e delle Istituzioni ( e per loro anche di una fede libera e liberante) nelle tensione costante a costruire tuttavia un dialogo e un costruttivo confronto con i tanti fratelli di altre fedi che sono diventati nostri concittadini. Non vogliamo dunque, cari amici, prefigurare un itinerario obbligato per i vostri interventi: piuttosto ci limitiamo ad enunciare alcune delle essenziali “criticità” che ci stanno oggi di fronte, invitandovi ad affrontarle con il vostro noto rigore intellettuale, politico e morale e con la vostra feconda creatività culturale. 1. Lo stato laico italiano nato 150 anni fa si è subito caratterizzato per una drastica scelta culturale, decidendo di “tagliare fuori” dalla discussione civile le domande sul credere (espulsione della teologia dalle università pubbliche, ad esempio) salvo poi cercare con il Concordato un alleanza-compromesso di tipo politico-opportunistico con la Chiesa Cattolica. Anche la revisione del Concordato e la firma delle Intese con alcune confessioni cristiane minoritarie si é mossa nell’ottica di un calcolato realismo (cinismo?) di stato, nel tentativo strategico di servirsi soprattutto delle istituzioni cattoliche per gestire il consenso, controllare la formazione scolastica, rispondere a bisogni di assistenza sociale, ecc. 2. Tutta questa strategia è saltata con la globalizzazione e l’apparizione sulla scena pubblica di masse di milioni di immigrati che praticano altri culti, diversi da quello cristiano. Se già era stato difficile gestire un rapporto (di volta in volta di “concorrenza” con la pretesa egemonica della gerarchia cattolica o di sottile, mai dichiarata conflittualità: vedi ad esempio la querelle sul crocefisso, sulle radici cristiane dell’Europa, ecc.), oggi il quadro si è fatto molto più difficile con la presenza organizzata di comunità (più o meno nazionali) di immigrati che professano forme di integralismo religioso del tutto refrattari a lasciarsi contaminare dai germi liberanti della laicità. 3. Al mai definitivamente archiviato teo-centrismo del clericalismo più o meno velato od orgogliosamente esibito (vedi ad esempio l’irremovibilità del magistero sulle questioni della bioetica, vedi astensione politicamente calcolata a fruttuosa al referendum sulla procreazione assistita, ecc.) si affiancano ora forme di pensiero (islamiche ma non solo) che negano la separazione Stato-Nazione-Religione e pretendono –almeno per sé- il diritto/dovere di praticare modelli di organizzazione civile di impronta (e legislazione) squisitamente religiosa. 4. Non pare corretto archiviare questi atteggiamenti (molto combattivi) che propugnano forme di “religioni civile normative e vincolanti” come puri elementi collaterali e non sostanziali di alcune comunità immigrate: in taluni casi si tratta di forme di pensiero che hanno rilievo politico non indifferente. Dopo aver a lungo combattuto per la laicità dello Stato contro l’interferenza cattolica, le CdB e i cristiani critici non si nascondono la difficoltà di dialogare con queste forme di integralismo non cristiano. 5. Lo Stato non può non intervenire (con la legislazione: es. diritto di famiglia, ma anche nella gestione di servizi civili e sociali decisivi come la scuola, la salute, ecc.) in ambiti nei quali le religioni, i diversi paradigmi etici, ecc. pretendono di essere normativi. Anche il mondo del lavoro risente vistosamente di queste pesanti ipoteche: la questione del giorno di riposo, il ramadam, le diete scolastiche, ma in futuro anche parte dei programmi scolastici (storia delle culture, delle letterature. ecc.) Come deve regolarsi lo Stato? Quali i criteri capaci conciliare laicità e pluralismi nazional-religiosi? 6. A voler essere fin troppo
sbrigativamente riduttivi e semplificatori , potremmo affermare che è in
gioco il tema decisivo del diritto di cittadinanza e dunque di
“riconoscimento”. A chi lo deve riconoscere lo Stato laico ? Ai singoli?
Alle comunità? Alle confessioni religiose (sul modello del Concordato e
delle intese)? Alle culture nazionali ? Accanto a queste complesse dinamiche politico-culturali-religiose si pone per i cristiani critici e per le comunità di base anche un altro ordine di problematiche antropologico culturali che non è azzardato definire decisive in questo inizio di millennio. A. Un lungo e spesso anche doloroso confronto dei credenti con la propria fede (attraverso la “riappropriazione della Parola”, l’assunzione del metodo storico-critico, ecc.) li ha portati a rivedere i fondamenti stessi del proprio modo di credere e di raccontare la fede e di organizzare la vita comunitaria. B. In questo contesto le CdB hanno visitato in profondità i paradigmi della cultura e della società post-moderna, quella della “fine delle grandi narrazioni”, del trionfo del pensiero operativo, della tecnica fine a se stessa, della sua potenza smisurata e orgogliosa, della “fine della storia, ecc) ma ne anche misurato debolezze e contraddizioni (l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo e di accumulazione iperliberista) proprio mentre naufragava il modello delle democrazie socialiste e sovietiche. C. Sembra di poter dire che questo profondo lavoro di autorevisione delle modalità del credere e insieme di radicale critica delle forme della società attuale post/post-moderna non abbia per nulla positivamente contaminato –in simultaneità- milioni di immigrati che giungono in occidente cercando nell’eredità religiosa sicurezze utili ad affrontare le incognite e le angosce del nuovo contesto di vita, proprio mentre i loro figli nati in Italia si ritrovano sguarniti di quelle certezze –sentendole anzi spesso come soffocanti. In questo nuovo mondo dentro cui convivono e si scontrano tanti e così diversi paradigmi culturali, auto rappresentazioni, “racconti” , ecc. come possono e devono i credenti critici e le CdB, insieme con tutti i fratelli cristiani, assolvere al compito di annunciare una “buona notizia” libera e liberante che non abiuri o non eclissi il nome e “la salvezza” di Gesù di Nazareth, secondo il programma di questo Incontro Nazionale “Date ragione della speranza che è in voi?”
(*) Rosy Bindi (vicepresidente della Camera dei Deputati) Luciano Guerzoni (presidente esecutivo della Fondazione "Ermanno Gorrieri") Monica Lanfranco (giornalista, formatrice sui temi della differenza di genere) Paolo Ribet (pastore della Chiesa Valdese di Torino) Sergio Tanzarella (docente di Storia della Chiesa - Pontificia Facoltà Teologica Italia Meridionale)
|
www.cdbitalia.it |